Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2455 del 31/01/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 2455 Anno 2018
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: PICCONE VALERIA

ORDINANZA

sul ricorso 19881-2012 proposto da:
BERTACCA PAOLO C.F.

BRTPLA79M08L833X,

MANNOCCHI

MASSIMO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE
GLORIOSO 13, presso lo studio dell’avvocato LIVIO
BUSSA, che li rappresenta e difende unitamente
all’avvocato ROBERTO GIUSTI, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2017
4056

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 175, presso lo
studio dell’avvocato SERGIO CAVUOTO, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;

Data pubblicazione: 31/01/2018

- controricorrente –

avverso la sentenza n. 122/2012 della CORTE D’APPELLO
di FIRENZE, depositata il 23/02/2012 R.G.N.

1345/2010.

RG. 19881/2012

RILEVATO

che con sentenza in data 26 gennaio 2012 la Corte di Appello di Firenze in parziale
riforma della sentenza emessa dal locale Tribunale, in applicazione dell’art. 32, comma
V, della legge n. 183/2010, condannava Poste Italiane S.p.A. al pagamento, in favore
di Paolo Bertacca e Massimo Mannocchi, in luogo dell’importo risarcitorio stabilito in
primo grado, di una indennità onnicomprensiva pari a 2,5 mensilità dell’ultima
retribuzione globale di fatto per il periodo fino alla pronuncia che aveva accertato la
nullità del termine apposto ai contratti di lavoro intercorsi fra le parti, oltre alla
retribuzione per il periodo decorrente da quella data fino alla data di definitiva
cessazione del rapporto come accertata in sentenza, oltre accessori di legge;
che avverso tale sentenza Paolo Bertacca e Massimo Mannocchi hanno proposto
ricorso affidato a tre motivi, cui ha opposto difese l’intimata con controricorso;

CONSIDERATO
che con il primo motivo di ricorso Paolo Bertacca e Massimo Mannocchi denunziano
violazione e falsa applicazione dell’art. 6 della Convenzione Europea per la
salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, dell’art. 1 del
Protocollo n. 1 della Convenzione e dell’art. 32, comma 7 della legge n. 183 del 2010;
che, in particolare, i ricorrenti lamentano l’adesione della Corte d’Appello alle
motivazioni della Corte Costituzionale e ne deducono la violazione di principi generali
del diritto dell’Unione immediatamente applicabili;
che, in realtà, l’esame del corpo del ricorso non consente di individuare le norme di
diritto europeo asseritamente violate facendosi esclusivo riferimento alla normativa
CEDU ed alla decisioni della Corte di Strasburgo;
che non v’è dubbio che non solo a partire dalla richiamata sentenza Kucukdeveci
(Corte Giust. 19/01/2010, C- 555/07) ma già molto prima, a decorrere dalla
pronunzia Simmenthal (Corte Giust. 09/03/1978, causa C- 106/77), il giudice
nazionale che tenti, come doveroso, la strada dell’interpretazione conforme al diritto
dell’Unione ma infruttuosamente, sarà tenuto a disapplicare la norma interna
confliggente con quella dell’Unione;
che nel caso di specie, tuttavia, la ritenuta disapplicabilità della disposizione di cui
all’art. 32 L. n. 183 del 2010 nella parte relativa alla retroattività della disciplina, non
è condivisibile, in quanto si fonda su una norma convenzionale (l’art. 6 CEDU) che non

Camera di consiglio del 18 ottobre 2017 – n. 30 del ruolo
Presidente: Di Cerbo – Relatore: Piccone

PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna i ricorrenti al pagamento, in
favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro
4.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura
del 15% ed accessori di legge.
Così deciso nella Adunanza camerale del 18 ottobre 2017

può dirsi confluita nel diritto dell’Unione almeno fino a quando non interverrà
l’adesione dell’Unione alla CEDU;
che non conduce a conclusioni diverse il riferimento all’art. 6 comma 3 del Trattato di
Lisbona che pone i soli diritti fondamentali, garantiti, fra le altre fonti, anche dalla
Convenzione, nell’ambito dei principi generali dell’Unione;
che l’interpretazione conforme, imposta al giudice nazionale nell’applicazione del
diritto europeo, va distinta dall’interpretazione convenzionalmente orientata, che
sempre il giudice deve percorrere ma che non può in nessun caso condurre alla
disapplicazione della norma interna contrastante con il diritto CEDU, in quanto
appartenente ad un sistema diverso che impone, come chiarito a partire dalle ormai
notissime sentenze gemelle (Corte Cost. 24/10/2007, nn. 348 e 349) il passaggio
attraverso la questione di costituzionalità;
che il motivo, quindi, deve essere dichiarato inammissibile;
che anche il secondo e il terzo motivo, con cui si deducono violazione e falsa
applicazione dell’art. 8 della legge n. 604 del 1966 nonché omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, con riguardo
alla determinazione dell’indennità ex art. 32, da trattarsi congiuntamente in ragione
dell’intima connessione, vanno dichiarati inammissibili;
che, infatti, parte ricorrente mira ad ottenere una revisio prioris istantiae
relativamente alla determinazione dell’indennità che implica valutazioni di merito
inammissibili in sede di legittimità;
che, infatti, anche la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata
con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità, non il potere di
riesaminare il merito della vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma la sola
facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del gravame, al quale spetta, in via
esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e
valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le
complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a
dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (sul punto, ex plurimis, Sez. V, n.
19547/2017);
che congruamente motivato appare, sul punto della entità risarcitoria, l’iter decisorio
della Corte d’appello con il riferimento alle condizioni delle parti, che presuppone,
implicitamente, l’esame di tutti i parametri di riferimento della norma, in particolare il
numero dei dipendenti impiegati e le dimensioni dell’azienda;
che il ricorso, quindi, deve essere dichiarato inammissibile;
che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

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