Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24531 del 18/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 18/10/2017, (ud. 07/06/2017, dep.18/10/2017),  n. 24531Vedi massime correlate

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. BERNAZZANI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24692-2010 proposto da:

S.L., S.B., S.F., S.A.,

SC.MA.LU., U. S. & C. SNC in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA

NOMENTANA 220, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA PETYX, che

li rappresenta e difende giusta delega in calce;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 79/2009 della COMM.TRIB.REG. A, depositata il

17/09/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/06/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE LOCATELLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio, che ha concluso in via preliminare il rigetto e in

subordine declaratoria di inammissibilità per sopravvenuta carenza

di interesse; udito per i ricorrenti l’Avvocato PETYX che ha chiesto

la cessazione della materia del contendere e in subordine

accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

A seguito di processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, redatto il 17.7.1995, l’Amministrazione finanziaria emetteva nei confronti della società S. e C. snc, esercente l’attività di vendita di mobili, un avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 1992 con cui contestava l'”indebita contabilizzazione di spese per consulenze professionali fatturate dal prof. C.G., ritenute relative a prestazioni professionali fittizie, nonchè di spese per servizi di trasporto e montaggio per lire 103.120.000, ritenute anch’esse fittizie; conseguentemente rettificava il reddito di impresa dichiarato, accertando a carico della s.n.c. una maggiore Ilor di lire 31.000.000 oltre sanzioni. A carico dei soci S.B., L., F., A. e Sc.Ma.Lu. l’Ufficio emetteva avvisi di accertamento del maggior reddito da partecipazione a norma del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, con determinazione della corrispondente Irpef.

La società ed i soci proponevano distinti ricorsi alla Commissione tributaria provinciale di Roma che li accoglieva con le sentenze n.447 (ricorso della società) e 446 (ricorso dei soci) del 2006.

L’Agenzia delle Entrate proponeva appello alla Commissione tributaria regionale che, previa riunione dei ricorsi dei soci e della società, lo accoglieva con sentenza n. 79 del 17.9.2009. In via preliminare la Commissione tributaria regionale dichiarava la regolarità della notifica dell’atto di appello effettuata nel domicilio eletto presso l’originario difensore, come da procura rilasciata in calce ai ricorsi introduttivi; riteneva nulla la successiva nomina del difensore effettuata senza l’osservanza delle forme previste dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 12, comma 3; in ogni caso riteneva l’ipotetica nullità della notificazione dell’atto di appello sanata a norma dell’art. 156 cod. proc. civ.; riteneva che, “poichè l’Amministrazione finanziaria non si era costituita nel procedimento penale a carico di C., imputato del reato di emissione di fatture false, non ha alcuna efficacia nel presente procedimento tributario la sentenza penale di assoluzione dello stesso emessa dal tribunale di Roma (arg. ex art. 654 cod. proc. pen. che ha implicitamente abrogato il D.L. n. 429 del 1982, art. 12, comma 1)”.

Contro la sentenza di appello la società ed i soci propongono ricorso per cassazione sulla base di due motivi. Con successiva memoria depositano documenti (decreto del tribunale di Roma del 24.1.2012 di omologazione del concordato preventivo dalla società S. snc e missive intercorse tra l’Amministrazione finanziaria e la società in ordine a proposte, non perfezionate, di transazione fiscale).

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Primo motivo di ricorso: “violazione e falsa applicazione degli artt. 83,85,156 e 160 cod. proc. civ., nonchè del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 12 e 17, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, – motivazione contraddittoria, insufficiente ed illogica in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente escluso la validità della procura conferita al nuovo difensore e per non avere rilevato la nullità ed inammissibilità dei ricorsi introduttivi dei giudizi in appello per inesistenza della notificazione e comunque per mancata notifica degli stessi nei termini decadenziali di cui all’art. 327 cod. proc. civ.”.

Il motivo è infondato. Secondo il giudice di appello la revoca del precedente difensore ed il conferimento di incarico al nuovo difensore non è avvenuta nelle forme prescritte dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 12, comma 3 con atto depositato nel giudizio di primo grado, ma attraverso una mera comunicazione spedita direttamente alla controparte Agenzia delle Entrate, “documento prodotto in appello ma non reperito nei fascicoli di causa”. Per contestare il dato fattuale affermato dal giudice di appello (mancato deposito della nomina di nuovo difensore, con contestuale nuova elezione di domicilio, nel giudizio di primo grado) il ricorrente avrebbe dovuto avvalersi del diverso mezzo di impugnazione costituito dalla revocazione a norma dell’art. 395 cod. proc. civ., comma n. 4. Anche ipotizzando l’avvenuto deposito, nel giudizio di primo grado, della nomina di nuovo difensore con pedissequa elezione di domicilio presso di esso, il dedotto vizio della notificazione dell’atto di appello (poichè effettuata nel domicilio eletto presso il primo difensore revocato, anzichè nel domicilio eletto presso il nuovo difensore) non potrebbe comunque integrare un’ ipotesi di inesistenza della notificazione, distinta dalla notificazione nulla, secondo il criterio di differenziazione indicato da questa Corte, che ha restrittivamente confinato la fattispecie della notificazione inesistente, oltre al caso di mancanza materiale dell’atto (di notificazione), al caso in cui l’atto da notificare venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè in definitiva omessa (Sez. U, n. 14916 del 20/07/2016). Diversamente, nel caso di specie, non è controverso che vi sia stata una attività di consegna dell’atto di impugnazione, da parte di soggetto qualificato al compimento di tale attività, conclusasi con la ricezione dell’atto presso il luogo di originaria domiciliazione anzichè presso il nuovo domicilio eletto, luogo che conservava pur sempre un qualche collegamento con il destinatario dell’atto, come è desumibile dalla avvenuta costituzione in giudizio di parte appellata, avente efficacia sanante della nullità della notificazione a norma dell’art. 156 cod. proc. civ., comma 3 e art. 160 cod. proc. civ..

