Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24522 del 21/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 21/11/2011, (ud. 14/10/2011, dep. 21/11/2011), n.24522

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE SPA (OMISSIS) in persona del Presidente del

Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo

studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende,

giusta procura speciale ad litem a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4425/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

29.5.08, depositata il 20/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PIETRO CURZIO;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. VELARDI

Maurizio.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Poste italiane chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’appello di Roma, pubblicata il 20 maggio 2009, che, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto l’appello di S. S., ed ha dichiarato la nullità del termine apposto al contratto a tempo determinato stipulato tra le parti con decorrenza 2 agosto 1999 e scadenza 31 agosto 1999 per l’espletamento del servizio in concomitanza di assenza per ferie per il periodo giugno-settembre, ritenendo non provato che vi sia stata sostituzione di personale in ferie nei limiti delle vacanze dell’ufficio ove lo S. era addetto.

Il ricorso articolato in due motivi, ciascuno con relativo quesito di diritto. Il lavoratore non ha svolto attività difensiva.

Come si è già rilevato nella relazione, questa Corte ha affermato il seguente principio di diritto.

In tema di assunzione a termine dei lavoratori subordinati, l’interpretazione della L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 nel senso dell’estensione dei contratti a termine “autorizzati”, consente alla contrattazione collettiva, con una sorta di “delega in bianco”, di individuare nuove ipotesi di legittima apposizione di un termine al contratto di lavoro, senza che i sindacati siano vincolati alla individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge. Ne consegue, con riferimento all’ipotesi di assunzione a tempo determinato prevista dall’art. 8 del c.c.n.l.

26 novembre 1994 dei lavoratori postali per “necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre”, che va cassata la sentenza di merito che, ritenendo applicabile la L. n. 230 del 1962, art. 5, lett. b, che prevede l’obbligo di indicare nel contratto a termine il nome del lavoratore sostituito, abbia dichiarato la nullità del termine e la sussistenza tra le parti di un unico lavoro a tempo determinato, perchè era stata omessa l’indicazione del nome del lavoratore sostituito. (Sez. L, Sentenza n. 4933 del 02/03/2007 (Rv. 596110).

Inoltre, più specificamente, occupandosi dei problemi relativi all’onere della prova, Sez. L, n. 8122 del 2008, all’esito di una puntuale analisi ha così concluso: per le ragioni fin qui esposte l’unica interpretazione corretta della norma collettiva in esame (art. 8 c.c.n.l. 26.11.1994) nella parte in cui prevede la stipula di contratti a termine in relazione alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno- settembre è quella secondo cui, stante l’autonomia di tale ipotesi rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie, l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo non prevede come presupposto per la sua operatività l’onere, per il datore di lavoro di provare le esigenze di servizio in concreto connesse all’assenza per ferie di altri dipendenti nonchè la relazione causale fra dette esigenze e l’assunzione del lavoratore con specifico riferimento all’unità organizzativa alla quale lo stesso è stato destinato.

In base a tali principi di diritto, la sentenza deve essere cassata.

La causa deve essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., non essendo necessari accertamenti e non essendo indicati negli atti altri contratti a termine, con il rigetto della domanda.

Quanto alle spese, la causa, considerata l’epoca di presentazione del ricorso introduttivo, è soggetta alla disciplina previgente in materia di compensazione. I relativi giusti motivi sono identificabili nelle oscillazioni giurisprudenziali in materia, persistenti anche al momento in cui venne proposto appello. Nel giudizio di cassazione il lavoratore non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa e, decidendo nel merito, rigetta la domanda.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2011

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