Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24558 del 04/11/2020

Cassazione civile sez. I, 04/11/2020, (ud. 17/09/2020, dep. 04/11/2020), n.24558

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4017/2019 proposto da:

M.A., difeso e rappresentato dall’avv. Luca Zuppelli, giusta

procura speciale in atti, domiciliato presso la Cancelleria della I

sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositata il

05/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/09/2020 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Brescia, con decreto depositato il 5.01.2019, ha rigettato la domanda di M.A., cittadino della (OMISSIS), volta ad ottenere il riconoscimento della protezione sussidiaria o, in subordine, della protezione umanitaria.

Il giudice di merito ha, in primo luogo, ritenuto che difettassero in capo al ricorrente i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, non attenendo i fatti narrati a persecuzioni per motivi di razza, nazionalità, religione, opinioni politiche, etc. secondo quanto previsto dalla Convenzione di Ginevra del 1951 (il ricorrente aveva riferito di essersi allontanato dalla (OMISSIS) per sfuggire alla setta degli (OMISSIS) i cui componenti volevano arruolarlo coattivamente per prendere il posto del padre, a sua volta membro della stessa e ora deceduto).

Inoltre, con riferimento alla richiesta di protezione sussidiaria, il giudice di merito ha evidenziato l’insussistenza del pericolo per il ricorrente di essere esposto a grave danno in caso di ritorno nel suo paese di provenienza.

Infine, il ricorrente non è stato comunque ritenuto meritevole del permesso per motivi umanitari, non essendo stata allegata una specifica situazione di vulnerabilità personale.

Ha proposto ricorso per cassazione M.A. affidandolo a tre motivi. Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14 e dell’art. 5, comma 6 T.U.I..

Lamenta il ricorrente che il giudice di merito, nell’affermare che il fatto costitutivo posto a fondamento delle domande di protezione (vendetta nei confronti dei familiari di un soggetto già membro della setta degli (OMISSIS) che non intendessero aderire alla stessa organizzazione) si pone in contrasto con le informazioni reperibili con le COI, non hanno tenuto conto della grave corruzione che regna in (OMISSIS) e della impossibilità per i meno abbienti di poter ricorrere alla tutela della polizia.

2. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 per omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione su fatti o questioni controverse e decisive ai fini del giudizio.

Censura il ricorrente che il giudice di merito ha rigettato il ricorso sulla base di ragionamenti (non vi sarebbe nessuna forma di coazione nell’adesione alla setta degli (OMISSIS)) che hanno un presupposto errato o che presuppongono che nella (OMISSIS) viga lo Stato del diritto, ignorandone la situazione socio-politica ivi esistente.

Non è stata considerata l’estrema fragilità del sistema politico e giuridico e della possibilità di accesso alla giustizia per le sole persone abbienti ed influenti, tenuto del dovere del giudice di cooperare nell’accertamento dei fatti rilevanti.

3. Entrambi i motivi, da esaminare unitariamente, avendo ad oggetto questioni connesse, presentano profili di inammissibilità ed infondatezza.

In primo luogo, le censure del ricorrente si appalesano generiche e come tali inammissibili, non essendosi costui minimamente confrontato con i precisi rilievi del Tribunale di Brescia, che ha evidenziato che le fonti internazionali consultate (rapporto EASO 2017) smentiscono la ricostruzione del richiedente secondo cui la setta degli (OMISSIS) minaccerebbe i familiari di soggetti già aderenti (e deceduti) che non intendono prendere il posto dei loro genitori all’interno dell’organizzazione. E’ stato, infatti, messo in luce che l’affiliazione a tale setta è essenzialmente volontaria tranne in limitate ipotesi – non sussistenti nel caso di specie – in cui i familiari fossero già venuti a conoscenza di segreti o altre notizie riservate relative alla setta.

I richiami da parte del ricorrente alla presunta corruzione presente in (OMISSIS), soprattutto nella polizia, o alla difficoltà di accesso alla giustizia, o alla fragilità del sistema politico e giuridico eludono le pertinenti considerazioni del tribunale bresciano, evidenziano che il richiedente o non ha colto la ratio decidendi del decreto impugnato o comunque intende ignorarla.

Palesemente infondata è, inoltre le censura secondo cui il giudice di merito sarebbe venuto meno all’obbligo di cooperazione istruttoria, essendosi, al contrario, attivato acquisendo le opportune informazioni attraverso le COI per verificare la coerenza del racconto del richiedente rispetto alla situazione concreta esistente in (OMISSIS).

4. Con il terzo motivo è stata dedotta l’illegittimità costituzionale del D.L. 17 febbraio 2017, n. 13 per violazione del requisito di straordinaria necessità ed urgenza nonchè violazione degli artt. 77 e 111 Cost. e dei limiti previsti dalla L. n. 400 del 1988, art. 15.

Lamenta il ricorrente che il decreto in oggetto ha previsto l’entrata in vigore delle norme più significative dopo 180 giorni a dispetto delle pretese ragioni di urgenza.

Inoltre, la previsione del rito camerale per un processo che ad oggetto i diritti fondamentali costituisce una palese violazione del principio del diritto di difesa e principio del contraddittorio.

6. Entrambe le questioni di legittimità sollevate sono infondate.

Quanto al dedotto difetto dei requisiti della necessità ed urgenza, questa Corte ha già statuito è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.L. n. 13 del 2017, art. 21, comma 1, conv. con modifiche in L. n. 46 del 2017, poichè la disposizione transitoria – che differisce di 180 giorni dall’emanazione del decreto l’entrata in vigore del nuovo rito – è connaturata all’esigenza di predisporre un congruo intervallo temporale per consentire alla complessa riforma processuale di entrare a regime (Cass. n. 17717 del 05/07/2018).

Quanto alla previsione del rito camerale, questa Corte ha già statuito che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 1, per violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, poichè il rito camerale ex art. 737 c.p.c., che è previsto anche per la trattazione di controversie in materia di diritti e di “status”, è idoneo a garantire il contraddittorio anche nel caso in cui non sia disposta l’udienza, sia perchè tale eventualità è limitata solo alle ipotesi in cui, in ragione dell’attività istruttoria precedentemente svolta, essa appaia superflua, sia perchè in tale caso le parti sono comunque garantite dal diritto di depositare difese scritte. (Cass. n. 17717 del 05/07/2018).

Il rigetto del ricorso non comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, non essendosi il Ministero costituito in giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2020

 

 

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