Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24546 del 30/10/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 24546 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: TRICOMI IRENE

ORDINANZA
sul ricorso 19992-2012 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE 80078750587
in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI,
CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, giusta procura speciale in calce
al ricorso;

– ricorrente contro
FONTANA GIUSEPPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALADIER 53,
presso lo studio degli avvocati ALLEGRA ROBERTO e DE BENEDICTIS ALDO,
che la rappresentano e difendono unitamente all’avv. ANGET,INI ANTONIO, giusta
procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 30/10/2013

avverso la sentenza n. 151/2011 della CORTE D’APPELLO di LECCE – Sezione
Distaccata di TARANTO del 9.3.2011, depositata 11 07/09/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/10/2013 dal
Consigliere Relatore Dott. IRENE TRICOMI;
udito per il ricorrente l’Avvocato Emanuela Capannolo che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. GIULIO ROMANO che si

riporta alla relazione scritta.

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FATTO E DIRITTO
Atteso che e’ stata depositata relazione del seguente contenuto.
«Il consigliere relatore osserva quanto segue.
La Corte d’Appello di Lecce con la sentenza n. 151 del 2011 rigettava
l’impugnazione proposta dall’INPS nei confronti di Fontana Giuseppa avverso
la sentenza del Tribunale di Taranto che aveva accolto la domanda proposta
dalla parte privata dichiarandone il diritto alla trasformazione della pensione di
invalidità in pensione di vecchiaia, con decorrenza dal primo giorno del mese
successivo a quello di perfezionamento dei relativi requisiti.
Per la cassazione della suddetta sentenza ricorre L’INPS prospettando
due motivi di ricorso.
L’intimato non ha svolto difese.
Il primo motivo di ricorso, denunciando la violazione degli artt. 1, comma 10,
della legge n. 222 del 1984, dell’art. 8 del dl n. 463 del 1983, conv. nella legge n.
638 del 1983, nonché dell’art. 60 del rdl n. 1827 del 1935, dell’art. 9 del rdl n. 639
del 1939, dell’art. 2 della legge n. 218 del 1952, degli artt. 1, 2, 5 e 6 del d.lgs. n. 503
del 1992, nonché vizio di motivazione, censura la parte della motivazione in cui si è
osservato che, in sede di trasformazione del titolo della pensione, rimane salvo il
trattamento previdenziale più favorevole in godimento.
Il secondo motivo di ricorso, nel dedurre la violazione delle medesime
disposizioni, nonché vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata in quanto
il diritto alla trasformazione non si realizza automaticamente al perfezionarsi dei
requisiti per la pensione di vecchiaia, ma solo a seguito di specifica domanda
presentata dall’interessato.
È opportuno, in via preliminare, richiamare i principi enunciati da questa
Corte in materia.
La trasformazione della pensione d’invalidità in pensione di vecchiaia al
compimento dell’età pensionabile è possibile ove di tale ultima pensione sussistano i
requisiti propri anagrafico e contributivo, non potendo essere utilizzato, ai fini di
incrementare l’anzianità contributiva, il periodo di godimento della pensione
d’invalidità. Infatti, deve escludersi la possibilità di applicare alla pensione
d’invalidità la diversa regola prevista dall’art. 1, comma 10, della legge n. 222 del
1984 in riferimento all’assegno d’invalidità – secondo cui i periodi di godimento di
detto assegno nei quali non sia stata prestata attività lavorativa si considerano utili ai
fini del diritto alla pensione di vecchiaia – giacché ostano a siffatta operazione
ermeneutica la mancanza di ogni previsione, nella normativa sulla pensione
d’invalidità, della utilizzazione del periodo di godimento ai fini dell’incremento
dell’anzianità contributiva, il carattere eccezionale delle previsioni che
nell’ordinamento previdenziale attribuiscono il medesimo incremento in mancanza di
prestazione di attività lavorativa e di versamento di contributi, nonché le differenze
esistenti tra la disciplina sulla pensione d’invalidità e quella sull’assegno d’invalidità,
laddove quest’ultimo, segnatamente, è sottoposto a condizioni più rigorose, anche e
soprattutto rispetto al trattamento dei superstiti (ord., n. 29015 del 2011).
