Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24540 del 30/10/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 24540 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: DE CHIARA CARLO

ORDINANZA
sul ricorso 15580-2011 proposto da:
FUSER SONIA(FSRSN068L90E373T) elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo studio dell’avvocato
CICCO *1-11 SIMONE, rappresentata e difesa dall’avvocato FADALTI
LUIGI, giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente contro
VIMOS SPA,
BANCA POPOLARE DI VICENZA SCPA;
– intimate avverso la sentenza n. 51/2011 della CORTE D’APPELLO di
VENEZIA del 21.4.2011, depositata il 02/05/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/05/2013 dal Consigliere Relatore Dott. CARLO DE CHIARA.

Data pubblicazione: 30/10/2013

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO
PATRONE che si riporta alla relazione scritta.
PREMESSO
1. — Il Tribunale di Venezia dichiarò, con sentenza del 24
settembre 2010, il fallimento della Geos. Imp. Exp. s.r.l. su istanze

La sig.ra Sonia Fuser, soda della società fallita, propose reclamo
con cui dedusse la nullità della notifica delle istanze di fallimento e del
decreto di convocazione al liquidatore della società sig. Santo
Garofalo, rilevando l’illegittimità dell’adozione delle modalità di cui
all’art. 143 c.p.c., dato che i precedenti tentativi di notifica al predetto —
dopo che avevano dato esito negativo quelli effettuati presso la sede
legale e l’unità locale della società — erano avvenuti presso l’ultima sua
residenza in comune di Scordia, nonostante egli fosse emigrato in
Marocco.
2. — La Corte d’appello di Venezia ha rigettato il reclamo.
Premesso che, risultando la società cancellata dal registro delle
imprese fin dal 15 marzo 2010 per chiusura della liquidazione, la
convocazione non poteva che essere notificata al liquidatore, la Corte
ha osservato che la notifica a quest’ultimo era stata tentata il 31 maggio
e il 9 agosto 2010 presso la sua residenza in Scordia, risultante da
certificati anagrafici aggiornati al 3 agosto 2010.
Richiamata, quindi, la disciplina di cui all’art. 7 d.P.R. 6
settembre 1989, n. 323 (regolamento per l’esecuzione della 1. 27
ottobre 1988, n. 470, sull’anagrafe e il censimento degli italiani
all’estero), secondo cui gli effetti della dichiarazione del trasferimento
della residenza fatta al competente ufficio consolare dal cittadino
italiano trasferitosi all’estero decorrono dalla data della ricezione di tale
dichiarazione da parte dell’ufficiale di anagrafe del comune di
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delle creditrici Vimos s.p.a. e Banca Popolare di Vicenza s.c.p.a.

provenienza, qualora non sia stata già resa dichiarazione di
trasferimento di residenza all’estero presso il comune di ultima
residenza in Italia — disciplina del resto corrispondente a quella di cui
agli artt. 44 c.c. e 31 disp. att. c.c. sul requisito della doppia
dichiarazione, presso il comune di provenienza e quello di

di residenza effettuato all’interno del territorio nazionale — la Corte ha
sottolineato che il Garofalo aveva appunto reso la dichiarazione solo al
Consolato italiano di Casablanca e non anche al Comune di Scordia, il
quale solo in data successiva ai tentativi di notifica predetti era stato
informato del trasferimento dal Consolato e aveva iscritto il Garofalo
con decorrenza dal 28 ottobre 2010. La notifica ai sensi dell’art. 143
c.p.c. eseguita il 10 agosto 2010 era pertanto del tutto legittima.
3. — La sig.ra Fuser ha proposto ricorso per cassazione
articolando due motivi di censura, cui nessuna delle parti intimate ha
resistito.
Con relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. il Consigliere
relatore ha proposto il rigetto del ricorso. La relazione è stata
ritualmente comunicata al P.M. e notificata all’avvocato della
ricorrente. Non sono state presentate conclusioni o memorie.
CONSIDERATO
4. — Va preliminarmente rilevata l’omissione della notifica del
ricorso per cassazione la curatore del fallimento.
La circostanza che il fallimento risulti già chiuso non esclude la
persistente legittimazione passiva necessaria del curatore nel giudizio
conseguente al reclamo avverso la sentenza dichiarativa del fallimento
stesso (Cass. 20000/2005, 2908/1968, pronunciate nel previgente
regime dell’opposizione alla dichiarazione di fallimento, che tuttavia

