Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24551 del 02/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 02/10/2019, (ud. 30/04/2019, dep. 02/10/2019), n.24551

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Società Bacardi – Martini B.V., in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale stesa

su atto separato allegato al ricorso, dagli Avv.ti Guglielmo Maisto

e Marco Cerrato, ambedue del Foro di Milano, ed elettivamente

domiciliata presso il loro studio, alla piazza D’Aracoeli n. 1 in

Roma;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege,

dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata

presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 80, pronunciata dalla Commissione Tributaria

Regionale di Torino il 28.09.2012 e pubblicata il 27.11.2012;

ascoltata, in Camera di consiglio, la relazione svolta dal

Consigliere Paolo Di Marzio.

La Corte osserva.

Fatto

FATTI DI CAUSA

la società Martini & Rossi Spa, residente in Italia, in data 30.03.1998 versava alla propria controllante General Beverage Europe B.V., fiscalmente residente nei Paesi Bassi, Lire 28.485.000.000 a titolo di distribuzione dei dividendi, e Lire 16.022.813.000 a titolo di maggiorazione di conguaglio, per un importo complessivo di Lire 42.282.422.350.

Sulle somme erogate la M&R operava la ritenuta alla fonte del 5%, ai sensi della Convenzione bilaterale stipulata tra la Repubblica Italiana e il Regno dei Paesi Bassi del 18 maggio 1990, art. 10, par. n. 2, lett. a), sub-par. (i), ratificata con L. n. 305 del 1993, e versava pertanto all’Erario l’importo di Lire 3.026.532.000.

Sostenendo la tesi che risultasse applicabile il regime di esenzione da ritenuta previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 27 bis, comma 1, la società olandese General Beverage Europe B.V., successivamente incorporata dalla Bacardi-Martini B.V., presentava all’Amministrazione finanziaria italiana, il 1.09.1998, istanza volta a conseguire il rimborso delle ritenute subite.

Formatosi il silenzio-rifiuto dell’Agenzia delle Entrate, la Società GBE ricorreva innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Torino la quale, con sentenza del 26 ottobre 1999, n. 76, accoglieva integralmente il ricorso. La sentenza di primo grado, impugnata in sede d’appello dall’Ente impositore, veniva confermata dalla Commissione Tributaria Regionale piemontese, con sentenza 7 giugno 2000, n. 30. L’Ufficio proponeva, quindi, ricorso per cassazione.

La Suprema Corte, con sentenza n. 19152 del 2004, accoglieva parzialmente il ricorso dell’Amministrazione finanziaria, riconoscendo il diritto della contribuente Società al rimborso della ritenuta operata sulle somme corrisposte a titolo di maggiorazione di conguaglio. Cassava, inoltre, l’impugnata sentenza “nella parte in cui ha escluso che la ritenuta del 5% operata sui dividendi erogati alla società… ai sensi della Convenzione Italia – Paesi Bassi, contro le doppie imposizioni, art. 10, par. 2, sia consentita ai sensi dell’art. 7.2. della Direttiva 90/435/CEE”, disponendo il rinvio al Giudice a quo, cui veniva demandato il compito di rinnovare il giudizio “tenendo presente che la Direttiva, cit. art. 7.2, va interpretato nel senso che consente una imposizione, come il prelievo del 5% previsto dalla Convenzione sulla doppia imposizione, anche se tale prelievo, in quanto si applica ai dividendi versati dalla società controllata alla sua società capogruppo, costituisce una ritenuta alla fonte ai sensi della medesima Direttiva, art. 5, n. 1”.

Il giudizio di rinvio veniva riassunto nel termine di legge dalla società GBE la quale, innanzi alla CTR di Torino, insisteva nell’affermare l’illegittimità delle ritenute operate sui dividendi distribuiti, e sulla conseguente spettanza del rimborso richiesto. La contribuente domandava, altresì, di sollevare davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione “se la Direttiva, art. 7, par. 2, debba essere interpretato nel senso che uno Stato membro può astenersi dall’applicare l’esenzione di cui alla Direttiva, art. 5, par. 1, nel caso in cui lo Stato di residenza della società “madre” accordi a quest’ultima un credito d’imposta in virtù di una convenzione bilaterale”.

Con nota del 22.03.2007 la contribuente produceva poi, nel corso del giudizio di rinvio, una certificazione rilasciata dalle autorità fiscali dei Paesi Bassi, attestante l’impossibilità di dedurre nello Stato olandese la ritenuta alla fonte subita in Italia.

