Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24526 del 04/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/11/2020, (ud. 23/10/2019, dep. 04/11/2020), n.24526

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2173/2014 proposto da:

CASTELLO DI ROSCIANO S.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Mario

Busiri Vici del Foro di Perugia, con domicilio eletto in Roma, Via

Filippo Nicolai, n. 22 presso lo studio dell’avv. Mario

Fantacchiotti

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro-tempore,

rappresentata e difesa ope legis dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, Via dei

Portoghesi, n. 12;

– resistente –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale

dell’Umbria n. 124/04/13 pronunciata il 15.4.2013 e depositata il

27.5.2013;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23.10.2019 dal Consigliere Giuseppe Saieva.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La società Castello di Rosciano S.r.l. – esercente attività di locazione di beni immobili e gestione diretta ed indiretta di aziende commerciali e industriali operanti nel settore immobiliare della ricezione e ristorazione – ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo contro l’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria n. 124/04/13, pronunciata il 15.4.2013 e depositata il 27.5.2013, che, in accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, aveva riformato la decisione della C.T.P. di Perugia concernente l’impugnativa dell’avviso di accertamento relativo a maggiore IRES, IRAP ed IVA per l’anno 2006, emesso a seguito della richiesta di rimborso da parte della società della somma di Euro 84.000 pari all’IVA corrisposta per l’acquisto di un immobile che la società medesima riteneva qualificabile come bene strumentale, avendo proceduto alla ristrutturazione del medesimo e accatastato il piano terra in categoria C/1 (negozi) e gli altri due piani in categoria A/2 (civile abitazione), uno dei quali destinato, in comodato gratuito, a residenza del legale rappresentante della s.r.l.

2. L’Agenzia contestava il diritto della società ad usufruire dell’intera detrazione richiesta; quindi aveva rideterminato le maggiori imposte dovute per IRES, IRAP ed IVA ed accertato la quota di detraibilità dell’Iva in relazione all’estensione delle superfici rispettivamente accatastate C/1 (45,79%) ed A/2 (54,21%); analoghe percentuali venivano utilizzate per determinare le quote di ammortamento ai fini IRES ed IRAP.

3. L’Agenzia delle entrate si è costituita in giudizio con controricorso.

4. Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 23.10.2019, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u. c., e dell’art.380 bis 1, c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con un unico motivo la ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19, comma 1, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19 bis, comma 1, lett. i) e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19 bis2; del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 102, comma 1; del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 5, comma 5 “, lamentando che le due unità accatastate come abitative a seguito dei lavori di ristrutturazione dovevano qualificarsi come “strumentali per destinazione” essendo state continuativamente e stabilmente impiegate nella generazione di ricavi derivanti dalla attività di impresa e cioè per l’ospitalità dei clienti, e contestando il contrario assunto dell’Ufficio che riteneva indetraibile l’Iva ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 – bis – 1, lett. i), in quanto la società non aveva per oggetto esclusivo attività di costruzione di fabbricati.

2. Il motivo è inammissibile in quanto non attinge la concorrente ratio decidendi che attiene all’accertamento in fatto della mancanza di prova sulla destinazione alla produzione di ricavi relativi all’attività turistico – ricettiva non censurata in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

3. Invero, il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis 1, comma 1, lett. i), stabilisce in linea generale un principio di indetraibilità oggettiva dell’Iva relativa all’acquisto, locazione, ecc. di fabbricati o porzioni di fabbricati a destinazione abitativa, senza che assuma alcun rilievo l’effettivo utilizzo.

3.1. In deroga al principio anzidetto la medesima disposizione consente la detraibilità dell’Iva assolta sui predetti beni alle sole imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale della attività esercitata la costruzione o la rivendita di fabbricati.

3.2. Ciò posto, è indubbio che, in base al chiaro dato normativo, “non è ammessa in detrazione l’imposta relativa all’acquisto di fabbricati, o di porzione di fabbricato, a destinazione abitativa nè quella relativa alla locazione o alla manutenzione, recupero o gestione degli stessi, salvo che per le imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale dell’attività esercitata la costruzione dei predetti fabbricati o delle predette porzioni”, talchè va esclusa qualunque rilevanza dell’utilizzo di fatto dell’immobile.

3. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Sussistono i presupposti per il versamento da parte della società ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

PQM

La corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al rimborso delle spese di giudizio in favore dell’Agenzia delle Entrate che liquida in Euro 3.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 23 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2020

 

 

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