Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24556 del 02/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 02/10/2019, (ud. 15/05/2019, dep. 02/10/2019), n.24556

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22663/2012 R.G. proposto da:

Gricoim s.r.l., in persona del l.r.p.t., elettivamente domiciliato in

Roma alla via Po n. 43, presso l’avv. Cesare Massimo Bianca,

rappresentata e difesa dall’avv. Pietro Sirena;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, direzione provinciale di Cosenza, in persona

del direttore pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 60/03/12 della Commissione Tributaria

Regionale della Calabria, sez. 3 di Catanzaro, emessa il 2/2/2012,

depositata in data 1/3/2012 e non notificata;

udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 15 maggio

2019 dal Consigliere Andreina Giudicepietro.

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Gricoim s.r.l. ricorre con quattro motivi contro l’Agenzia delle Entrate, direzione provinciale di Cosenza, per la cassazione della sentenza n. 60/03/12 della Commissione Tributaria Regionale della Calabria, sez. 3 di Catanzaro (di seguito C.T.R.), emessa il 2/2/2012, depositata in data 1/3/2012 e non notificata, che, previo rilievo della non integrità del contraddittorio, ha accolto l’appello dell’Ufficio, annullando la sentenza della C.T.P di Cosenza, favorevole alla contribuente, in controversia concernente l’impugnazione degli avvisi di accertamento relativi all’Ires, Irap ed Iva per gli anni di imposta 2004 e 2005;

2. con la sentenza impugnata, la C.T.R., rilevava che gli avvisi di accertamento oggetto di impugnazione facevano riferimento al P.V.C., dal quale risultava la differenza tra il maggiore importo del mutuo ed il minor prezzo dichiarato nell’atto di compravendita, e che tale dato era confermato dalle risposte rese ai questionari dagli acquirenti delle unità immobiliari;

secondo i giudici di appello, quindi, “il complesso degli elementi, come sopra descritti, su cui si basano gli avvisi di accertamento, è tale da configurarsi come presunzione grave, precisa e concordante”;

3. a seguito del ricorso, l’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata;

4. il ricorso è stato fissato per la Camera di consiglio del 15 maggio 2019, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e dell’art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197;

5. l’avviso dell’adunanza in camera di consiglio è stato notificato a mezzo PEC con invio telematico perfezionato in data 20/3/2019.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. con il primo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 327 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè l’omessa ed insufficiente motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, su di un fatto decisivo della controversia, concernente la data di proposizione del giudizio di appello, ai fini della valutazione della tempestività e dell’ammissibilità dello stesso;

in particolare, la ricorrente deduce che, siccome la sentenza della C.T.P. di Cosenza era stata depositata in data 8/6/2009, il termine lungo per la sua impugnazione scadeva il 24/7/2010, mentre l’appello era stato notificato solo in data 26 luglio 2010, come risultava dal timbro apposto sulla cartolina allegata in calce all’atto di appello;

di contro il giudice di appello, senza fornire adeguata motivazione sul punto, avrebbe ritenuto che l’appello fosse stato proposto tempestivamente in data 23 luglio 2010;

1.2. il motivo è infondato e va rigettato;

1.3. invero, a prescindere da ogni altra considerazione, ha portata assorbente il rilievo che il giorno 24 luglio 2010, indicato dalla stessa società ricorrente come il termine ultimo per la proposizione dell’appello, ricadeva di sabato, per cui, ai sensi della L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, era prorogato al lunedì successivo (appunto il 26 luglio 2010);

come già questa Corte ha avuto modo di chiarire, nelle controversie tributarie, il termine per proporre appello deve essere qualificato come termine “a decorrenza successiva” con la conseguenza che, ove il dies ad quem del medesimo vada a scadere nella giornata di sabato, esso è prorogato di diritto al primo giorno seguente non festivo, ai sensi del novellato art. 155 c.p.c., comma 4, applicabile nella specie in quanto il ricorso originario, avente ad oggetto l’impugnativa degli avvisi di accertamento notificati nell’anno 2008, risulta proposto successivamente alla data del 1 marzo 2006 (Cass. n. 11269/2016; 6728/2012; S.U. n. 1418/2012);

2.1. con il secondo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32 e 39, nonchè dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè l’omessa ed insufficiente motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, su di un fatto decisivo della controversia, poichè la pretesa tributaria risulterebbe sorretta esclusivamente dalle risposte fornite dai terzi acquirenti ai questionari, sfornite ex se di efficacia probatoria;

2.2 il motivo è infondato e va rigettato;

