Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24521 del 30/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 30/11/2016, (ud. 05/10/2016, dep. 30/11/2016), n.24521

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24816-2013 proposto da:

M.A., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ANTONELLA GIUGLIANO giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 74/15/013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DI NAPOLI dell’11/02/2013, depositata il 11/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA VELIA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., vista la memoria depositata dal contribuente ex art. 378 c.p.c., osserva quanto segue.

1. In fattispecie relativa a diniego di rimborso Irap anni 2004-2007, con i primi due motivi di ricorso il contribuente deduce la “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 e succ. modificazione ex art. 360 c.p.c., n. 3 sulla scorta dei due seguenti rilievi: 1) “per avere la CTR ritenuto che l’odierno ricorrente rientrasse tra i soggetti passivi della norma tributaria senza avere riguardo alla concreta situazione di esso contribuente, libero professionista”; 2) “per avere la CIR ritenuto la sussistenza dell’autonoma organizzazione in base all’elevato importo delle spese sostenute”; in particolare, il giudice d’appello non avrebbe considerato che il contribuente “svolge la sua attività professionale” (consulente) “da solo, senza l’ausilio di dipendenti e con esigui beni strumentali”.

2. Rilevata preliminarmente l’inammissibilità del terzo motivo -“Omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., n. 5, avendo omesso la CTR ogni motivazione in ordine alla organizzazione del ricorrente” – in quanto proposto secondo la precedente formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5), inapplicabile ratione temporis alle sentenze pubblicate (come quella impugnata) dopo l’11 settembre 2012, assoggettabili a sindacato motivazionale solo per “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

3. I primi due motivi sono invece infondati, alla luce del formante giurisprudenziale di legittimità venutosi progressivamente ad affinare dopo la nota pronuncia della Corte costituzionale n. 156/01 (Cass. sent. 3673/07; Cass. s.u. 12108/09 e 12111/09; Cass. ord. 5010/15) e culminato nella recente pronuncia delle S.U. n. 9451/16, in base alla quale: 1) “a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui all’art. 49, comma 1 (nella versione vigente fino al 31/12/2003,) ovvero all’art. 53, comma 1 (nella versione vigente dal 1/1/2004), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, è escluso dall’applicazione dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzate”; 2) il requisito della autonoma organizzazione “ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzazione riferibile ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvolga in modo non occasionale di lavoro altrui”, in modo tale che questo “superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”; 3) “costituisce onere del contribuente dare la prova dell’assenza delle condizioni sopraelencate”; 4) l’accertamento del requisito della autonoma organizzazione “spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato”.

4. Nel caso di specie, la decisione impugnata è in linea con i suddetti principi, in quanto il giudice d’appello ha affermato: a) che spetta al giudice di merito accertare il presupposto impositivo ai fini Irap della autonoma organizzazione dell’attività del professionista”; b) che nel caso di specie dai quadri RE delle dichiarazioni dei redditi del contribuente risultava costantemente “l’elevato importo delle spese per gli anni in questione, paragonati all’entità dei compensi percepiti” (oscillanti tra 1/4 e 1/3 degli stessi); c) che ciò “mal si concilia con l’esistenza dell’autonoma organizzazione”,”essendo comunque tali consistenti spese indice di autonomia che potenziava ed accresceva la capacità contributiva del contribuente (cfr. Cass. 1357/07)”; d) che “d’altra parte l’appellante nessuna prova ha offerto sulle concrete modalità dell’attività da lui svolta, sì da poter rapportare le ingenti spese sostenute ad un semplice esercizio di attività senza una qualunque autonoma organizzazione”. Ed invero anche in questa sede il ricorrente si è limitato a ribadire di aver svolto la propria attività professionale di consulente “senza l’ausilio di dipendenti e con esigui beni strumentali”, ma nulla ha dedotto – così mancando di assolvere il relativo onere probatorio – sulla natura delle spese sostenute negli anni in contestazione, il cui rilevante importo è stato valorizzato dai giudici di merito ai fini della sussistenza di un’autonoma organizzazione eccedente, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione.

5. Il ricorso va quindi rigettato, con compensazione delle spese processuali, essendosi recente il consolidamento nomofilattico.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2016

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