L’ulteriore eccezione, secondo cui la costituzione di parte appellata non avrebbe svolto efficacia sanante ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ., perchè intervenuta dopo che la sentenza impugnata era già passata in giudicato per decorrenza del termine per l’impugnazione, è inammissibile per novità della questione, che non risulta prospettata nelle controdeduzioni all’atto di appello. E’ comunque infondata perchè l’assunto secondo cui la costituzione di parte appellata sarebbe avvenuta dopo che il termine lungo di proposizione dell’appello di cui all’art. 327 cod. proc. civ. era già scaduto, presuppone “a monte” l’accoglimento della tesi circa la “inesistenza”, anzichè la semplice nullità, della intervenuta notificazione dell’atto di appello, circostanza esclusa dalla Commissione tributaria regionale, la quale ha correttamente affermato che il procedimento di notificazione dell’atto di appello eseguito nei termine previsto dall’art. 327 cod. proc. civ., era stato effettuato con modalità nulle ma non inesistenti, quindi sanato dalla costituzione in giudizio di parte resistente (intervenuta entro sessanta giorni dalla notificazione dell’atto di appello, termine peraltro ordinatorio).

2. Secondo motivo di ricorso: “violazione e falsa applicazione dell’art. 654 cod. proc. pen., dell’art. 207 disp. att. cod. proc. pen. e L. n. 56 del 1982, art. 12 nonchè dell’art. 2727 cod. civ. in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3; violazione del principio tempus regit actum; motivazione contraddittoria, insufficiente ed illogica con riferimento alla valenza nel giudizio tributario del giudicato penale di proscioglimento, nonchè del giudicato tributario di cui alla sentenza n.22/57/01 in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5”.

Il motivo è infondato. A norma dell’art. 654 cod. proc. pen. la sentenza penale di condanna o di assoluzione pronunciata a seguito di dibattimento ha efficacia di giudicato nei giudizi civili “nei confronti dell’imputato, della parte civile e del responsabile civile costituito o intervenuto”, e “purchè la legge civile non ponga limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa”. Nel caso in esame, come correttamente osservato dal giudice di appello, mancano entrambe le condizioni, soggettiva ed oggettiva, per il riconoscimento della efficacia extrapenale del giudicato: l’Amministrazione finanziaria non si è costituita parte civile nel processo penale; nel processo tributario sono vigente le limitazioni probatorie previste dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7, comma 4, che vieta il giuramento e la prova testimoniale. Vero che la sentenza penale irrevocabile intervenuta per reati attinenti ai medesimi fatti su cui si fonda l’accertamento degli uffici finanziari, pur non esplicando efficacia di cosa giudicata nel processo tributario, può costituire un elemento di prova, liberamente valutabile in rapporto alle ulteriori risultanze istruttorie, anche di natura presuntiva. (Sez. 5, Sentenza n. 2938 del 13/02/2015, Rv. 634894 – 01). Tuttavia nel caso in esame il giudice di appello, svolgendo un apprezzamento di merito incensurabile in questa sede, ha esposto le complessive risultanze istruttorie sulla base delle quali ha ritenuto inesistenti le operazioni fatturate da C..

L’eccezione di giudicato esterno, con riferimento alla sentenza irrevocabile n. 22/57/01 della Commissione tributaria provinciale di Roma che aveva accolto il ricorso contro l’avviso di accertamento anno 1992 in materia di Iva, è inammissibile perchè dedotta per la prima volta con il ricorso in cassazione, nonostante il giudicato si sia formato in data di gran lunga anteriore alla celebrazione dei giudizi di merito. In senso conforme questa Corte ha affermato che il giudicato cosiddetto esterno, utilizzabile nel processo tributario per la sua capacità espansiva anche nei casi in cui può incidere su elementi riguardanti più periodi di imposta, può essere dedotto e provato anche per la prima volta in sede di legittimità, purchè, però, esso si sia formato dopo la conclusione del giudizio di merito o dopo il deposito del ricorso per cassazione. (Sez. 5, Sentenza n. 11112 del 07/05/2008, Rv. 603135 – 01).

Spese regolate come da dispositivo.

PQM

 

Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al rimborso delle spese in favore della Agenzia delle Entrate, liquidate in Euro cinquemila oltre eventuali spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2017

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