Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24522 del 30/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 30/11/2016, (ud. 05/10/2016, dep. 30/11/2016), n.24522

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22643-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

P.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CAIO

MARIO 7, presso lo studio dell’avvocato MARIA TERESA BARBANTINI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI PICCIOLI

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 704/1/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DI FIRENZE del 18/02/2014, depositata il 02/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. VELLA PAOLA;

udito l’Avvocato Fedeli Barbantini (delega Barbantini Maria Teresa)

difensore del controricorrente che si riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue.

1. In fattispecie relativa a diniego di rimborso Irap anni 2002-2009, l’Agenzia delle entrate deduce con il primo motivo la “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, comma 1 e art. 3, comma 1, lett. e) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”, per avere la C.T.R. ritenuto che “non configuri un potenziamento dell’attività professionale e, quindi, non integri il presupposto impositivo IRAP dell’autonoma organizzazione”, il fatto pacifico che il contribuente, esercente la professione di promotore finanziario, si sia avvalso, per tutti gli anni di imposta in contestazione, di una struttura organizzata, dotata di uffici e di due segretarie, messa a disposizione della società cooperativa PIEFFE che operava, a tale scopo, per conto della banca mandante FIDEURAM”.

2. Con il secondo deduce “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1), n. 3 ” per avere la C.T.R. “nulla affermato” in ordine al fatto che il contribuente si fosse “avvalso, in proprio, dell’apporto di diversi collaboratori, i quali appaiono tutti inseriti nei Modelli 770/s”, essendosi egli limitato a dedurre che si trattava di mere collaborazioni occasionali (compensate con somme corrisposte “come una sorta di provvigione”, con le quali persone fisiche prive di partita IVA avevano effettuato “segnalazioni di potenziali clienti”, peraltro rappresentanti “una quota percentuale di ridottissime dimensioni” rispetto ai “fatturati altissimi” realizzati in quegli anni, oltre a mancare del tutto nell’anno 2004 (v. pag. 5 e 6 del ricorso).

3. Il ricorso può essere accolto, nei termini che si vanno a precisare, alla luce del formante giurisprudenziale di legittimità venutosi progressivamente ad affinare dopo la pronuncia della Corte costituzionale n. 156/01 (Cass. cent. 3673/07; Cass. s.u. 12108/09 e 12111/09; Cass. ord. 5040/15), culminato nella recente pronuncia delle S.U. n. 9451/16, in base alla quale: 1) “l’esercizio delle attività di lavoro autonomo..è escluso dall’applicazione dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata”; 2) il requisito dell’autonoma organizzazione “ricorre quando il contribuente: sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui” che “superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”; 3) è “onere del contribuente dare la prova dell’assenza delle condizioni sopraelencate” e l’accertamento dell’autonoma organizzazione “spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato”.

4. Nel caso di specie i giudici regionali, dopo aver tratteggiato (sia pure con marchiane improprietà lessicali) le caratteristiche della fattispecie concreta (“La Banca ha obbligato di servirsi dei promotori per svolgere la propria attività di investimento mettendo a disposizione servizi paralleli organizzati in cooperativa. E’ la Banca che, invece di fornire le attrezzature e i servizi postali, li ha trasferiti alla cooperativa e ciò per economizzare i costi. Il P.S. è un promotore finanziario mono mandatario come sono gli agenti delle assicurazioni), hanno chiaramente affermato che “l’esistenza di una cooperativa di promotori, ai fini di spedire i documenti obbligatori ed organizzativi dalla banca, non può essere considerata una organizzazione di cui il contribuente si avvale per svolgere la sua attività di promozione”, aggiungendo che “la Cooperativa e la Banca non intervengono nella specifica attività del promotore ma solo aiutano, a proprie spese, tutte le prassi per ricevere i contratti e gestire di conseguenza l’attività di promozione finaniaria, cioè convincere ad investire su azioni ed offerte della Fideuram, seguirne l’andamento e gli utili annuali, è strettamente svolta dal P. senza nessun intervento esterno che lo possa coadiuvare nell’attività”.

5. Tale statuizione non risulta astrattamente in contrasto con i principi giurisprudenziali sopra richiamati, sicchè la prima denunzia di violazione di legge integra una inammissibile contestazione sul merito (ex Cass. s.u. 7931/13 e 9451/16; Cass. 26860/14, 14233/15).

6. E’ però fondata la seconda censura, poichè i giudici regionali avrebbero dovuto esaminare il fatto (decisivo) dell’utilizzo di “collaboratori” in tutte le annualità (escluso il 2001), per verificare se in tal modo il contribuente si fosse avvalso “in modo non occasionale di lavoro altrui”, oltre “la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”, alla luce delle prove da egli stesso fornite sulla natura di dette collaborazioni.

7. Segue l’accoglimento del ricorso con rinvio per nuovo esame.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, in diversa composizione, per nuovo esame oltre che per la regolazione delle spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2016

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