Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24534 del 04/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/11/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 04/11/2020), n.24534

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 680-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente

contro

SOCIETA’ INDUSTRIA DEL LEGNO G. & A. BREGLIA SPA, domiciliato in

ROMA P.ZZA CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’Avvocato GAETANO ALLODI VARRIALE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8861/2016 della COMM.TRIB.REG. di NAPOLI,

depositata il 11/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/01/2020 dal Consigliere Dott. MARGHERITA TADDEI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1.- L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza n. 8861/52/2016 della CTR Campania che, in riforma della sentenza della CTP Napoli, n. 1647/2016, ha annullato l’avviso di classamento di un capannone industriale, di proprietà della Industria del legno G e A, per il quale era stata presentata denuncia di variazione catastale Docfa, a seguito di frazionamento e fusione con cambio di destinazione d’uso, con la quale era stata proposta una rendita catastale di Euro15.612,00,pari al 2% del valore complessivo di Euro780.600,00.

In particolare la CTP, preso atto che l’Agenzia, in parziale accoglimento dell’istanza di riesame in autotutela, avanzata dalla società, aveva emesso un nuovo classamento, prevedendo una riduzione della rendita, in origine accertata, in Euro31.814,00 aveva dichiarato estinto il procedimento per intervenuta cessazione della materia del contendere.

La CTR, investita della questione dall’appello della contribuente, accoglieva il gravame, annullando la prima sentenza, in punto di cessazione della materia del contendere, ritenendo che, non essendoci stata pronuncia in ordine alla non debenza totale dell’avviso di accertamento, punto contestato dalla contribuente, non poteva dirsi esaurita la materia del contendere; entrando nel merito della valutazione, poi, annullava l’accertamento dell’Ufficio, rilevando nel provvedimento un deficit di motivazione tale da non rendere condivisibili, per le intrinseche diversità degli immobili, le comparazioni effettuate con edifici similari.

2.- Resiste la contribuente con controricorso

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione di legge per falsa ed erronea applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 21 nonies in materia di autotutela e della L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74, comma 1, in relazione alla nuova variazione.

Afferma la ricorrente che il potere di autotutela per annullamento dell’atto illegittimo trova la sua fonte normativa nella L. n. 241 del 1990, art. 21 nonies ed è qualificabile come un provvedimento amministrativo di secondo grado con cui viene ritirato dall’ordinamento, con efficacia retroattiva, un atto amministrativo illegittimo, per la presenza di vizi di legittimità originari. Tale potere è pienamente esercitabile anche qualora gli atti cui si indirizza siano sub judice, ossia ritualmente impugnati sicchè, qualora il ritiro o la riforma dei suddetti atti comporti un nuovo pregiudizio alle parti del processo, queste dovranno promuovere ulteriori ricorsi giudiziari avverso gli atti di autotutela.

A parere della ricorrente, nel caso di specie, i Giudici di seconde cure non hanno preso in debita considerazione la circostanza che, in seguito all’esame dell’autotutela, la derivata variazione di rendita sia stata ritualmente notificata al contribuente e che la stessa non sia stata impugnata. Infatti, in base alla L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74, comma 1, la rendita attribuita decorre dalla data di notificazione all’interessato e dalla medesima data decorre anche il termine per l’impugnazione. La mancata impugnazione della nuova notifica induce, quindi, l’ufficio a ritenere implicitamente accettata la nuova rendita con la conseguente cessazione della materia del contendere derivata dal primitivo avviso di accertamento.

