Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2456 del 29/01/2019

Cassazione civile sez. VI, 29/01/2019, (ud. 10/10/2018, dep. 29/01/2019), n.2456

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7629-2018 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUIGI

CALANIATTA, 16, presso lo studio dell’avvocato MANUELA MARIA

ZOCCALI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SARDEGNA 50,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI DESIDERI, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato ROBERTO GIOVANNI ALOISIO;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA,

depositata il 24/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/10/2018 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1 Con ordinanza n. 18204/2017, questa Corte Suprema ha accolto il primo, il secondo e il quarto motivo del ricorso proposto da C.A. contro la sentenza n. 3892/13 emessa dalla Corte d’Appello di Roma in un giudizio di simulazione di una donazione obnuziale e di una vendita di immobili, promosso nel 2000 dinanzi al Tribunale di Tivoli dalla stessa donante e venditrice P.G. contro l’acquirente M.G., in contraddittorio con C.A., figlio dell’attrice (e da essa ritenuto dissimulato acquirente), il quale aderiva alla pretesa della madre.

La domanda venne respinta dal Tribunale e la Corte d’Appello rigettò il gravame proposto dai soccombenti P.- C..

In particolare – per quanto ancora interessa in questa sede – la Corte territoriale dichiarò inammissibile per novità ai sensi dell’art. 345 c.p.c. la domanda di simulazione relativa della donazione e del contratto e ritenne che la controdichiarazione scritta del 25.11.1997 non poteva produrre gli effetti della donazione in quanto priva della forma dell’atto pubblico richiesta ad substantiam dall’art. 782 c.c..

2 Il ricorso per cassazione proposto dal solo C. (la P. era deceduta nelle more del giudizio di appello) è stato invece accolto sulla base delle seguenti argomentazioni:

– la Corte d’Appello aveva errato nel ritenere nuova ex art. 345 c.p.c. la domanda di simulazione relativa della donazione e della vendita perchè sulla loro ammissibilità si era ormai formato il giudicato interno, essendosi il giudice di primo grado pronunciato nel merito sulle stesse (respingendole) e non avendo la M. spiegato appello incidentale condizionato sulla ritenuta ammissibilità di tali domande;

– la Corte d’Appello aveva altresì errato nell’affermare che anche la controdichiarazione dovesse essere assistita dal medesimo requisito di forma solenne prescritto per il contratto simulato perchè, sulla scorta di un risalente principio affermato in materia di modifica di convenzioni matrimoniali, ma estensibile anche alla fattispecie in esame, dall’art. 1417 c.c. si ricava che la prova della simulazione tra le parti soggiace ad un requisito di forma scritta ad probationem tantum, non anche a quello solenne ed ulteriore eventualmente richiesto ad substantiam per l’atto della cui simulazione si tratta.

2 Contro la citata ordinanza la M. propone ricorso per revocazione sulla base di due motivi, contrastati con controricorso da C.A..

Il relatore ha proposto l’inammissibilità del ricorso.

Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1 Con il primo motivo si chiede la revocazione della sentenza di cassazione “per violazione dell’art. 345 c.p.c. in relazione all’art. 395 c.p.c., n. 4 – Erronea e parziale percezione della sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 3892/13 nella parte in cui, statuendo sulla inammissibilità delle domande nuove svolte in appello dai sigg. C. e P. sub 2 e 4 delle conclusioni dell’atto di appello e dichiarando che “nessuna delle parti… aveva chiesto di accertare la simulazione relativa dei due contratti per cui è causa, specifica “con conseguente riconoscimento del bene anche nella contitolarità” del C. – Novità della domanda di accertamento della simulazione relativa soggettiva parziale per contitolarità dei diritti scaturenti dal negozio dissimulato rispetto alla domanda di accertamento della simulazione relativa soggettiva per interposizione fittizia di persona”.

Sostiene in sostanza la M. che la Suprema Corte ha erroneamente supposto che il C. avesse chiesto anche in primo grado l’accertamento della contitolarità dei diritti nascenti dai negozi dissimulati la cui verità è incontrovertibilmente esclusa dalla documentazione in atti.

1.2 Con il secondo motivo si chiede la revocazione della sentenza di cassazione ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, per “errore di fatto risultante dagli atti di causa: scrittura privata proveniente dalla donante erroneamente percepita quale “controdichiarazione” proveniente dalla donataria – Conseguente erronea percezione della sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 3892/13 nella parte in cui, con riferimento all’atto di donazione, ha ritenuto che la scrittura privata proveniente dalla stessa donante “non avrebbe potuto produrre l’effetto della donazione, poichè priva della forma dell’atto pubblico richiesto ad substantiam ai sensi dell’art. 782 c.c.”.

Si sostiene che erroneamente la scrittura privata proveniente dalla donante è stata percepita come controdichiarazione benchè la Corte d’Appello non l’avesse mai qualificata come controdichiarazione.

2 I due motivi, che ben si prestano a trattazione congiunta, sono inammissibili.

Come costantemente affermato da questa Corte, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, richiamato per le sentenze della Corte di cassazione dall’art. 391-bis c.p.c., rientra fra i requisiti necessari della revocazione che il fatto oggetto della supposizione di esistenza o inesistenza non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciarsi; pertanto, non è configurabile l’errore revocatorio qualora l’asserita erronea percezione degli atti di causa abbia formato oggetto di discussione e della consequenziale pronuncia a seguito dell’apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dal giudice (Sez. 1, Sentenza n. 27094 del 15/12/2011 Rv. 620693; Sez. L, Sentenza n. 14840 del 16/11/2000 Rv. 541749; Sez. 5 -, Sentenza n. 14929 del 08/06/2018 Rv. 649363).

