Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24543 del 02/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 02/10/2019, (ud. 02/07/2019, dep. 02/10/2019), n.24543

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. D’OVIDIO Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2593-2017 proposto da:

AVIP ITALIA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA CICERONE 49, presso lo studio

dell’avvocato ADRIANO TORTORA, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati FEDERICO ALESSANDRO FRIGNANI, FRANCESCO

FUSCO, giusta procura in calce;

– ricorrente –

contro

ICA SRL, in persona dell’amministratore e legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE TIZIANO 110, presso

lo studio dell’avvocato SIMONE TABLO’, rappresentata e difesa

dall’avvocato ALESSANDRO CARDOSI, giusta procura a margine;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI VARESE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4550/2016 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 08/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/07/2019 dal Consigliere Dott. RITA RUSSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

TOMMASO BASILE che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi per il ricorrente gli Avvocati FRIGNANI e FUSCO che si

riportano agli scritti;

udito per il controricorrente l’Avvocato CARDOSI che si riporta agli

scritti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- LA AVIP ITALIA s.r.l. impugna l’avviso di accertamento emesso dal Comune di (OMISSIS) per mezzo della concessionaria ICA s.r.l. relativo al pagamento di impianti pubblicitari con spazio libero (c.d. spazi vuoti).

2.- Il ricorso è stato rigettato sia in primo che in secondo grado. La CTR della Lombardia con sentenza depositata in data 8 settembre 2016 ha ritenuto che, una volta ottenuta l’autorizzazione amministrativa per l’esposizione a fini pubblicitari, l’imposta deve essere pagata indipendentemente dal fatto che gli spazi pubblicitari vengano utilizzati o meno.

3. La società AVIP ricorre avverso la predetta sentenza affidandosi a due motivi. Non svolge attività difensiva il Comune. Si costituisce l’ICA con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- Con il primo motivo ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 5. La ricorrente deduce che dalla norma in questione si trae la regola che la presenza del mezzo, e cioè l’impianto, non è di per sè oggetto d’imposizione tributaria ed è cosa diversa dalla diffusione pubblicitaria la quale è invece oggetto della imposizione tributaria. Con il secondo motivo del ricorso si lamenta sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la violazione dell’art. 12 preleggi, in quanto alla norma non può attribuirsi altro significato che quello letterale e nella fattispecie il giudice d’appello avrebbe interpretato l’art. 5 citato, in senso diverso dal suo significato letterale.

4.1.- I due motivi possono trattarsi congiuntamente. Sono entrambi infondati.

La parte propone una lettura fuorviante del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 5, soltanto apparentemente conforme al suo significato letterale. Ogni norma deve peraltro essere letta in armonia con la 2593/2017 R.G.N. compagine normativa cui appartiene oltre che in conformità ai principi generali dell’ordinamento e ai principi costituzionali. E’ vero che il D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 5, comma 1, afferma che “La diffusione di messaggi pubblicitari… è soggetta all’imposta…” sulla pubblicità, ma si deve tener conto che: in primo luogo l’art. 5, è solo una norma integrativa dell’oggetto del tributo rispetto a quello della pubblicità tramite impianti di affissione; – quando l’art. 7, regola la quantità del contenuto dell’imposta, assume come parametro per la sua determinazione la “superficie minima della figura geometrica in cui è circoscritto il mezzo pubblicitario indipendentemente dal numero dei messaggi in esso contenuti”, e tra i numeri figura anche lo zero, che corrisponde alla mancata utilizzazione dell’impianto; – il D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 8, prescrive che nella dichiarazione del contribuente è riservato un ruolo rilevante alla superficie esposta del mezzo pubblicitario che si intende utilizzare (comma 2); il D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 6, comma 1, prevede che “Soggetto passivo dell’imposta sulla pubblicità… è colui che dispone del mezzo attraverso il quale il messaggio pubblicitario viene diffuso”; – infine, l’art. 12, si limita a disciplinare l’applicazione delle tariffe in relazione alle diverse fattispecie.

Se si tiene conto di tutte queste disposizioni normative, si deve ritenere che, nonostante la formula letteraria adottata dal D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 5, comma 1, oggetto del tributo è “il mezzo disponibile” e non “il mezzo disponibile effettivamente utilizzato per la diffusione di messaggi pubblicitari”, e, tanto meno, perciò, che oggetto del tributo sia l’attività di diffusione di tali messaggi (cfr. Cass. 109/2005; Cass.23007/2009; Cass. n. 5039/2015; Cass. 6446/2004). In altri termini, presupposto dell’imposta di pubblicità non è la concreta utilizzazione del mezzo attraverso il quale il messaggio pubblicitario viene diffuso, bensì la disponibilità del mezzo medesimo da parte – anche a mezzo concessione – destinato al potenziale uso pubblicitario (in questi termini, Cass. n. 20873/2007; Cass. 12783/2018; Cass. 5973/2016).

Il giudice d’appello si è attenuto a questi principi, da considerarsi ormai consolidati nella giurisprudenza della Corte. Ne consegue il rigetto del ricorso.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in favore della società di riscossione, costituita. Nulla sulle spese per il Comune in assenza di attività difensiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente alle spese in favore di ICA S.R.L. che liqua in Euro 2.900,00 e accessori di legge, oltre spese forfetarie.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 2 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2019

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