La CTR, sulla base dei documenti acquisiti e delle difese delle parti, con propria ordinanza disponeva, ai sensi del Trattato istitutivo della Comunità Europea, art. 234, la sospensione del giudizio e la trasmissione del fascicolo alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, per la valutazione pregiudiziale della questione interpretativa delle norme comunitarie, sulla cui corretta applicazione sì controverteva, e per la risoluzione dei quesiti prospettati dalle parti (in primo luogo, se la ritenuta applicata sulla maggiorazione di conguaglio costituisse una ritenuta alla fonte sugli utili vietata dalla Direttiva, art. 5; in secondo luogo se trovasse applicazione la clausola di salvaguardia di cui alla Direttiva, art. 7, par. 2 ed in particolare se l’art. cit. devesse essere interpretato nel senso che uno Stato membro può astenersi dall’applicare l’esenzione di cui alla Direttiva, art. 5, par. 1, nel caso in cui lo stato di residenza della Società madre accordi a quest’ultima un credito d’imposta in virtù della Convenzione bilaterale).

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea rispondeva ai quesiti sottoposti alla sua attenzione, con pronuncia del 24 giugno 2010, fornendo la propria interpretazione secondo cui le questioni sollevate riguardavano esclusivamente la compatibilità con il diritto comunitario della ritenuta applicata alla maggiorazione di conguaglio.

Il giudizio di rinvio riprendeva innanzi alla Commissione Tributaria Regionale la quale, alfine, in ordine alla questione relativa alla riconosciuta spettanza del rimborso alla società estera della ritenuta applicata sulla maggiorazione di conguaglio dichiarava l’intervenuta formazione del giudicato. Con riguardo, invece, alla ritenuta operata sugli utili distribuiti alla contribuente GBE, il Giudice di rinvio riteneva di uniformarsi al principio di diritto affermato dalla Suprema Corte, riformando sul punto la sentenza della CTP che aveva accolto la richiesta di rimborso della Società, dichiarando invece che lo stesso non era dovuto.

Avverso la decisione assunta dalla Commissione Tributaria Regionale di Torino ha proposto ricorso per cassazione la Società Bacardi-Martini B.V., in qualità di incorporante della General Beverage Europe B.V., affidandosi a sei motivi di impugnazione. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate. La società ricorrente ha depositato nota con la quale ha domandato procedersi alla trattazione in pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – La contribuente contesta mediante il suo primo motivo di impugnazione, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione o falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c., atteso che nella sentenza impugnata non vi sarebbe “alcuna traccia dello svolgimento da parte del giudice del rinvio dell’accertamento di fatto” se la GBE si fosse avvalsa o se, comunque, avrebbe potuto avvalersi nello Stato di residenza (Paesi Bassi) del diritto di dedurre la ritenuta operata sui dividendi ad essa erogati, “che codesta Ecc.ma Corte di Cassazione aveva espressamente demandato al fine della decisione” (ric. pp. 13 e 14).

1.2. – Con il secondo motivo d’impugnazione, che indica di proporre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la ricorrente censura la violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e dell’art. 111 Cost., in quanto il giudice di rinvio “si è limitato a motivare la propria decisione mediante il mero richiamo al principio affermato dalla Cassazione senza minimamente esplicitare le ragioni per cui l’esito dell’accertamento di fatto ad esso demandato era stato nel senso di consentire l’applicazione alla fattispecie in esame del ridetto principio” (ric. p. 17).

1.3. – Mediante il terzo motivo di ricorso la Società si duole, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere l’impugnata CTR “completamente omesso di esaminare il fatto decisivo relativo alla prova dell’esistenza e, quindi, della spettanza del diritto al rimborso di cui si discute” (ric. p. 18).

1.4. – La Bacardi-Martini B.V. con il quarto motivo d’impugnazione, anch’esso proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ripropone il motivo di ricorso precedente riassunto “nell’ipotesi in cui codesta Ecc.ma Corte non acceda alla teoria che riconosce l’applicabilità al processo tributario della novella alla disciplina del procedimento di Cassazione di cui al D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134”, in relazione al profilo della omessa motivazione in ordine ad un fatto decisivo e controverso per il giudizio, ai sensi della precedente formulazione della norma.

1.5. – Con il suo quinto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’impugnante domanda, in via subordinata al mancato accoglimento dei motivi precedentemente proposti, la cassazione della sentenza d’appello per violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 27 bis, della Direttiva 90/435/CEE, artt. 5 e 7, par. 2, in quanto la CTR “avrebbe dovuto ritenere illegittima l’applicazione della ritenuta sui dividendi in applicazione delle sopra menzionate norme del diritto comunitario e interno”, previo, occorrendo, rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia affinchè si pronunci sul seguente quesito: “se violi la direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/435/CEE, art. 5, n. 1, l’applicazione di una ritenuta alla fonte sugli utili distribuiti da parte di una società figlia residente in Italia in favore della propria madre residente nei Paesi Bassi laddove risulti la società madre residente nei Paesi Bassi non benefici in tale Stato di un credito di imposta con riferimento alla ritenuta alla fonte assolta in Italia” (ric. pp. 26 e 27).

