Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24540 del 04/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/11/2020, (ud. 20/02/2020, dep. 04/11/2020), n.24540

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

Dott. VECCHIO Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16002-2018 proposto da:

ISTITUTO AUTONOMO CASE POPOLARI PROVINCIA CASERTA IACP, in persona

del legale rappresentante pro tempore, con domicilio eletto in ROMA

PIAZZA CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’Avvocato NUNZIANTE CESARO CARLO, giusta

procura in calce;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MARCIANISE, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEL CORSO 433/D, presso lo

studio dell’avvocato SPINAPOLICE GIOVANNI, rappresentato e difeso

dall’avvocato SEBASTIANO DE FEUDIS, giusta procura in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9466/2017 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 09/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/02/2020 dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SALZANO FRANCESCO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato SARDELLA per delega dell’Avvocato

NUNZIANTE che si riporta agli scritti; udito per il controricorrente

l’Avvocato SGOBBO per delega dell’Avvocato DE FEUDIS che si riporta

agli scritti.

 

Fatto

1. – La Commissione tributaria regionale della Campania con sentenza n. 9499/17 del 20 ottobre 2017, pubblicata il 9 novembre 2017, ha confermato la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Caserta n. 5007/2016 di rigetto del ricorso proposto dall’Istituto autonomo per le case popolari di quella provincia (di seguito semplicemente indicato: Istituto), nei confronti del Comune di Marcianise, avverso l’avviso di accertamento recante il complessivo importo di Euro 175.334,82 a titolo imposta municipale unica (IMU), dovuta per l’anno 2012, sanzioni, interessi e accessori pertinenti.

2. – L’istituto contribuente, mediante atto del 9 maggio 2018, ha proposto ricorso per cassazione.

3. – L’Ente impositore ha resistito mediante controricorso del 6 giugno 2018.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – La Commissione regionale tributaria – per quanto serba rilievo nella sede del presente scrutinio di legittimità – ha motivato la conferma della sentenza appellata nei termini seguenti.

1.1 – Il primo motivo di gravame circa la non debenza del ri-buto in regione dell’importo pari alla quota riservata allo Stato è infondato.

Esattamente la Commissione tributaria provinciale ha reputato che la disposizione del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, comma 10 (rectius: comma 11), cit., comporta la devoluzione al favore del comune dell’intero gettito del tributo, senza la decurtazione della quota riservata allo Stato, e non già la riduzione, per il contribuente, della imposta in ragione della metà.

Il tal senso si è, peraltro, espresso il Ministero della economia e delle finanze con responso n. 12507 del 15 giugno 2012.

Si tratta, per vero, di imposta ” municipale ” e il riferimento normativo alla ” quota ” erariale denota la considerazione unitaria del tributo, colla conseguenza che l’esclusione della quota per lo Stato, rende l’ente locale ” unico percettore della intera imposta “.

Conforta la conclusione la interpretazione sistematica del ridetto art. 13, là dove al comma 9 conferisce al comune la potestà di ridurre, a favore dei soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società (quale è l’odierno Istituto appellante), l’aliquota allo 0,4%. La disposizione contraddice la tesi del contribuente ” che ritiene dovuta l’aliquota dello 0,38%”.

1.2 – Deve essere disattesa la censura proposta col terzo motivo di gravame in ordine alla eccezione di illegittimità costituzionale della disposizione di cui al D.L. 6 dicembre 2011, n. 201l, art. 13, comma 2, lett. b), cit., introdotta dalla L. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 707.

Come esattamente rilevato dalla Commissione tributaria provinciale la questione è irrilevante in quanto concerne norma, successivamente entrata in vigore, rispetto all’anno di imposta, e, pertanto, non applicabile ratione temporis in relazione al presente giudizio.

1.3 – Deve essere disatteso anche il quinto motivo di appello, col quale l’Istituto si duole della irrogazione della sanzione.

Non ricorre nella specie la ipotesi di non punibilità prevista dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6, comma 2.

Il quadro normativo non presenta ” oscurità ” che lo rendano oggettivamente incerto; nè contrasti giurisprudenziali in materia rendono incolpevole la condotta del contribuente, per avervi fatto affidamento.

2. – L’Istituto ricorrente sviluppa due motivi di ricorso.

2.1 – Con il primo denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione al D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, commi 6, 7, 10 e 11, convertito in legge con modificazioni dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214.

Dalla lettura sistematica del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, commi 10 e 11, cit., si desume che “per gli allogi IACP (…) il Comune non è legittimato a richiedere la quota prevista ” a favore dello Stato, in quanto, essendo gli “alloggi IACP” equiparati, ai fini della detrazione, alla abitazione principale, resta esclusa la quota statale del tributo pari alla metà dell’aliquota di base.

La interpretazione della Commissione tributaria regionale è arbitraria in quanto contrasta ” colla lettura teleologicamente orientata a favore degli alloggi degli Istituti Autonomi ” per i quali la successiva L. 27 dicembre 2013, n. 147, ha accordato la esenzione relativamente agli immobili ” classificabili quali alloggi sociali ai sensi del d. m. 22 aprile 2008 “.