2.3. come è stato detto, “in tema di accertamenti tributari, il processo verbale di constatazione assume un valore probatorio diverso a seconda della natura dei fatti da esso attestati, potendosi distinguere al riguardo un triplice livello di attendibilità: a) il verbale è assistito da fede privilegiata, ai sensi dell’art. 2700 c.c., relativamente ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza o che abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale, nonchè quanto alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni a lui rese; b) quanto alla veridicità sostanziale delle dichiarazioni a lui rese dalle parti o da terzi – e dunque anche del contenuto di documenti formati dalla stessa parte e/o da terzi – esso fa fede fino a prova contraria, che può essere fornita qualora la specifica indicazione delle fonti di conoscenza consenta al giudice ed alle parti l’eventuale controllo e valutazione del contenuto delle dichiarazioni; c) in mancanza della indicazione specifica dei soggetti le cui dichiarazioni vengono riportate nel verbale, esso costituisce comunque elemento di prova, che il giudice deve in ogni caso valutare, in concorso con gli altri elementi, potendo essere disatteso solo in caso di sua motivata intrinseca inattendibilità o di contrasto con altri elementi acquisiti nel giudizio, attesa la certezza, fino a querela di falso, che quei documenti sono comunque stati esaminati dall’agente verificatore (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che non aveva valutato la presenza dei chiari, precisi e concordanti elementi di prova evincibili dal processo verbale di constatazione, contro il quale non era stata proposta querela di falso ed a fronte dei quali non era stata prodotta documentazione decisiva di segno contrario ritualmente al processo)” (Sez. 5, Ordinanza n. 24461 del 05/10/2018);

nella fattispecie in esame, il giudice di appello ha rilevato che gli avvisi di accertamento hanno integralmente richiamato il P.V.C. della Guardia di Finanza, che ha evidenziato lo scostamento tra il prezzo dichiarato negli atti di compravendita immobiliare ed il valore dei mutui (recanti importi pari al doppio o più del valore dichiarato);

tale discordanza, tra il minor valore dichiarato ed il maggiore importo dei mutui, emerge dalle risposte date ai questionari dagli acquirenti degli immobili ed è riportata nel processo verbale di constatazione, senza che la società contribuente abbia fornito alcuna prova contraria, tanto che lo stesso giudice di prime cure, come rilevato dal giudice di appello, non ha posto in discussione la sussistenza della differenza tra gli importi, ma la sua valenza probatoria;

3.1. con il terzo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione della L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 265, del D.L. n. 223 del 2006, art. 35, degli artt. 2729 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè l’omessa ed insufficiente motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, su di un fatto decisivo della controversia, poichè la C.T.R., nella sentenza impugnata, si sarebbe basata solo sulle presunzioni semplici, di cui al D.L. n. 223 del 2006, art. 35;

con il quarto motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

3.2. i motivi, esaminati congiuntamente perchè connessi, sono infondati e vanno rigettati;

3.3. invero, secondo il consolidato indirizzo della Corte, “in tema di accertamento induttivo del reddito d’impresa, con l’abrogazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), ultimo periodo, che ha effetto retroattivo in considerazione della sua finalità di adeguare l’ordinamento interno a quello comunitario, è stato ripristinato il quadro normativo anteriore, sicchè la prova dell’esistenza di attività non dichiarate, derivanti da cessioni di immobili (o costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento sugli stessi) può essere desunta anche sulla base di presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti” (Sez. 5, Sentenza n. 20429 del 26/09/2014; vedi anche Sez. 5, Sentenza n. 23485 del 18/11/2016);

è stato anche chiarito che, a prescindere dai valori OMI, lo scostamento tra l’importo dei mutui e i minori prezzi indicati dal venditore è sufficiente a fondare l’accertamento, non comportando ciò alcuna violazione delle norme in materie di onere probatorio (Cass. n. 26485/2016; n. 14388/2017; vedi anche, Cass. sez. 5, ord. 25 gennaio 2019, n. 2155 e Cass. sez. 5, ord. 30 aprile 2019, n. 11426);

in materia di presunzioni semplici, non è escluso che l’accertamento trovi fondamento anche su un unico elemento presuntivo, benchè l’art. 2729 c.c., comma 1, e il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 3 e art. 39, comma 4, il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, si esprimano al plurale, potendosi il convincimento del giudice fondare anche su un elemento unico, preciso e grave, la valutazione della cui rilevanza, peraltro, nell’ambito del processo logico applicato in concreto, non è sindacabile in sede di legittimità ove sorretta da motivazione adeguata e logicamente non contraddittoria (cfr. Cass., sent. n. 656/2014; sent. 17574/2009);

in particolare, proprio in materia di rettifica dei corrispettivi dichiarati nel settore immobiliare, si è sostenuto che lo scostamento tra l’importo dei mutui e i minori prezzi indicati dal venditore è sufficiente a fondare l’accertamento, non comportando ciò alcuna violazione delle norme in materia di onere probatorio (Cass., Sez. 5, ord. 14388/2017), così imponendo al contribuente l’allegazione della prova contraria;

la C.t.r., pertanto, conformemente ai principi enunciati, ha verificato, con un giudizio di merito insindacabile in sede di legittimità, la fondatezza della pretesa dell’Ufficio sulla base del valore dei mutui, notevolmente superiore a quello dichiarato negli atti di compravendita;

in conclusione, il ricorso va rigettato;

nulla deve disporsi sulle spese poichè l’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 15 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2019

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