Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24552 del 02/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 02/10/2019, (ud. 14/05/2019, dep. 02/10/2019), n.24552

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14921-2013 proposto da:

P.U., domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la cancelleria

della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato

CARLO MARIA GALLI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI

LECCO;

– intimati –

e da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente incidentale –

contro

P.U., AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI LECCO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 113/2012 della COMM. TRIB. REG. della

Lombardia, depositata il 05/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/05/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FEDERICI.

Fatto

RILEVATO

che:

P.U. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 113/19/12, depositata il 5.12.2012 dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che, confermando la decisione di primo grado, rigettava il ricorso avverso l’atto di contestazione e l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia rideterminava il reddito relativo al 2005 ai fini Irpef e addizionali, comminando inoltre le sanzioni previste dal D.Lgs. n. 471 del 1997;

ha riferito che l’Ufficio aveva notificato un atto di contestazione per omessa compilazione del quadro RW della dichiarazione relativa ai redditi 2005 (in violazione del D.L. n. 167 del 1990, art. 4 commi 1 e 2, conv. in L. n. 227 del 1990, nel quale dovevano inserirsi i capitali trasferiti all’estero, o dall’estero o da estero ad estero, per un importo complessivo di Euro 1.100.000,00; gli era anche notificato l’avviso di accertamento per recupero a tassazione del maggior imponibile contestato con il precedente atto.

Il contribuente aveva proposto ricorso avverso entrambi gli atti. La Commissione Tributaria Provinciale di Lecco, riuniti i ricorsi, aveva respinto le ragioni del P. con sentenza n. 296/01/2011.

Appellata la decisione dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con la sentenza ora al vaglio della Corte erano stati rigettati i motivi di impugnazione.

Il contribuente censura la sentenza con quattro motivi:

con il primo per violazione o falsa applicazione della L. n. 890 del 1982, art. 7, del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 16 e 21, dell’art. 1335 c.c., per aver erroneamente affermato l’intempestività del ricorso introduttivo iscritto con R.G. n. 344/2011;

con il secondo per omesso esame sul punto relativo alla inesistenza di prove ai sensi dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

con il terzo per violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in riferimento al governo delle prove presuntive;

con il quarto per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in riferimento al termine di notifica dell’avviso di accertamento, ritenuto erroneamente tempestivo dal giudice d’appello.

Ha pertanto chiesto la cassazione della sentenza con rinvio.

Si è costituita l’Amministrazione, contestando le avverse ragioni, di cui ha chiesto il rigetto, e in subordine spiegando ricorso incidentale condizionato con riguardo al ricorso introduttivo del contribuente iscritto con R.G. 344/2011, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, invocando la nullità del ricorso notificato all’Ufficio dal contribuente.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il contenzioso fiscale, secondo la prospettazione offerta dalla costituita Agenzia, e per quanto emerge in precedenti di questa Sezione, si inquadra nell’ambito di una indagine che porta all’arresto di Pe.Fa., avvocato svizzero, e del sequestro di un personal computer nel quale risultavano archiviati vari nominativi relativi a clientela assistita dal professionista o dal suo studio, interessati, in forza di rapporti di mandato e/o di consulenza variamente articolati dal Pe. – in particolare con la costituzione del trust e fondazioni nel Liechtenstein e di società ed enti in vari Paesi stranieri a fiscalità privilegiata, secondo il D.M. 4 maggio 1999 -, alla permanenza all’estero di capitali “scudati”, oppure al rientro in Italia di capitali detenuti all’estero. Dai files risultava che il P. fosse associato ad una fondazione con sede in Vaduz, denominata (OMISSIS), il cui presidente era il Pe., il primo beneficiario era il P., la gestione del patrimonio era affidata al Pe., il patrimonio della fondazione, di circa Euro 1.100.000,00, derivava da risparmi dell’attività lavorativa dell’odierno ricorrente. Riscontrandosi elementi sintomatici di interposizione fittizia di persona, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 37, comma 3, gli erano contestate le violazioni di cui al D.L. n. 167 del 1990 cit., nonchè rideterminato l’imponibile relativo all’anno 2005.

