Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24547 del 30/10/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 24547 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: GIACALONE GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 14523-2012 proposto da:
REATO GIOVANNI RTEGNN42R02C9570 già titolare
dell’omonima ditta, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA C.
MONTEVERDI 20, presso lo studio dell’avvocato LAIS NICOLA,
rappresentato e difeso dall’avvocato MONTOSI PIER PAOLO, giusta
delega a margine del ricorso;
– ricorrente contro
SOCIETA’ GRANDI STAZIONI SPA in persona del suo
amministratore delegato, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE
BRUNO BUOZZI 82, presso lo studio degli avvocati IANNOTTA
ANTONELLA e GREGORIO IANNOTTA, che la rappresentano e
difendono, giusta delega in calce al controricorso;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 30/10/2013

avverso la sentenza n. 762/2011 della CORTE D’APPELLO di
VENEZIA del 30.3.2011, depositata il 27/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIOVANNI
GIACALONE;

motivi del ricorso;
udito per la controricorrente l’Avvocato Antonella Iannotta che si
riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MARIO
FRESA che si riporta alla relazione scritta.

Ric. 2012 n. 14523 sez. M3 – ud. 09-10-2013
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udito per il ricorrente l’Avvocato Pier Paolo Montosi che si riporta ai

57) R. G. n. 14523/2012
IN FATTO E IN DIRITTO
Nella causa indicata in premessa. é stata depositata la seguente relazione:
“1. — La sentenza impugnata (Corte d’Appello di Venezia, 27/04/2011) ha,
per quanto qui rileva rigettato l’appello proposto da Giovanni Reato avverso
la sentenza emessa dal Tribunale di Venezia, innanzi al quale il Reato aveva

commerciale con Grandi Stazioni spa, la quale, al contrario, aveva esposto
che la risoluzione del rapporto contrattuale intercorso tra la Co.Ve.S. (che
aveva avuto in gestione talune rivendite di giornali, tra cui quella in causa,
all’interno delle principali stazioni italiane) e Ferrovie dello Stato, accertata
con sentenza del Tribunale di Roma, a seguito del fallimento della prima,
aveva travolto qualsiasi titolo negoziale riferibile al Reato, così da
qualificare la sua occupazione senza titolo. La Corte d’Appello di Venezia
riteneva che, pur non necessitando la forma scritta per la conclusione di un
contratto di locazione avente ad oggetto un immobile ad uso non abitativo,
non risultava provata la conclusione per facta concludentia del contratto,
così mancando un valido titolo costitutivo del rapporto e qualificando
l’occupazione del Reato sine titulo.
2. — Ricorre per Cassazione il Reato con un articolato motivo di ricorso;
resiste con controricorso Grandi Stazioni spa. Il ricorrente lamenta:
2.1 — Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360, n. 5 c.p.c.;
Violazione e falsa applicazione degli artt. 1591 c.c. e 2043 c.c. in relazione
all’art. 360 c.p.c. n. 3, per avere la Corte Territoriale applicato la fattispecie
in esame in mancanza dei suoi presupposti, consistenti nella qualifica di
conduttore e di soggetto in mora nel restituire la cosa del Reato. In
particolare, l’odierno ricorrente sostiene di aver cominciato a detenere
l’edicola in forza del contratto di affitto di azienda, stipulato con l’allora
cessionaria di FF.SS., Coves S.c.r.1., e che tale rapporto, intervenuto il
fallimento della Coves, si sarebbe sciolto e in forza di scrittura privata,
Ferrovie dello Stato avrebbe ottenuto la formale riconsegna dei locali da
parte di Coves, così escludendo la possibilità di qualificare il Reato come
3

chiesto l’accertamento dell’esistenza di un rapporto di locazione

conduttore. Inoltre, Grandi Stazioni non avrebbe chiesto al Reato la
restituzione del locale, con conseguente mancanza della mora a restituire la
cosa e, a fronte di una occupazione protrattasi per anni a seguito della mera
tolleranza dell’avente diritto, non sussisterebbe il presupposto per una
richiesta di risarcimento del danno. Pertanto, l’accertamento dell’inesistenza
di un titolo giuridico che giustifichi l’occupazione dell’edicola da parte della
ditta Reato Giovanni, doveva comportare una decisione opposta a quella

3. — Il ricorso è manifestamente privo di pregio, in quanto implica
accertamenti di fatto e valutazioni di merito. In particolare, l’odierno
ricorrente ripropone un’inammissibile “diversa lettura” delle risultanze
probatorie, senza tenere conto del consolidato orientamento di questa S.C.
secondo cui, quanto alla valutazione delle prove adottata dai giudici di
merito, il sindacato di legittimità non può investire il risultato ricostruttivo
in sé é, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di
merito, (Cass. n. 12690/10, in motivazione; n. 5797/05; 15693/04). Del
resto, i vizi motivazionali denunciabili in Cassazione non possono
consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal
giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a
detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le
prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze
istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare
prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente
previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova (Cass. n.
6064/08; nonché Cass. n. 26886 /08 e 21062/09, in motivazione).
Nel caso di specie, invero, la Corte d’Appello, con congrua e corretta
motivazione, ha ritenuto non provata la conclusione per facta concludentia
del contratto, atteso che non solo non risultavano elementi univoci che
attestanti il perfezionamento della fattispecie negoziale, ma risultava anzi
una contraria, espressa manifestazione di volontà; conseguentemente, il
Reato doveva considerarsi occupante senza titolo dell’immobile ed il
pregiudizio risentito dalla Grandi Stazioni, titolare del bene, ben poteva
essere determinato nel valore locativo dell’immobile.
4. – Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai
sensi degli artt. 375, 376, 380 bis c.p.c. ed il rigetto dello stesso.”
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adottata dalla Corte d’Appello.

La relazione é stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai
difensori delle parti costituite.
La parte controricorrente ha presentato memoria insistendo per il rigetto del
ricorso.
Ritenuto che:
a seguito della discussione sul ricorso in camera di consiglio, il collegio ha

che il ricorso deve perciò essere rigettato essendo manifestamente
infondato;
le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo;
visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio, che liquida in Euro 3200,00, di cui Euro 3000,00 per
compensi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2013
Il Presidente

condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

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