Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24557 del 04/11/2020

Cassazione civile sez. I, 04/11/2020, (ud. 17/09/2020, dep. 04/11/2020), n.24557

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3189/2019 R.G. proposto da:

T.M., rappresentato e difeso dall’Avv. Massimo Gilardoni,

con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile

della Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Brescia depositato il 2 dicembre

2018;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 settembre

2020 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino.

 

Fatto

RITENUTO

che con decreto del 2 dicembre 2018 il Tribunale di Brescia ha rigettato la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria e, in subordine, di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari proposta da T.M., cittadino della (OMISSIS);

che avverso il predetto decreto il T. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi;

che il Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente eccepisce l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, comma 13, come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, n. 3-septies, (recte: introdotto dall’art. 6, lett. g), del D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 2017, n. 46), sostenendo che l’esclusione della reclamabilità del decreto con cui il tribunale pronuncia sulla domanda di riconoscimento della protezione internazionale si pone in contrasto con l’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2 e art. 111 Cost., commi 1, 2 e 7, in quanto comporta un’irragionevole disparità di trattamento a danno dei richiedenti asilo ed impedisce la correzione di eventuali errori commessi dal giudice di primo grado nell’accertamento dei fatti;

che con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e/o la falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2, censurando il decreto impugnato nella parte in cui, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, ha ritenuto irrilevante lo stato di estrema povertà in cui egli versava nel Paese di origine e la situazione d’instabilità politica ed amministrativa che caratterizza la (OMISSIS), senza tener conto dell’inferiorità della sua condizione personale rispetto agli standard minimi necessari per un’esistenza dignitosa e dell’incolmabile sproporzione con la situazione d’integrazione sociale da lui raggiunta nel Paese di accoglienza, per effetto della quale il rimpatrio risulterebbe lesivo della sua dignità personale;

che, ad avviso del ricorrente, il Tribunale ha omesso di adempiere il proprio obbligo di cooperazione istruttoria e di concedergli il beneficio del dubbio, non avendo esaminato la documentazione prodotta, comprovante il percorso di inclusione ed inserimento scolastico da lui intrapreso in Italia;

che il ricorso è improcedibile;

che il ricorrente, pur avendo dichiarato in premessa che il decreto impugnato è stato comunicato al suo procuratore costituito in data 4 dicembre 2018 a mezzo di posta elettronica certificata, ha infatti omesso di produrre in giudizio la copia comunicata del provvedimento, recante l’attestazione della data di consegna del messaggio di posta elettronica, con la conseguenza che risulta impossibile verificare la tempestività della notificazione del ricorso, effettuata il 3 gennaio 2019, e quindi oltre il trentesimo giorno successivo alla data di deposito del decreto;

che, in tema di protezione internazionale, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che la parte che proponga ricorso per cassazione ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, ha l’onere non solo di precisare se il decreto impugnato sia stato o meno comunicato, ma anche, in caso positivo, di produrre copia autentica del provvedimento, accompagnata dalla relata di comunicazione e dall’attestazione di conformità delle relative ricevute, in modo tale da consentire ai Giudice del gravame la verifica in ordine all’osservanza del termine perentorio per la proposizione dell’impugnazione, che decorre, in deroga a quanto disposto dall’art. 326 c.p.c., proprio dalla comunicazione del decreto impugnato ad opera della cancelleria;

che tale onere può essere escluso soltanto nell’ipotesi, non ricorrente nel caso in esame, in cui il ricorso per cassazione sia stato notificato entro trenta giorni dalla pubblicazione del decreto, oppure quando la copia del provvedimento risulti comunque nella disponibilità di questa Corte, per essere stata prodotta dal controricorrente o acquisita a seguito dell’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio, e sempre che l’acquisizione abbia avuto luogo in concreto e che da essa risulti l’avvenuta comunicazione, non essendo il Giudice di legittimità tenuto ad attivarsi per supplire all’inadempimento da parte del ricorrente dell’onere posto a suo carico dall’art. 369 c.p.c., comma 2, (cfr. Cass., Sez. I, 10/07/2020, n. 14839);

che la mancata costituzione dell’intimato esclude la necessità di provvedere al regolamento delle spese processuali.

P.Q.M.

dichiara improcedibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dallo stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2020

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