Ciò chiarito, il primo motivo del ricorso, con il quale il contribuente afferma che erroneamente la C.T.R. avrebbe ritenuto che il ricorso introduttivo del giudizio iscritto con numero di R.G. 344/2011 avverso l’atto di contestazione notificatogli il 24 dicembre 2010 fosse intempestivo, è infondato. Il ricorrente sostiene che, a differenza di quanto pretende l’Amministrazione, dell’atto, sia venuto a conoscenza solo al suo rientro dall’estero, quando il portiere gli ha consegnato il plico. Sennonchè risulta che la notificazione avvenne nelle mani del portiere dello stabile presso il quale abitava ed aveva domicilio fiscale, e fu seguita dall’invio al destinatario della raccomandata di avvenuta notifica n. (OMISSIS), come riportato nella sentenza impugnata, che fa riferimento al “documento n. 3 allegato alle controdeduzioni depositate dall’Ufficio in primo grado 115 luglio 2011.”. La puntuale descrizione del procedimento di notifica riportata nella sentenza dimostra come il ricorso del contribuente, eseguito il 28.04.2011, fosse ampiamente tardivo e pertanto corretta si rivela la decisione del giudice d’appello.

Il secondo motivo, con il quale si invoca il vizio motivazionale della sentenza per aver omesso l’esame sulle allegazioni e sulle ragioni per le quali il contribuente sosteneva l’inesistenza di prove presuntive a suo carico, è inammissibile, prima ancora che per l’inadeguatezza della censura in riferimento alla novellata formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, ex art. 54, comma 1, lett. b, conv. con modificazioni in L. n. 134 del 2012) applicabile alla fattispecie, per difetto di autosufficienza, non avendo esplicato il contribuente quali elementi fossero stati addotti dal ricorrente e cosa il giudice regionale abbia trascurato.

Il terzo motivo, con il quale il P., sostenendo l’inesistenza di prove a suo carico circa la riconducibilità alla sua titolarità dei beni risultanti nella fondazione, va inquadrata nella censura alla decisione per malgoverno delle regole sulla prova presuntiva. Essa, a parte che per come formulata sfiora l’inammissibilità per genericità, è infondata. Il contribuente sostiene che non può costituire prova del possesso di capitali all’estero il contenuto di files allegati al pvc della GdF rinvenuto al Pe., da cui si evincerebbe la costituzione della fondazione, la sua indicazione come primo beneficiario, la riconducibilità dei suoi risparmi lavorativi al patrimonio della fondazione.

In ordine al corretto governo delle regole sulla prova presuntiva va ribadito che compete alla Corte di cassazione, nell’esercizio della funzione nomofilattica, il controllo della corretta applicazione dei principi contenuti nell’art. 2729 c.c. alla fattispecie concreta, poichè se è devoluto al giudice di merito la valutazione della ricorrenza dei requisiti enucleabili dagli artt. 2727 e 2729 c.c., per valorizzare gli elementi di fatto quale fonte di presunzione, tale giudizio è soggetto al controllo di legittimità se risulti che, nel violare i criteri giuridici in tema di formazione della prova critica, il giudice non abbia fatto buon uso del materiale indiziario disponibile, negando o attribuendo valore a singoli elementi, senza una valutazione di sintesi (cfr. Cass., ord. n. 10973/2017, Cass., sent. n. 1715/2007).

Peraltro, ai fini dell’utilizzo degli indizi, mentre la gravità, precisione e concordanza degli stessi permette di acquisire una prova presuntiva, che, qualora anche unica, può ritenersi sufficiente nel processo tributario a sostenere i fatti fiscalmente rilevanti, accertati dalla Amministrazione (Cass., sent. n. 1575/2007), quando manca tale convergenza qualificante è necessario disporre di ulteriori elementi per la costituzione della prova.

La giurisprudenza di legittimità ha tracciato il corretto procedimento logico del giudice di merito nella valutazione degli indizi, in particolare affermando che la gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge vanno ricavati dal loro complessivo esame, in un giudizio globale e non atomistico di essi (ciascuno dei quali può essere insufficiente), ancorchè preceduto dalla considerazione di ognuno per individuare quelli significativi, perchè è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza e ad un tempo trae vigore dall’altro in vicendevole completamento (tra le più recenti cfr. Cass., sent. n. 12002/2017; Cass., ord. n. 5374/2017). Ciò che rileva, in base a deduzioni logiche di ragionevole probabilità, non necessariamente certe, è che dalla valutazione complessiva emerga la sufficienza degli indizi a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, salvo l’ampio diritto del contribuente a fornire la prova contraria. Quanto alla ipotesi dell’unico indizio, anche di recente si è affermato che in tema di accertamento induttivo del reddito di impresa, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), il convincimento del giudice in ordine alla sussistenza di maggiori ricavi non dichiarati da un’impresa commerciale può fondarsi anche su una sola presunzione semplice, purchè grave e precisa (Sez. 5, ord. n. 30803 del 2017; 3276/2018).