E’ stato altresì affermato che l’istanza di revocazione di una pronuncia della Corte di cassazione, proponibile ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c., implica, ai fini della sua ammissibilità, un errore di fatto riconducibile all’art. 395 c.p.c., n. 4, che consiste in un errore di percezione, o in una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza (o l’inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti, invece, in modo incontestabile escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa, sempre che tale fatto non abbia costituito oggetto di un punto controverso, su cui il giudice si sia pronunciato. L’errore in questione presuppone, quindi, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla sentenza, l’altra dagli atti e documenti processuali, semprechè la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di giudizio, formatosi sulla base di una valutazione (Sez. 5 -, Sentenza n. 442 del 11/01/2018 Rv. 646689; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 20635 del 31/08/2017 Rv. 645048).

E ancora, non è idonea ad integrare errore revocatorio, rilevante ai sensi ed agli effetti di cui agli artt. 391 bis e 395, n. 4) c.p.c., la valutazione, ancorchè errata, del contenuto degli atti di parte e della motivazione della sentenza impugnata, trattandosi di vizio costituente errore di giudizio e non di fatto (Sez. 6 – L, Ordinanza n. 10184 del 27/04/2018 Rv. 648204).

Ebbene, nel caso di specie gli errori che oggi si addebitano a questa Corte riguardano proprio uno dei punti più controversi nel giudizio di appello e sul quale l’ordinanza 18204/2017 si è pronunciata (e cioè se il riconoscimento della proprietà dei cespiti dovesse estendersi anche al C.: v. pagg. 4 e 5 del ricorso contenente la trascrizione dei motivi di appello e pag. 8 contenente la sintesi del controricorso per cassazione, nonchè ordinanza 18204/2017 oggetto di revocazione pagg. 5 e 6); il ricorso censura inoltre la valutazione degli atti di parte, cioè le domande, le conclusioni, le richieste istruttorie (v. ricorso pag. 11 e ss.) e ancora i giudizi della Corte di cassazione espressi sulla base di valutazione di atti e della motivazione della sentenza impugnata (v. ricorso pagg. 15 e ss e ordinanza pagg. 6 e 7).

Come è evidente, si è assolutamente fuori dal campo dell’errore revocatorio denunziabile in cassazione come delineato dalla giurisprudenza di legittimità e quindi l’ordinanza n. 18204/2017 si sottrae alle censure della M..

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile con inevitabile addebito di spese alla parte ricorrente, da distrarsi in favore dei difensori del controricorrente, che ne hanno fatto espressa richiesta.

3 Resta da esaminare la richiesta di condanna della resistente ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3, (formulata in controricorso a pag. 39 e reiterata con la memoria finale).

La domanda va accolta.

La responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3, a differenza di quella di cui ai primi due commi della medesima norma, non richiede la domanda di parte nè la prova del danno, ma esige pur sempre, sul piano soggettivo, la mala fede o la colpa grave della parte soccombente, sussistente nell’ipotesi di violazione del grado minimo di diligenza che consente di avvertire facilmente l’infondatezza o l’inammissibilità della propria domanda, non essendo sufficiente la mera infondatezza, anche manifesta, delle tesi prospettate; peraltro, sia la mala fede che la colpa grave devono coinvolgere l’esercizio dell’azione processuale nel suo complesso, cosicchè possa considerarsi meritevole di sanzione l’abuso dello strumento processuale in sè, anche a prescindere dal danno procurato alla controparte e da una sua richiesta, come nel caso di pretestuosità dell’azione per contrarietà al diritto vivente ed alla giurisprudenza consolidata, ovvero per la manifesta inconsistenza giuridica o la palese e strumentale infondatezza dei motivi di impugnazione (Sez. U -, Sentenza n. 9912 del 20/04/2018 Rv. 648130).

Nel caso in esame, dall’esame della ordinanza impugnata e dal contenuto del ricorso emerge la facile avvertibilità della assoluta mancanza delle condizioni per proporre la domanda di revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 4, e quindi l’utilizzo dell’eccezionale rimedio per ottenere una nuova valutazione della vicenda nonostante l’esaurimento dei due gradi di merito e di quello di legittimità.

Si stima equo fissare l’importo in Euro 5.000,00.

Essendo la ricorrente ammessa al patrocinio a spese dello Stato (delibera 9.4.2018 del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma), non sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1-quater – dell’obbligo di versamento, da parte della medesima ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione disattesa (cfr. Cass. Sez. L, 05/06/2017, n. 13935).

Non deve qui provvedersi sulla revoca dell’ammissione provvisoria al patrocinio a spese dello Stato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 136, essendo competente il giudice di merito (v. Sez. 2 -, Ordinanza n. 23972 del 02/10/2018 Rv. 650634).

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 5.000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre IVA, CPA e spese generali in misura del 15% sui compensi con distrazione in favore dei difensori del controricorrente.

Condanna altresì la ricorrente al pagamento della somma di Euro 5.000,00 ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2019

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