Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24560 del 28/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 28/10/2019, (ud. 25/06/2019, dep. 28/10/2019), n.27560

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19879-2018 proposto da:

COMUNE DI CASAL VELINO, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo studio

dell’avvocato ROMANELLI GUIDO FRANCESCO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FOGAGNOLO MAURIZIO;

– ricorrente –

contro

I SAPORI SOCIETA’ COOPERATIVA A RESPONSABILITA’ LIMITATA, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato SANSONE ANGELO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10922/9/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA SEZIONE DISTACCATA di SALERNO, depositata

il 21/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CASTORINA

ROSARIA MARIA.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte:

costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1-bis, comma 1, lett. e),convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;

Con sentenza n. 10922/9/2017, depositata il 21.12.2017 non notificata, la CTR della Campania accoglieva l’appello di I sapori Società Cooperativa a Responsabilità limitata avverso la sentenza della CTP di Salerno che aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla contribuente su controversia avente ad oggetto avvisi di accertamento ICI-IMU per le annualità dal 2010 al 2014, sul presupposto dell’erroneità del classamento catastale dell’opificio agricolo.

Avverso la sentenza della CTR il Comune di Casal Velino ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

La contribuente resiste con controricorso.

1. Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per essere formato con trascrizioni compilative degli atti di causa precedenti, senza una sintesi dei contenuti. Sull’inammissibilità dei cosiddetti ricorsi “farciti” o “sandwich”, avuto riguardo al requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3, si è pronunciata più volte questa Corte (Cass. n. 784/2014, n. 22792/2013, n. 10244/2013; n. 17447/2012, S.U. n. 5698/2012, n. 1380/2011, n. 15180/2010). Nel caso in esame, la materiale integrazione del ricorso per cassazione con atti processuali delle fasi di merito non determina il paventato vizio, in quanto i documenti integralmente riprodotti, risultano facilmente individuabili ed isolabili, il che consente di enucleare, con sufficiente chiarezza, i fatti salienti della vicenda processuale, e le ragioni dell’impugnazione (Cass. 13334/2019; Cass. 2913/2019; Cass. 20112/2018, n. 18363/2015, n. 1957/2004).

2.Con il primo motivo il Comune di Casal Velino deduce nullità della sentenza per motivazione apparente; violazione dell’art. 111 Cost., comma 6; dell’art. 132 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 lamentando il difetto di motivazione in ordine alla ruralità degli immobili oggetto di causa e alla loro presunta natura strumentale all’attività agricola.

3. Con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 2 e del D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 4, in relazione al D.L. n. 557 del 1993, art. 9 e al D.M. Economia e delle Finanze 26 luglio 2012 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 lamentando l’assenza dei presupposti normativi per qualificare gli immobili oggetto di causa come rurali.

Le censure sono suscettibili di trattazione congiunta.

Esse sono fondate.

La CTR ha fondato la sua decisione sulla base della seguente affermazione: “pur trattandosi di avvisi di accertamento bastevolmente motivati, è assorbente il rilievo dell’erroneità del classamento catastale sottesovi, donde è rimasta frazionata in più categorie l’unità strutturale e funzionale dell’opificio agricolo di che trattasi, da considerarsi tutto di categoria D10”. E’ incontestato che negli anni di imposta oggetto di causa gli immobili fossero iscritti in catasto in Categoria D7 e D11.

Costituisce principio di diritto affermato da questa Corte (Cass. SSUU n. 18565/09) che “in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’immobile che sia stato iscritto nel catasto fabbricati come rurale, con l’attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, conv. con L. n. 133 del 1994, e successive modificazioni, non è soggetto all’imposta ai sensi del combinato disposto del D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1-bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009, e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a). L’attribuzione all’immobile di una diversa categoria catastale deve essere impugnata specificamente dal contribuente che pretenda la non soggezione all’imposta per la ritenuta ruralità del fabbricato, restando altrimenti quest’ultimo assoggettato ad ICI: allo stesso modo il Comune dovrà impugnare l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10 al fine di potere legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta”. A tale orientamento hanno fatto seguito innumerevoli pronunce di legittimità (tra cui, Cass. nn. 7102/10; 8845/10; 20001/11; 19872/12; 5167/14), più recentemente confermate – nel senso della ininfluenza dello svolgimento o meno, nel fabbricato, di attività diretta alla manipolazione o alla trasformazione di prodotti agricoli, rilevando unicamente il suo classamento – tra le altre, da Cass. 10283/2019; Cass.12315/2017; Cass. n. 16737/15 e da Cass. n. 7930/16.

Va altresì osservato come le SSUU nella sentenza n. 18565/09 citata si siano fatte carico anche dei profili di jus superveniens riconducibili all’emanazione sia del D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3-bis, conv. in L. n. 222 del 2007, come introdotto dal D.L. n. 159 del 2007, art. 42-bis, conv. in L. n. 222 del 2007; sia del D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1-bis, conv. in L. n. 14 del 2009.

Con la conseguenza che nemmeno in base a questa normativa – salva l’ipotesi di mancato accatastamento – è dato al giudice tributario di accertare in concreto, incidentalmente, il carattere rurale del fabbricato di cui si sostenga l’esenzione da Ici.

Applicando questo indirizzo interpretativo al caso di specie, risulta assolutamente immotivata l’affermazione della CTR secondo cui l’unità strutturale e funzionale dell’opificio agricolo di che trattasi sia da considerarsi tutta di categoria D10.

Il ricorso deve essere conseguentemente accolto e la sentenza cassata con rinvio alla CTR della Campania in diversa composizione la quale si atterrà ai principi di diritto sopra richiamati e liquiderà le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Campania in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2019

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