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destinazione, ai fini dell’opponibilità ai terzi di buona fede del cambio

non si differenzia, sotto il profilo che qui rileva, dall’attuale regime del
reclamo).
Occorrerebbe, pertanto, procedere all’integrazione del
contraddittorio nei confronti del curatore. Tuttavia è anche vero che
questa Corte a sezioni unite ha ritenuto che il rispetto del principio di

ragione d’inammissibilità del ricorso per cassazione, di definire con
immediatezza il procedimento senza la preventiva integrazione del
contraddittorio nei confronti di litisconsorti necessari cui il ricorso non
risulti notificato, trattandosi di un’attività processuale del tutto
ininfluente sull’esito del giudizio (ordinanza n. 6826 del 2010). Tale
regola si presta ad essere estesa anche ai casi di manifesta infondatezza
del ricorso, quantomeno allorché — come nel caso in esame — la
posizione processuale del litisconsorte necessario pretermesso sia
contrapposta a quella della parte ricorrente.
Può pertanto passarsi all’esame dei motivi di ricorso.
5. – Con il primo motivo si rinnova la denuncia di illegittimità
del ricorso alle modalità di notificazione previste dall’art. 143 c.p.c.
richiamando Cass. 21916/2006, con cui si è affermato non essere
necessaria la doppia dichiarazione dell’interessato, al comune di
partenza e a quello di destinazione, del trasferimento di residenza
nell’ambito del territorio nazionale, essendo sufficiente la sola
dichiarazione all’ufficiale di anagrafe del comune di destinazione, che
ha l’obbligo di trasmetterla d’ufficio al comune di partenza per la
corrispondente cancellazione.
6. — Con il secondo motivo, denunciando violazione dell’art.
2495 c.c., si lamenta che la Corte d’appello abbia ritenuto corretta la
notifica al liquidatore nonostante la società fosse già estinta per

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ragionevole durata del processo impone, in presenza di un’evidente

cancellazione dal registro delle imprese e, dunque, legittimati a stare in
giudizio, quali suoi successori, fossero i soci.
7. — Il secondo motivo, che ha carattere pregiudiziale e dunque
va esaminato con priorità, è infondato.
Pur implicando la cancellazione dal registro delle imprese

dichiarata fallita entro il termine di un anno da tale evento, e il relativo
procedimento non può svolgersi che in contraddittorio con il
liquidatore (Cass. 22547/2010), quale legale rappresentante dell’ente
esposto alla dichiarazione di fallimento, i cui poteri rappresentativi
permangono in relazione al permanere di tale eventualità, mentre l’art.
2495 c.c., invocato dalla ricorrente, prevede la responsabilità dei soci
per le obbligazioni sociali residuate alla liquidazione, ma non investe
certo i medesimi della rappresentanza della società estinta, né li espone
all2 dichiarazione di fallimento.
8. — Anche il primo motivo di ricorso è infondato, in
considerazione del chiaro disposto dell’art. 7 d.P.R. n. 323 del 1989,
cit., secondo cui: “Gli effetti della dichiarazione resa all’ufficio
consolare […] hanno decorrenza dalla data di ricezione della stessa da
parte dell’ufficiale di anagrafe, qualora non sia stata già resa la
dichiarazione di trasferimento di residenza all’estero presso il comune
di ultima residenza, a norma della vigente legislazione anagrafica”.
Né può in contrario invocarsi Cass. 21916/2006, sia perché si riferisce
ai trasferimenti di residenza interni al territorio nazionale, sia —
soprattutto — perché, pur escludendo la necessità di una doppia
dichiarazione a cura dell’interessato essendo sufficiente anche la sola
dichiarazione al comune di destinazione che ha poi l’obbligo di
comunicare la variazione al comune di partenza, non afferma affatto
che l’opponibilità del trasferimento ai terzi di buona fede si verifica alla
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l’estinzione della società, nondimeno quest’ultima può ancora essere

data della predetta dichiarazione e non a quella in cui giunge al comune
di partenza la comunicazione d’ufficio del comune che l’ha ricevuta:
infatti anche tale comunicazione si era perfezionata alla data rilevante
in quella fattispecie (ossia la data della domanda giudiziale, rilevando la
residenza ai fini della competenza territoriale).

In mancanza di attività difensiva della parte intimata non
occorre provvedere sulle spese processuali.
P. Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma nella camera e consiglio del 7 maggio 2013
Il Presidente

9. — Il ricorso va in conclusione respinto.

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