Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24541 del 02/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 02/10/2019, (ud. 02/07/2019, dep. 02/10/2019), n.24541

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. D’OVIDIO Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21115-2014 proposto da:

ASSOCIAZIONE COOPERATIVA MURATORI & AFFINI RAVENNA ACMAR SOC.

COOP PA, in persona del Presidente legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA SANT’ANDREA DELLA

VALLE 6, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO GARUTTI, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati MIRCA TOGNACCI,

ROBERTO FARISELLI, giusta procura a margine;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA CENTRO SPA, in persona del responsabile del contenzioso

esattoriale, elettivamente domiciliata in ROMA VIA CAIO MARIO 7,

presso lo studio dell’avvocato MARIA TERESA BARBANTINI,

rappresentata e difesa dall’avvocato FIORENZA SOLAINI, giusta

procura in calce;

COMUNE MILANO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA LUNGOTEVERE MARZIO 3, presso lo studio

dell’avvocato RAFFAELE IZZO, rappresentato e difeso dagli avvocati

ANNA MARIA PAVIN, ANTONELLO MANDARANO, RUGGERO MERONI, IRMA

MARINELLI, giusta procura in calce;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2000/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 29/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/07/2019 dal Consigliere Dott. RITA RUSSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

TOMMASO BASILE che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato GARUTTI che si riporta agli

scritti;

udito per Equitalia Centro Spa l’Avvocato FEDELI BARBANTINI per

delega dell’Avvocato SOLAINI che si riporta agli scritti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- L’Associazione Cooperativa Muratori & Affini (ACMAR), ricorre avverso la richiesta del Comune di Milano di pagamento del COSAP per il periodo (2001/2003) in cui la ACMAR è stata autorizzata ad occupare il suolo pubblico, con una recinzione di sicurezza ed una gru, al fine di provvedere, in esecuzione di regolare contratto di appalto, alla ristrutturazione di un edificio comunale.

2.- Il ricorso della contribuente è stato rigettato in primo grado. La cooperativa ha proposto appello e la Corte d’appello di Milano, con sentenza del 29 maggio 2014, lo ha respinto, dichiarando altresì il difetto di legittimazione passiva di Equitalia e condannando la società cooperativa alle spese del giudizio in favore del Comune e di Equitalia.

3.- Avverso la predetta sentenza ricorre per cassazione la società affidandosi a due motivi. Resistono Equitalia e il Comune di Milano con separati controricorsi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 63, e art. 12 preleggi. La Corte d’appello ha respinto l’impugnazione della società argomentando che il canone OSAP si differenzia ontologicamente dalla COSAP e che il Regolamento del Comune di Milano ha ragionevolmente disciplinato, in conformità a quanto previsto dall’art. 63 citato, le ipotesi di esenzione dal pagamento del canone, tra le quali non rientra il caso di specie. La società ritiene che il Regolamento comunale, nella parte in cui non è prevista esenzione per il caso di specie, dovrebbe disapplicarsi perchè il COSAP ha funzione sostituiva della TOSAP e quindi i Comuni non possono pretendere il COSAP nei casi in cui la TOSAP non era dovuta.

Secondo la società ricorrente il giudice d’appello non avrebbe interpretato correttamente il testo del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 63, secondo il suo significato letterale. Poichè la norma prevede che i Comuni possono pretendere il canone OSAP “in sostituzione” della TOSAP, la legittima pretesa sarebbe circoscritta alle stesse ipotesi in cui si poteva pretendere, in precedenza, la TOSAP; la facoltà regolamentare dei Comuni non può eccedere tale limite, dovendo in caso contrario disapplicarsi il Regolamento.