Erroneamente la Commissione tributaria regionale ha riferito alla L. 27 dicembre 2013, n. 147, la eccezione di illegittimità costituzionale proposta.

Si reitera, pertanto, l’eccezione di illegittimità costituzionale ” del D.L. n. 201 del 201, rt. 13, comma 2, lett. b), “nella parte in cui ” non riporta tra gli immobili assimilati all’abitazione principale le unità immobiliari assegnate dagli IACP e non specifica l’appartenenza di tali tipologie di immobili nell’alveo degli “alloggi sociali” ex d. m. 22 aprile 2008 esenti da IMU”.

3. – Con il secondo motivo denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6, comma 2.

Il ricorrente censura la reiezione del motivo di appello relativo alla irrogazione delle sanzioni opponendo la considerazione della ” scarsa chiarezza ” delle disposizioni, dei profili di illegittimità costituzionale, del ” contrasto delle posizioni assunte dalla prassi ministeriale ” avuto riguardo alla circolare 3/DF del 18 maggio 2012 e al responso n. 12.507 del 15 giugno 2012.

3. – Il ricorso, ammissibile in rito, merita parziale accoglimento nei sensi appresso indicati.

3.1 – Deve in limine ribadirsi la palese irrilevanza della riproposta questione di legittimità costituzionale.

La disposizione di legge, oggetto della eccezione del contribuente, è stata introdotta dalla L. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 707, della, recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, entrata in vigore il 1 gennaio 2014.

La norma, pertanto, come esattamente rilevato dai giudici di merito non è suscettibile di applicazione nel presente giudizio.

3.2 – Il primo motivo di ricorso è infondato.

La tesi del ricorrente, secondo il quale l’esclusione della quota del tributo riservata allo Stato, comporterebbe la corrispondente riduzione della imposta per l’Istituto, non è condivisibile.

La legge si limita ad escludere la riserva erariale, ma non riduce il tributo esentando il contribuente dal pagamento del relativo importo (a favore dell’ente locale).

Soccorre, al riguardo, l’argomento a contrariis in quanto il legislatore, collo stesso D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, cit., ha disposto, invece, exempli gratia la riduzione della aliquota base per i fabbricati rurali a uso strumentale in agricoltura.

In tal senso è, peraltro, orientata la giurisprudenza amministrativa secondo la quale la esclusione della quota del tributo riservata allo Stato opera a favore del comune (e non del soggetto passivo), in quanto la legge ha inteso favorire indirettamente, col maggior gettito accordato all’ente impositore, la fissazione di tariffe meno onerose per i contribuenti.

Ed esattamente in termini la giurisprudenza di legittimità ha affermato: ” In tema di IMU, la rinuncia da parte dello Stato alla propria quota dell’imposta per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica D.Lgs. n. 201 del 2001, ex art. 13, comma 11, determina la devoluzione ai Comuni di tutto il gettito del tributo, atteso che la disposizione richiamata non ne esclude la debenza da parte del contribuente ” (Sez. 5 -, Sentenza n. 20135 del 25/07/2019, Rv. 654855 – 01).

A tale principio – il Collegio lo ribadisce ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, condividendo le ragioni sviluppate nel pertinente arresto – si è correttamente uniformata la Commissione tributaria regionale.

3.3 – E’, invece, fondato il secondo motivo di ricorso.

La incertezza sulla portata e sull’abito di applicazione della disposizione contenuta nel D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, comma 11, cit., è resa palese dalle istruzioni impartite dalla Amministrazione finanziaria colla circolare n. 3/DF del 18 maggio 2012, prot. n. 9485/2012, che pare accreditare la tesi del contribuente là dove (a p. 35), con riferimento alla quota del tributo riservata allo Stato, si legge: ” La quota di imposta risultante è versata dal contribuente contestualmente a quella di competenza comunale. Non appare superfluo, in questa sede riassumere le seguenti fattispecie (…) per le quali non è dovuta la quota IMU riservata allo Stato: (…) alloggi regolarmente assegnati dagli IACP e altri istituti comunque denominati “.

Ricorre, pertanto, la invocata causa di non punibilità del contribuente.

3.4 – Conseguono alle considerazioni che precedono l’accoglimento del secondo motivo di ricorso; il rigetto del primo;

la cassazione, in relazione al motivo accolto, della sentenza impugnata.

E, poichè non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, nè residuando questioni controverse, la Corte la decisione della causa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, mediante accoglimento del ricorso introduttivo della lite limitatamente alle sanzioni che esclude.

3.5. – Le spese dell’intero giudizio, in considerazione sia della rilevata incertezza della disposizione tributaria, sia della reciproca soccombenza, meritano di essere compensate.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo di ricorso; rigetta il primo; cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata; e, decidendo la causa nel merito, accoglie il ricorso introduttivo limitatamente alle sanzioni che esclude.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a).

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione Civile, il 20 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2020

 

 

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