A conforto delle proprie argomentazioni, la società ricorrente ribadiva le argomentazioni già svolte in premessa, e ricordava (ric., p. 24) che “in data 11.01.2005, aveva presentato alla Commissione delle Comunità Europee una denuncia volta ad evidenziare l’incompatibilità con la Direttiva dell’interpretazione che legittimava l’applicazione della ritenuta alla fonte convenzionale del 5% sulle distribuzioni di dividendi di fonte italiana a Società madri stabilite nei Paesi Bassi. La Commissione Europea inviava all’Italia una lettera di “costituzione in mora”, con la quale chiariva la portata delle disposizioni comunitarie, con particolare riferimento alla Direttiva, art. 7, comma 2, invitandola a fornire entro il termine di due mesi eventuali osservazioni. Non avendo l’Italia dato seguito alla predetta missiva, la Commissione Europea inviava alla Repubblica italiana un parere motivato, in cui riteneva che la ritenuta del 5% prevista dalla Convezione bilaterale Italia-Paesi Bassi, stipulata per evitare le doppie imposizioni, fosse “in contrasto con la direttiva madre-figlia (90/435/CEE) che, a determinate condizioni, esenta dalla ritenuta alla fonte la distribuzione di utili fra società stabilite in diversi Stati membri UE”. In particolare, riteneva “eccessivamente estensiva l’interpretazione della direttiva madre-figlia fornita dalle autorità fiscali italiane che impongono un onere del 5% sui dividendi versati ad una società madre olandese”.

1.6. – La ricorrente Società, mediante il sesto motivo d’impugnazione, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamenta la violazione o falsa applicazione del Trattato istitutivo della Comunità Europea, art. 12, reso esecutivo con L. n. 1203 del 1957 (ora art. 18 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea), posto che “il mancato riconoscimento – da parte dei giudici del rinvio – del diritto di GBE al rimborso della ritenuta sui dividendi è illegittimo in quanto esso dà luogo a effetti che confliggono con i più elementari principi dell’Unione Europea e, in particolare, con il principio di non discriminazione” (ric. p. 27).

Occorre preliminarmente rilevare che non si ritengono sussistenti i presupposti di legge, di cui all’art. 375 c.p.c., u.c., per la rimessione della trattazione del giudizio in pubblica udienza, non riscontrandosi la “particolare rilevanza della questione di diritto sulla quale” occorre pronunciare.

2.1. – Mediante il primo motivo di ricorso la contribuente contesta la violazione di legge in cui sarebbe incorsa la Commissione Tributaria Regionale impugnata per aver disconosciuto il diritto della incorporata GBE al rimborso della ritenuta operata sulle somme ad essa erogate dalla M&R Spa a titolo di distribuzione dei dividendi, sull’erroneo presupposto che la Suprema Corte nel riconoscere, nella sentenza di rinvio alla Commissione Tributaria d’appello, che “la Direttiva, cit. art. 7.2., va interpretato nel senso che consente un’imposizione come il prelievo del 5% previsto dalla Convenzione sulla doppia imposizione, anche se tale prelievo, in quanto si applica ai dividendi versati dalla società controllata alla sua società capogruppo, costituisce una ritenuta alla fonte ai sensi della medesima Direttiva, art. 5, n. 1” (sent. Cass., p. 14), abbia inteso negare tout court il diritto al rimborso della Società olandese.

Secondo la ricorrente, infatti, la Corte di Cassazione “non si era limitata ad affermare quanto sopra ma aveva viceversa rilevato che il regime di esenzione previsto dalla Direttiva, art. 5 (e il conseguente diritto al rimborso della ritenuta convenzionale) avrebbe potuto trovare applicazione qualora la doppia imposizione non fosse stata evitata da meccanismi di credito d’imposta riconosciuti nei Paesi Bassi, ossia nello Stato di residenza della società “madre” (ric. p. 12).

In sostanza, la Corte di legittimità avrebbe demandato al giudice del rinvio il compito di accertare se, nel caso di specie, la Società madre GBE avesse goduto o, comunque, avrebbe potuto godere, nel proprio Stato di residenza (i Paesi Bassi), della deduzione dell’imposta oggetto della ritenuta subita in Italia dalla Società “figlia”, ai sensi della Convezione italo-olandese, art. 24. La ricorrente osserva, peraltro, che tale accertamento di fatto avrebbe potuto essere effettuato dal giudice di merito “in maniera molto agevole”, mediante l’esame della certificazione rilasciata dalle Autorità fiscali del Regno dei Paesi Bassi, prodotta nel corso del giudizio di rinvio con nota del 22.03.2007, ed attestante l’impossibilità per la GBE di dedurre nello Stato di residenza fiscale la ritenuta alla fonte subita in Italia. Ritiene la ricorrente che, se il giudice del rinvio avesse considerato la suddetta certificazione, le avrebbe “certamente” riconosciuto la spettanza del rimborso. Ne discende che l’impugnata CTR, “avendo completamente omesso di svolgere l’accertamento di fatto demandatogli da questa Suprema Corte” sarebbe incorsa nella violazione dell’art. 384 c.p.c., il quale impone al giudice del rinvio di uniformarsi a quanto statuito dalla Corte.