4.1- Il motivo è infondato. Il Regolamento Comunale può essere disapplicato quando eccede i limiti di legge, (ex multis: Cass. 18108/2016) ma il presupposto di legge del canone OSAP appare qui rispettato, posto che esso si individua nella occupazione di un suolo pubblico che in questo caso senz’altro sussiste. TOSAP e COSAP, sebbene il secondo abbia sostituito la prima, per giurisprudenza pacifica hanno natura diversa perchè la prima è un tributo e la seconda è un corrispettivo per l’occupazione di spazi (Cass. s.u. n. 61/2016; v. anche n. 12167/2003) che trova la sua compiuta ed autonoma disciplina nel Regolamento adottato dal Comune (D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 53). Ai sensi del Reg., comma 2, lett. e), può prevedere “speciali agevolazioni” ma non deve necessariamente recepire ogni precedente causa di esenzione dalla TOSAP. Il COSAP è infatti il corrispettivo di una concessione, reale o presunta (nel caso di occupazione abusiva), dell’uso esclusivo o speciale di beni pubblici (Cass. n. 1435/2018) e quindi è una prestazione caratterizzata dalla sinallagmaticità, mentre la TOSAP è una tassa, che trova la sua giustificazione nell’espressione di capacità contributiva rappresentata dal godimento di tipo esclusivo di spazi ed aree altrimenti compresi nel sistema della viabilità pubblica (Cass. n. 6666/1998; 21215/ 2004, n. 3872/2010).

4.2.- Nel caso in esame l’impresa ha utilizzato il suolo pubblico per un uso specifico e cioè per adempiere al contratto di appalto.

Vi è invero la peculiarità che il contratto di appalto non è stato,stipulato con un privato ma con lo stesso ente legittimato attivo a pretendere il COSAP. E in effetti il Regolamento comunale di ‘Milano in caso di occupazione di suolo in esecuzione di contratto di appalto prevede specifiche ipotesi di esenzione dal COSAP e tra queste anche il fatto che si evidenzino speciali esigenze tecniche che comportano variazione delle superfici da occupare in esecuzione di un appalto. Non evidenziate queste esigenze tecniche, il costo della occupazione resta a carico della impresa. Il Regolamento appare pertanto non solo conforme a legge ma anche, come rileva il giudice di secondo grado, ma anche improntato a criteri di ragionevolezza perchè esso prevede in via generale ed astratta diverse ipotesi di esenzione del COSAP e tra queste quelle legate alle esigenze di esecuzione contratti di appalto, che però devono esser vagliate in concreto e caso per caso autorizzate dalla Giunta. La circostanza che nel caso concreto questa procedura per ottenere la esenzione non sia stata attivata, non incide sulla legittimità della pretesa da parte del Comune, anzi la rafforza.

5.- Con il secondo motivo di ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 342 e 91 c.p.c.. La società

cooperativa lamenta che la Corte abbia dichiarato il difetto di legittimazione passiva di Equitalia, pur se Equitalia non ha svolto, appello incidentale sul punto limitandosi a riproporre l’eccezione di difetto di legittimazione, sulla quale già il giudice di primo grado si era pronunciato respingendola. La eccezione di Equitalia avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile ed essa società non avrebbe dovuto di conseguenza essere condannata alle spese in favore della società di riscossione. La contribuente osserva inoltre di non avere avanzato domande di merito direttamente nei confronti di Equitalia quindi non vi è alcuna soccombenza nei suoi confronti.

Il motivo è infondato.

L’ACMAR ha chiamato in giudizio Equitalia al fine di rendere efficace nei suoi confronti la chiesta pronuncia sulla non debenza del canone ed Equitalia ha partecipato al giudizio, costituendosi difesa – quantomeno in secondo grado – da un avvocato del libero Foro: sussistono quindi i presupposti per la condanna alle spese ex art. 91 c.p.c., data la soccombenza sulla domanda svolta dalla parte. Inoltre la legittimazione processuale passiva, di cui si è occupata la Corte d’appello, è questione può essere esaminata anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio attenendo alla verifica della regolarità processuale del contraddittorio (Cass. n. 17525/2003; Cass. 943/2017; Cass. 7776/2017).

Ne consegue il rigetto del ricorso, e la condanna della società ricorrente alle spese di lite nei confronti di entrambi i controricorrenti.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida: in favore del Comune, in Euro 2.800,00, oltre accessori di legge e spese forfetarie, in favore di Equitalia in Euro 3.700,00, oltre accessori di legge e spese forfetarie.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2019

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