Il ricorso è fondato

Non è, infatti, contestabile il potere di autotutela sostitutiva dell’Amministrazione, tenuto conto del principio già affermato da questa Corte, secondo cui “Il potere di autotutela cd. sostitutiva in forza del quale l’Amministrazione può annullare l’atto illegittimo e sostituirlo con un altro di contenuto sostanzialmente identico, ma privo dei vizi originari, può essere esercitato, ai sensi del D.L. n. 564 del 1994, art. 2 quater, conv. in L. n. 656 del 1994, anche durante il giudizio di impugnazione proposto contro detto atto, trovando il suo fondamento nel cd. “principio di perennità” della potestà amministrativa, che, tuttavia, incontra i limiti dell’eventuale giudicato sul merito dell’impugnazione dell’atto, del decorso del termine di decadenza per l’attività di accertamento o riscossione e del diritto di difesa del contribuente. (Cass. n. 7751 del 20/03/2019; cass. 7335/2010). E’ già stato affermato, inoltre, che “il sopravvenuto annullamento, per qualsiasi motivo, dell’atto impugnato determina la cessazione della materia del contendere, in quanto la prosecuzione del giudizio non potrebbe comportare alcun risultato utile per il contribuente, stante l’inammissibilità, in detto processo, di pronunce di mero accertamento dell’illegittimità della pretesa erariale, senza che, peraltro, il diritto di difesa dello stesso contribuente sia violato dall’eventuale riedizione del potere da parte dell’Amministrazione finanziaria, a fronte della quale potrà essere proposta impugnazione contro il nuovo atto impositivo” (Cass. n. 33587/18).

Da ciò consegue che la cessazione della materia del contendere, presupponendo il venir meno della pretesa creditoria dell’Amministrazione o della controversia su di essa, può derivare o da un provvedimento di annullamento di ufficio o di revoca dell’atto, che abbia fatto venire meno integralmente la pretesa creditoria dell’Amministrazione, ovvero da un annullamento o da una revoca parziale con contestuale acquiescenza del contribuente al secondo provvedimento, attraverso il pagamento del nuovo importo richiestogli, o l’omessa impugnazione di esso, che lo abbia reso definitivo. In ogni altro caso, restando controverso il diritto dell’Amministrazione a percepire, sia pure in parte, la somma già richiesta con la prima ingiunzione, la materia del contendere in relazione alla prima ingiunzione continua a sussistere, ancorchè la seconda si fondi sulla medesima causa petendi e debba essere a sua volta impugnata dall’ingiunto che intenda contestarne il fondamento ed evitare che acquisti carattere di inoppugnabilità, salvi gli effetti su

ciascun giudizio di opposizione del giudicato che si formi nell’altro (cass.12332/1998). Alla luce dei principi su esposti la sentenza di appello, che pure aveva dato conto, nella premessa in fatto della decisione impugnata, del provvedimento di riduzione della rendita, emesso in autotutela, come richiesto dalla contribuente avrebbe dovuto pronunciarsi su tale circostanza di fatto e sulla mancata impugnazione del secondo accertamento della rendita. La sentenza di appello, pur richiamando il provvedimento in autotutela, ha omesso di valutarlo in motivazione, al pari della pacifica circostanza della mancata impugnazione di tale provvedimento di riduzione della rendita, emesso in autotutela e regolarmente notificato all’interessata. La circostanza della mancata impugnazione del secondo avviso di accertamento e della sostanziale acquiescenza al provvedimento, da parte della contribuente, costituisce una premessa logica ineludibile, della pronuncia sulla fondatezza della decisione di cessazione della materia del contendere.

Tutto ciò prima ed a prescindere dalla completezza della produzione documentale del ricorso della Agenzia (che nel controricorso viene stigmatizzato come violazione del principio di autosufficienza, ma che tale non è) posto che dell’esistenza di un secondo accertamento emesso in autotutela su sollecitazione della contribuente, ne dà ampiamente atto la stessa CTR nel prologo della decisione impugnata e la ricorrente ne fornisce tutti gli elementi identificativi.

In definitiva il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, a norma dell’art. 384 c.p.c., conferma il secondo accertamento reso in autotutela dall’Ufficio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, conferma il secondo accertamento reso, in autotutela, dall’Ufficio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2020

 

 

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