Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24521 del 21/11/2011

Cassazione civile sez. II, 21/11/2011, (ud. 26/10/2011, dep. 21/11/2011), n.24521

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.A., rappresentato e difeso, in virtù di procura

speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Vitinio Casulli Gaio e

LABBATE Giuseppe, elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio

dell’Avv. Antonietta Tarantino, via Giovanni Barracco, n. 5/A;

– ricorrente –

contro

T.R., rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a

margine del controricorso, dall’Avv. Semeraro Francesco,

elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’Avv.

Giancarlo Laganà, via Nicotera Giovanni, n. 29;

– controricorrente –

e nei confronti di:

M.R.;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari n. 356 del 2 aprile

2009;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 26

ottobre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

udito l’Avv. Giancarlo Laganà, per delega dell’Avv. Francesco

Semeraro;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per l’inammissibilità

del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che con ricorso ex art. 1168 cod. civ. e ex art. 703 cod. proc. civ., T.R., proprietaria di un immobile al primo piano di via (OMISSIS), chiese di essere reintegrata nel possesso dei lastrici solari sovrastanti l’appartamento al secondo piano al fine di sciorinare i panni;

che il Pretore di Monopoli, con ordinanza in data 13 maggio 1994, ordinò ad C.A. e a M.R., proprietari dell’appartamento al secondo piano, di reintegrare la ricorrente nell’esercizio della servitù di accesso ai lastrici solari;

che introdotto il giudizio di merito possessorio, il Tribunale di Bari, con sentenza in data 31 marzo 2004, rigettò la domanda e revocò il provvedimento interdittale;

che la Corte d’appello di Bari, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 2 aprile 2009, ha accolto il gravame della T. e, per l’effetto, ha condannato il C. e la M. a reintegrare l’appellante nel possesso dell’accesso al lastrico solare;

che per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il C. ha proposto ricorso, con atto notificato il 12 maggio 2010, sulla base di due motivi;

che la T. ha resistito con controricorso, mentre l’altra intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

che con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 116 cod. proc. civ.: error in procedendo in ordine alla valutazione delle prove ed error in iudicando; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5;

che il secondo mezzo censura violazione e falsa applicazione dell’art. 1168 cod. civ. per intervenuta decadenza dall’azione di spoglio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3;

che il primo ed il secondo motivo del ricorso – con cui si prospetta violazione e falsa applicazione di legge – sono privi del quesito di diritto, prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366-bis cod. proc. civ., ratione temporis applicabile;

che questa Corte ha in più occasioni chiarito che i quesiti di diritto imposti dall’art. 366-bis cod. proc. civ. – introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 secondo una prospettiva volta a riaffermare la cultura del processo di legittimità – rispondono all’esigenza di soddisfare non solo l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata ma, al tempo stesso e con più ampia valenza, anche di enucleare il principio di diritto applicabile alla fattispecie, collaborando alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione; i quesiti costituiscono, pertanto, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando, altrimenti, inadeguata e, quindi, non ammissibile l’investitura stessa del giudice di legittimità (tra le tante, Cass., Sez. Un., 6 febbraio 2009, n. 2863; Cass., Sez. Un., 14 febbraio 2008, n. 3519; Cass., Sez. Un., 29 ottobre 2007, n. 22640);

che il quesito di diritto non può essere desunto per implicito dalle argomentazioni a sostegno della censura, ma deve essere esplicitamente formulato, diversamente pervenendosi ad una sostanziale abrogazione della norma (Cass., Sez. Un., 17 aprile 2009, n. 9153);

che il primo motivo del ricorso, là dove si denuncia il vizio di motivazione, è stato redatto senza l’osservanza dell’onere, imposto dall’art. 366-bis cod. proc. civ., del quesito di sintesi;

che invero, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto e le ragioni per le quali la motivazione è omessa, insufficiente o contraddittoria, imposto dall’art. 366-bis cod. proc. civ., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, all’inizio o al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (Cass., Sez. 3^, 7 aprile 2008, n. 8897; Cass., Sez. 1^, 8 gennaio 2009, n. 189;

Cass., Sez. 1^, 23 gennaio 2009, n. 1741);

che nella specie detto quesito di sintesi è del tutto assente;

che non rileva che il ricorso sia stato notificato quando la L. 18 giugno 2009, n. 69, era già stata pubblicata ed entrata in vigore;

che invero, alla stregua del principio generale di cui all’art. 11 preleggi, comma 1, secondo cui, in mancanza di un’espressa disposizione normativa contraria, la legge non dispone che per l’avvenire e non ha effetto retroattivo, nonchè del correlato specifico disposto della L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5in base al quale le norme previste da detta legge si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima legge (4 luglio 2009), l’abrogazione dell’art. 366-bis cod. proc. civ. (intervenuta ai sensi della citata L. n. 69 del 2009, art. 47) è diventata efficace per i ricorsi avanzati con riferimento ai provvedimenti pubblicati successivamente alla suddetta data, con la conseguenza che per quelli proposti – come nella specie – contro provvedimenti pubblicati antecedentemente (e dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40) tale norma è da ritenere ancora applicabile (Cass., Sez. 1^, 26 ottobre 2009, n. 22578; Cass., Sez. 3^, 24 marzo 2010, n. 7119);

che pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 26 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2011

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