La conversione della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia non opera
automaticamente al compimento dei requisiti anagrafici e contributivi previsti per
quest’ultima prestazione, essendo necessario che l’interessato presenti domanda di
trasformazione. Ne consegue che, ove l’interessato abbia presentato istanza per la
conversione del trattamento previdenziale, la pensione di vecchiaia decorrerà dal
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primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della istanza medesima
(Cass., n. 24772 del 2009)
La trasformazione della pensione di invalidità acquisita nella vigenza del
regime di cui all’art. 10 del r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636, in pensione di vecchiaia è
consentita solo se sussistono i requisiti assicurativi e contributivi propri di
quest’ultima prestazione – non essendo utilizzabili a tal fine, figurativamente, i
periodi di fruizione della pensione di invalidità senza svolgimento di attività
lavorativa – ed opera come effetto di una specifica opzione dell’assicurato; ne
consegue che il diritto alla conversione decorre dal primo giorno del mese successivo
a quello di presentazione della relativa domanda amministrativa e non dà titolo alla
conservazione del più favorevole trattamento economico eventualmente in
godimento, essendo ricollegata la trasformazione del titolo alla libera scelta
dell’assicurato e non ad automatismi che possano giustificare l’irriducibilità del
trattamento (Cass., n. 3855 del 2011).
Tanto premesso, osserva il relatore che il primo motivo di ricorso è
manifestamente infondato e deve essere rigettato.
Ed infatti, la sussistenza dell’interesse ad agire dell’assicurato non è riferita
dalla Corte d’Appello al rimanere salvo il trattamento previdenziale più favorevole
in godimento, affermazione che contrasterebbe con la giurisprudenza sopra
richiamata (cfr., altresì Cass., n.17492 del 2010), ma al diverso profilo della
irreversibilità della pensione di vecchiaia e alla variabilità o revocabilità di quella di
invalidità.
Il secondo motivo di impugnazione è manifestamente fondato e deve essere
accolto.
Ed infatti, la necessità della domanda amministrativa si riverbera sulla
decorrenza. Come già sopra si è posto in evidenza, la conversione della pensione di
invalidità in pensione di vecchiaia non opera automaticamente al compimento dei
requisiti anagrafici e contributivi previsti per quest’ultima prestazione, essendo
necessario che l’interessato presenti domanda di trasformazione. Ne consegue che,
ove l’interessato abbia presentato istanza per la conversione del trattamento
previdenziale, la pensione di vecchiaia decorrerà dal primo giorno del mese
successivo a quello di presentazione della istanza medesima (citata Cass., n. 24772
del 2009).
Il ricorso deve essere accolto con riguardo al secondo motivo di ricorso,
rigettato il primo».
Il Collegio condivide in parte la relazione.
Con il primo motivo di ricorso è devoluta alla cognizione della Corte, altresì,
la questione se nel caso di trasformazione della pensione di invalidità ante lege n.
222/84 in pensione di vecchiaia, l’importo di vecchiaia possa essere inferiore a
quello della pensione di invalidità in godimento, e l’assicurato non abbia diritto alla
conservazione del trattamento di maggiore importo.
La statuizione della Corte d’Appello, nel ritenere la sussistenza dell’interesse
ad agire anche nel caso in cui le due prestazioni non si differenzino impinge, invero,
la questione su cui verte il primo motivo di ricorso.
Sul punto questa Corte ha già avuto modo di affermare che la conservazione è
valida solo nel regime della trasformazione della prestazione da assegno ordinario di
invalidità (1. n. 222/84, art. 1, comma 1 e segg.), in pensione di vecchiaia (Cass.,
ord. n. 17492 del 2010).
La Corte, ritenuti fondati entrambi i motivi di impugnazione, accoglie il
ricorso.
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Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente giudizio
alla Corte d’Appello di Lecce.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le
spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Lecce.
Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2013

Il Presidente

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