Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24525 del 21/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 21/11/2011, (ud. 14/10/2011, dep. 21/11/2011), n.24525

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

I.G., elettivamente domiciliata in Roma, C.so d’Italia

n. 102, presso lo studio dell’Avv. Mosca Pasquale, rappresentata e

difesa dall’Avv. Bisignani Antonio per procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Po n. 25/b, presso lo

studio dell’Avv. PESSI Roberto, che la rappresenta e difende per

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 497/09 della Corte d’appello di Potenza,

pronunziata in causa n. 59/08 r.g., depositata in data 14.04.09;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 14.10.2011 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone;

udito l’AVV. Bisignani;

udito il P.M. in persona del dott. VELARDI Maurizio.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

1.- I.G. chiedeva che fosse dichiarata la nullità del termine apposto ad un contratto di assunzione alle dipendenze di Poste Italiane s.p.a., relativo al periodo 1.7-30.09.99.

2.- Rigettata la domanda, la predetta proponeva appello e la Corte d’appello di Potenza, con sentenza pubblicata il 14.4.09, rigettava l’impugnazione. La Corte accoglieva l’eccezione di risoluzione per mutuo consenso dei contratti, riproposta da Poste Italiane in appello, assegnando rilevanza alla circostanza che la lavoratrice avesse lasciato trascorrere tra la scadenza dei singoli contratti e l’instaurazione della controversia (richiesta stragiudiziale del 2.5.05) un lungo lasso di tempo, specie se rapportato all’esigua durata dei rapporti di lavoro. Riteneva, pertanto, che la lavoratrice avesse prestato adesione alla risoluzione dei contratti e che, quindi, non vantasse interesse al suo ripristino.

3.- Avverso questa sentenza I. proponeva ricorso per cassazione.

Rispondeva con controricorso Poste Italiane s.p.a.

4.- Il Consigliere relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. depositava relazione, che era comunicata al procuratore generale e notificata ai difensori assieme all’avviso di convocazione dell’adunanza della camera di consiglio. Poste Italiane ha depositato memoria.

5.- I motivi dedotti dalla ricorrente possono riassumersi come segue:

5.1.- violazione degli artt. 2934 e 2936 c.c., in quanto la mera inerzia, se contenuta entro il termine di prescrizione e/o di decadenza, non comporta la perdita del diritto e non da luogo a comportamento contrario alla buona fede;

5.2.- violazione dell’art. 1372 c.c., avendo il giudice ritenuto atto di adesione alla risoluzione del contratto non una manifestazione di volontà, ma la circostanza che la ricorrente avesse agito con ritardo, in mancanza di qualsiasi certezza circa il reale contenuto negoziale del comportamento;

5.3.- violazione dell’art. 24 Cost. e degli artt. 1422 e 2907 c.c., nonchè art. 99 c.p.c., atteso che l’azione di nullità è imprescrittibile e, pertanto, dal suo mancato esercizio non può nascere in capo alla controparte negoziale alcun legittimo affidamento circa la definitiva risoluzione del contratto.

6.- Procedendo a trattazione congiunta dei tre motivi, deve rilevarsi che la giurisprudenza della Corte di cassazione (v. per tutte Cass. 17.12.04 n. 23554) ritiene che nel giudizio instaurato per il riconoscimento di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato (sul presupposto dell’illegittima apposizione al contratto di un termine finale scaduto) è configurabile la risoluzione del rapporto per mutuo consenso ove sia accertata – per il tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto, nonchè, per le modalità di tale conclusione, per il comportamento tenuto dalla parti e per altre eventuali circostanze significative – una chiara e certa comune volontà di porre fine ad ogni rapporto lavorativo; la valutazione del significato e della portata di tali elementi compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non sussistono vizi logici o errori di diritto.

7.- Nel caso di specie il giudice di merito ha fatto applicazione meramente formale di questo principio, atteso che ha desunto l’esistenza di una chiara e certa comune volontà di porre fine ad ogni rapporto lavorativo sulla base di una sola circostanza oggettiva, quale la considerevole durata del lasso temporale intercorso tra la cessazione del contratto e la proposizione della domanda in sede giudiziaria, che ha ritenuto sovradimensionata rispetto alle esigenze di ponderazione e riflessione che l’azione giudiziaria impone, anche per la mancanza di prova di iniziative prodromiche all’azione giudiziaria.

8.- Tale motivazione è da considerare insufficiente in quanto non idonea a qualificare il fatto – di per sè giuridicamente non rilevante – del mero trascorrere del tempo come chiara e certa volontà di entrambe le parti di considerare definitivamente chiuso il rapporto lavorativo. Non viene, infatti, individuata nessun alcuna ulteriore significativa circostanza di fatto, nè viene svolta alcuna ulteriore considerazione che non sia di contenuto meramente formale a sostegno della tesi della realizzazione del mutuo consenso.

Giova al riguardo rammentare, invece, che la giurisprudenza di questa Corte ha osservato che, ai fini dell’esaustività della motivazione, la formulazione del giudizio di carenza di interesse alla richiesta di continuazione del rapporto trova nella lunghezza del lasso di tempo trascorso tra la cessazione del termine ed il promovimento dell’azione in sede giudiziaria solo uno dei necessari riferimenti argomentativi. Deve, infatti, essere tenuto in adeguato conto anche il comportamento ulteriore tenuto dalla parti e debbono essere indicate eventuali ulteriori circostanze significative (Cass. 10.11.08 n. 26935 e 28.9.07 n. 20390), la cui prova è onere della parte che abbia dedotto la risoluzione (Cass. 1.2.10 n. 2279).

9.- In conclusione, il ricorso deve essere accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale procederà a nuovo esame della controversia alla luce dell’indicato principio.

Al giudice del giudizio di rinvio va rimessa anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Salerno.

Così deciso in Roma, il 14 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2011

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