Invero, nel dispositivo della richiamata sentenza n. 19152 del 2004, il giudice di legittimità, anzichè definire la controversia una volta per tutte come, invece, ha fatto in merito al rimborso delle somme versate a titolo di maggiorazione di conguaglio – ha cassato l’impugnata sentenza che aveva accolto la richiesta di rimborso della Società, e rinviato giudice a quo, evidentemente ritenendo necessario un ulteriore accertamento di fatto sul punto.

La Suprema Corte, inoltre, al paragrafo 2.5.1.3 della summenzionata sentenza, come segnalato dalla ricorrente, ha affermato che “in ipotesi, per avere diritto al rimborso (in quanto previsto), la società madre (nella fattispecie, la General Beverage Europe) dovrebbe dimostrare di non essersi avvalsa (o di non potersi avvalere) del diritto alla deduzione. Ma questo è compito del giudice di merito” (sent. Cass. p. 8).

La ricorrente, peraltro, sostiene di aver assolto all’onere probatorio richiesto, come anticipato, producendo apposita documentazione con la quale la competente Autorità fiscale olandese, in merito alla distribuzione di dividendi da parte della controllata italiana M&R Spa, in base ai dati disponibili, certificava che “la richiedente non ha beneficiato di alcun credito d’imposta per le imposte eventualmente assolte all’estero su tali dividendi in quanto il regime fiscale olandese non prevede alcun credito d’imposta su qualsivoglia dividendo percepito in relazione a partecipazioni detenute in controllate italiane” (ric. p. 15; v. allegato n. 6).

La prova in questione appare effettivamente rilevante, e la valutazione operata dalla impugnata CTR risulta parziale, se non addirittura lacunosa, in quanto il giudice del rinvio si è limitato ad adeguarsi al principio di diritto espresso dalla Suprema Corte, senza tuttavia aver cura di dare contezza delle ragioni per cui, nonostante la documentazione versata in causa, abbia ritenuto di non accordare il preteso diritto al rimborso della ritenuta per cui è causa. Neanche ha espresso, il giudice del rinvio, le valutazioni che gli competono in merito alla idoneità probatoria del documento offerto dal ricorrente, e neppure in ordine alla tempestività della sua produzione (cfr. controric. pp. 5 e 6) per la prima volta, in sede di giudizio di rinvio.

Alla luce delle ragioni suesposte, risulta pertanto sussistente la violazione dell’invocato art. 384 c.p.c., non essendosi il giudice del rinvio conformato a quanto statuito dalla Corte di Cassazione, laddove ha ritenuto necessari ulteriori accertamenti in ordine alla sussistenza dei presupposti di fatto per la concessione del rimborso richiesto.

Il primo motivo di ricorso deve essere pertanto accolto, rimanendo assorbiti gli ulteriori, proposti in forma subordinata.

In conseguenza, nei limiti sopra indicati, il primo motivo di ricorso deve essere accolto, assorbiti i restanti.

L’impugnata sentenza deve essere cassata, con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria piemontese che, tenuto conto del principio in base al quale presupposto del rimborso dell’imposta corrisposta in Italia, conformemente all’accordo italo-olandese in materia di doppia imposizione, è la prova dell’avvenuta percezione dei dividendi e dell’assolvimento degli obblighi fiscali nel Paese firmatario di residenza del percipiente (cfr. Cass. sez. V, sent. 10.04.2000, n. 4510), procederà a nuovo giudizio uniformandosi ai principi innanzi esposti, ed accertando se la parte ricorrente abbia fornito la prova della non deducibilità delle imposte già versate in Italia, negando se del caso il diritto al rimborso.

Lo stesso Giudice provvederà pure a regolare fra le parti le spese di lite del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso proposto dalla società Bacardi – Martini B.V., assorbiti i restanti e, in relazione al motivo accolto, cassa la decisione impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale di Torino che, in diversa composizione, procederà alla rinnovazione del giudizio, nel rispetto dei principi innanzi esposti, e provvederà anche a regolare le spese di lite del presente giudizio di cassazione tra le parti.

Così deciso in Roma, il 30 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2019

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