Occorre allora verificare se nella sentenza gravata sia stato fatto buon governo dei principi appena esposti.

Nella decisione i giudici d’appello affermano che “… l’onere probatorio è stato nella fattispecie assolto ex art. 2697 c.c. mediante la produzione del processo verbale di constatazione datato 13 dicembre 2010 del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Lecco, produzione espressamente autorizzata dal Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Milano a seguito di istanza…. Con riguardo alla predetta produzione il procuratore speciale del ricorrente avv. Carlo Galli ha espressamente dichiarato con missiva 25 novembre 2010 (all. 1 controdeduzioni depositate in primo grado il 5 luglio 2011) di “…di non essere in grado di giustificare analiticamente le operazioni bancarie in elenco…””.

La motivazione, sia pur sintetica, mostra di avere contezza dei rilievi e degli elementi complessivamente posti a carico del contribuente, come emergenti dal pvc citato, che la sentenza valorizza ulteriormente riprendendo dichiarazioni del “procuratore speciale” del P.. Deve pertanto concludersi che il governo degli elementi indiziari, ritenuti con evidenza gravi precisi e concordanti, è stato condotto senza che possano sollevarsi censure sul piano della corretta applicazione della disciplina delle presunzioni.

Infondato infine è il quarto motivo, con il quale si duole, sotto il profilo del vizio motivazionale, dell’erronea decisione sulla tempestività del termine di notifica dell’avviso di accertamento. Pur collocando la censura nell’alveo dell’error iuris dovendo altrimenti riconoscere l’inammissibilità del motivo -, esso è infondato.

Il P. sostiene che gli atti impositivi siano stati notificati oltre il quarto anno successivo a quello in cui doveva essere presentata la dichiarazione fiscale. La sentenza, condividendo la posizione difensiva della Amministrazione, afferma che, a parte la pendenza nei confronti del ricorrente di un procedimento penale, il caso sarebbe regolato dal D.L. n. 78 del 2009, art. 12 commi 2, 2 bis e 2 ter, conv. con modificazioni in L. n. 102 del 2009, disciplina la cui applicabilità è però contestata dal contribuente, che invoca la L. n. 212 del 2000, art. 3, commi 1 e 3, in tema di irretroattività delle disposizioni tributarie e di improrogabilità dei termini di accertamento. Ebbene, il Collegio ritiene infondata la censura alla decisione, atteso che il termine di decadenza per il potere accertativo che il D.L. n. 167 del 1990, art. 5, commi 4 e 5, conv., con modif., nella L. n. 227 del 1990, contempla per l’omissione della dichiarazione annuale per gli investimenti e le attività finanziarie all’estero di cui allo stesso decreto, art. 4, deve essere individuato, tra quelli indicati dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 20, non nel termine che fa riferimento al tempo della commissione della violazione, ma in quello maggiore previsto per l’accertamento del tributo dovuto, tenuto conto del raddoppio dei termini introdotto dal D.L. n. 78 del 2009, art. 12, commi 2 bis e 2 ter, conv., con modif., nella L. n. 102 del 2009, applicabile, trattandosi di norma di carattere procedimentale, anche nei periodi d’imposta precedenti a quello della loro entrata in vigore (in tal senso già Cass., ord. n. 30742/2018).

In conclusione i motivi vanno tutti rigettati.

In considerazione dell’esito del giudizio sul ricorso principale del P., è assorbito il ricorso incidentale condizionato della Amministrazione.

Considerato che:

il ricorso va pertanto rigettato e all’esito del giudizio segue la soccombenza del P. nelle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano nella misura specificata in dispositivo. E’ assorbito il ricorso incidentale condizionato.

Sussistono inoltre i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del medesimo articolo, comma 1 – bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato. Condanna P.U. alla rifusione in favore della Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 7.000,00 per competenze, oltre spese prenotate a debito. Da atto della sussistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

Così deciso in Roma, il 14 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2019

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