Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24519 del 30/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 30/11/2016, (ud. 05/10/2016, dep. 30/11/2016), n.24519

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12831-2013 proposto da:

U.A., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

MOCENIGO 16, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA TAMBURELLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato EMILIO USUELLI giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 144/7/2012 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di MILANO DEL 28/06/2012, depositata il 12/12/9012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA VELLA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., vista la memoria depositata dal contribuente ex art. 378 c.p.c., osserva quanto segue.

1. In fattispecie relativa a diniego di rimborso Irap anni 2004-2007, con il primo motivo di ricorso il contribuente deduce la “violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 342 c.p.c., comma 1, comma 1 e dell’art. 2909 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3)” stante il giudicato interno formatosi sull’affermazione della C.T.P. per cui l’attività di sindaco svolta dal contribuente, dottore commercialista, “per sua stessa natura risultava connessa esclusivamente al suo lavoro personale, senza richiedere alcun elemento di autonoma organizzazione”.

2. Con il secondo mezzo censura la “Omessa o insufficiente motivazione ovvero omesso esame su fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5) e violazione o falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49 e del D.Lgs. 13 dicembre 1997, n. 446, artt. 1, 2, 3, 4 e 8 (art. 360 c.p.c., n. 3)”, per avere la C.T.R. affermato che il contribuente non aveva “fornito la prova che l’attività di sindaco sia stata scolla senza ausilio alcuno dei predetti mese”, limitandosi “a produrre copia delle fatture relative ai compensi ricevuti per la sua attività di sindaco di società”, così “omettendo del tutto di esaminare i verbali delle riunioni dei diversi collegi sindacali” esibiti in giudizio, dai quali risultava che l’ U. vi aveva personalmente partecipato e che esse si erano svolte presso le sedi delle rispettive società.

3. Il primo motivo è palesemente infondato.

3.1. Invero, dalla lettura della sentenza impugnata emerge che, a fronte della valutazione della C.T.P. per cui “l’attività svolta dal ricorrente a latere di quella di commercialista fosse prevalente rispetto a quest’ultima, nonchè esclusivamente frutto del suo lavoro personale, sena richiedere alcun elemento di autonoma organizzazione”, l’amministrazione finanziaria aveva proposto appello sostenendo che “in base alla normativa vigente non si potesse distinguere fra proventi derivanti dall’attività di sindaco e quelli provenienti dall’attività di commercialista e come dunque la valutazione circa la sussistenza del presupposto impositivo dovesse essere operata in relazione al complessivo dell’attività svolta”, aggiungendo che “tale valutazione dovesse portare ad una conclusione diversa da quella adottata dai primi,giudici, tenuto conto dell’accertato utilizzo di mezzi certamente superiori al minimo indispensabile, utilizzo risultante dall’entità degli importi esposti in dichiarazione per ogni singolo anno per canoni di locazione finanziaria e/o di noleggio, nonchè per consumi e per altre spese documentate (ammontanti mediamente, solo queste ultime, a circa Euro 25.000 annui)”. Nessun giudicato interno risulta quindi intervenuto sulla questione in esame, puntualmente contestata dall’Ufficio appellante.

4. Il secondo motivo, oltre a presentare un profilo di inammissibilità poichè veicola cumulativamente censure eterogenee ex plurimis Cass. 21611/13, 26018/14, 5964/15), è comunque infondato.

4.1. Questa Corte (v. Cass. n. 4246/16) ha invero precisato che: a) “non ha diritto al rimborso dell’IRAP il commercialista che, nello svolgimento dell’attività di sindaco, utilizza beni strumentali in misura eccedente il minimno indispensabile per l’esercizio dell’attività professionale” (Cass. n. 15803/11); b) “il libero professionista, che opera come amministratore di società o presidente del consiglio di amministrazione, non va soggetto all’IRAP per la parte di ricavo netto che risulta da quelle attività, soltanto se adempie alla funzione senza ricorrere ad un’autonoma struttura organizzativa” (Cass. nn. 4959/09 e 10594/07; conf. Cass. n. 3676/07 per il consulente); “è legittimo il diniego del rimborso di imposta al dottore commercialista che, in presenza di autonoma organizzazione ed espletando congiuntamente anche gli incarichi connessi di sindaco, amministratore di società e consulente tecnico, svolga sostanzialmente un’attività unitaria, nella quale siano coinvolte conoscenze tecniche direttamente collegate all’esercizio della professione nel suo complesso, allorchè non sia possibile scorporare le diverse categorie di compensi eventualmente conseguiti e di verificare l’esistenza dei requisiti impositivi per ciascuno dei settori in esame”, per mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte sua (Cass. n. 3434/12).

5. La decisione impugnata risulta dunque in linea con i suddetti principi, avendo i giudici regionali ritenuto non assolto l’onere probatorio gravante sul contribuente, il quale del resto, anche in questa sede, si è limitato a trascrivere, da pag. 9 a pag. 13 del ricorso, la lunga serie di riunioni alle quali ha partecipato come sindaco, valorizzando solo la circostanza che esse si tenevano presso le sedi delle rispettive società, di per sè però inidonea a dimostrare che, anche nello svolgimento di detta attività, egli non si avvalesse dell’autonoma struttura organizzativa di cui pacificamente disponeva nell’espletamento dell’attività libero-professionale di commercialista.

6. Il ricorso va quindi rigettato, con compensazione delle spese processuali, essendosi recente il consolidamento nomofilattico.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2016

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