Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24517 del 30/10/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 24517 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: ACIERNO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso 8820-2012 proposto da:
MIGNEMI GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentato e
difeso dall’avvocato ARENA NATALINA giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrente contro

COMMISSARIO DELLO STATO PER LA REGIONE SICILIANA (DR.
DI PACE ALBERTO), PREPOSTO AL SERVIZIO DI RAPPORTO
ALLE SEZIONI RIUNITE ED ALLA SEZIONE DI CONTROLLO
DELLA CORTE DEI CONTI DELLA REGIONE SICILANA (DR.
FABIO GUIDUCCI), nonchè ove occorra PRESIDENZA DEL
CONSIGLIO DEI MINISTRI in persona del Presidente in
carica, elettivamente domiciliatI in ROMA, VIA DEI

Data pubblicazione: 30/10/2013

PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che li rappresenta e difende ope legis;
– controricorrentI non chè contro

GUIDUCCI FABIO;

avverso la sentenza n. 3185/2011 del TRIBUNALE di
CATANIA del 5/08/2011, depositata il 16/09/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 09/07/2013 dal Consigliere Relatore
Dott. MARIA ACIERNO;
è presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA
CARESTIA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

– intimato –

Rilevato che è stata depositata la seguente relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ.,

“Mignemi Giuseppe senza ministero di difensore conveniva in giudizio davanti al giudice di pace di
il Prefetto Alberto Di Pace, già Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, e il dr. Fabio
Guiducci, Preposto al Servizio di rapporto alle Sezioni riunite e alla Sezione di Controllo della
Corte dei Conti per la Regione Siciliana, per ottenere : la condanna dello Stato italiano alla
spartizione della Sicilia in due zone, la Sicilia orientale, indipendente e neutrale, e la Sicilia
occidentale, autonoma a statuto incompleto da sessanta anni per ostruzionismo e complotto politico
del governo unitario accentrato a Roma; la comunicazione alle Nazioni Unite della sentenza di
legittima spartizione in due zone della Regione siciliana in Stato Sovrano Orientale e Stato
Ordinario Sicilia Occidentale per la nomina di un osservatore delle Nazioni Unite per coadiuvare il
Capo provvisorio in prorogatio, Mignemi, ad organizzare le elezioni delle Camere e del Consiglio
Federale, la creazione di una moneta Siciliana a potere costante di acquisto, ritirando la Sicilia
Orientale dall’Euro e facendo affluire tutte le tasse dovute al Nuovo Stato Sovrano in una Tesoreria
controllata preventivamente sulle spese necessarie ed urgenti, decise in Via provvisoria dal Capo
provvisorio dello Stato Mignemi e, trascorsi sei mesi, decise dal Capo dello Stato eletto dal Popolo
della Sicilia Orientale con sistema proporzionale, senza premio di maggioranza, e la formazione del
Governo di coalizione per almeno cinque legislature di cinque anni ciascuna per le Camere e di
sette anni per il Consiglio Federale e per il Capo dello Stato Sovrano; l’emissione, in attuazione ed
in violazione dell’art. 50, comma 4, del Trattato di Pace con l’Italia, secondo il quale “In Sicilia e in
Sardegna è vietato all’Italia di costruire alcuna installazione o fortificazione navale, militare o per
l’aeronatica militare, fatta eccezione per quelle opere destinate agli alloggiamenti di quelle forze di
sicurezza, che fossero necessarie per compiti di ordine interno”, dell’ordinanza di sfratto della base
aereonavale degli Stati Uniti d’America di Sigonella, la cui attività ed il recente potenziamento con
velivoli senza pilota rendeva un pericoloso obiettivo militare per la popolazione catanese;
l’emissione, in considerazione del fatto che Mignemi aveva offerto alla Marina degli Stati Uniti la
Super Portaerei Archimede che gli ingegneri americani non avevano saputo costruire, dell’ordinanza
di stipulazione con gli Stati Uniti di una convenzione per aprire immediatamente la Base aerea di
Sigonella ai voli commerciali internazionali tra la Sicilia e gli Stati Uniti, utilizzando inizialmente il
volo di ritorno degli aerei Galaxi per la esportazione dei prodotti siciliani negli Stati Uniti,
indipendentemente dal fatto che gli Stati Uniti iniziassero la costruzione della super Portaerei
galleggiante a moduli di navi larghe 200 metri e lunghe 410 metri, da riunirsi in un’unica pista di
atterraggio e di involo lunga 4 Km o più, da sistemare nei mari internazionali a protezione della
intangibilità del territorio americano da attacchi esterni. Veniva inoltre richiesta la citazione del
Presidente e Governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo, del Presidente el Consiglio dei Ministri,
Silvio Berlusconi, dell’ex Governatore della Banca d’Italia, Azelio Ciampi, e del presidente degli
Stati Uniti d’America, Barack Obama. Il giudice di pace dichiarava la carenza di legitimatio ad
processum dei soggetti convenuti, di ius postulandi e di legitimatio ad causam dell’attore. Tale
sentenza veniva impugnata senza ministero di difensore dal Mignemi, il quale riproponeva tutte le
richieste avanzate in primo grado, chiedendone l’accoglimento. Il Tribunale di Catania dichiarava
inammissibile l’appello, osservando che l’impossibilità di Mignemi Giuseppe di costituirsi
personalmente, ai sensi dell’art. 82 cpc, assorbiva gli altri rilievi sempre preliminari all’esame del
merito, tra i quali l’assenza delle condizioni dell’azione e, in particolare, della stessa ipotetica
accoglibilità della domanda per difetto di possibilità giuridica. L’appellante veniva condannato al
pagamento delle spese di lite, liquidate in 1000C, per diritti ed onorari, oltre agli accessori di legge.
Avverso tale provvedimento Mignemi Giuseppe ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi ai
seguenti motivi:

nel procedimento civile iscritto al R.G. 8820 del 2012

nel primo e nel quarto è stata denunciata la violazione dell’art. 6, comma 3, della Convenzione
Europea dei diritti dell’uomo e dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali in relazione alla
concreta applicazione dell’art. 82 cpc, per avere il giudice di secondo grado ritenuto che il ricorrente
non potesse difendersi personalmente, senza l’assistenza del difensore;
nel secondo è stata dedotta la violazione dell’art. 117 Cost., per non essere stato interpretato l’art. 82
cpc in maniera conforme alla Carta EDU, permettendo al ricorrente di svolgere personalmente le
sue difese;

nel quinto è stata denunciata la violazione dell’art. 106 del TFUE, in quanto l’interpretazione
dell’art. 82 cpc fornita dal giudice di secondo grado, in base alla quale è necessario il ministero di
un difensore, determina la creazione di un monopolio in favore della categoria degli avvocati,
restrittivo della concorrenza e contrario al diritto dell’unione europea. Ha sostenuto il ricorrente che
la norma determinerebbe un’esclusiva ingiustificata e che non vi sarebbe la prestazione di un
servizio pubblico, essendo il diritto di difesa una prerogativa e un diritto individuale di ogni
cittadino;
nel sesto è stata lamentata la condanna alle spese di giudizio, ritenuta dal ricorrente una sanzione
per essere state prospettate dinanzi al giudice di secondo grado senza l’ausilio di un difensore le
medesime doglianze già esaminate dal giudice di prime cure.
Hanno resistito con controricorso Alberto Di Pace e Fabio Guiducci.
Ritenuto che i primi quattro motivi possono essere trattati congiuntamente, in quanto il ricorrente
denuncia con essi sostanzialmente un contrasto tra l’art. 6 e 47 della Carta EDU e l’art. 82 cpc, che
comporterebbe la rimessione degli atti alla Corte Costituzionale per violazione degli artt. 117 e 11
Cost.;
che la questione di legittimità costituzionale appare manifestamente infondata. L’art. 82 c.p.c.
stabilisce che nei giudizi promossi dinanzi al Giudice di pace le parti possono stare in giudizio
personalmente nelle cause il cui valore non eccede euro 516,46, mentre nelle cause che eccedono
tale valore il Giudice di pace, in considerazione della natura ed entità della causa, con decreto
emesso anche su istanza verbale della parte, può autorizzarla a stare in giudizio di persona. Negli
altri casi, la medesima norma prevede che le parti non possano stare in giudizio se non con il
ministero o con l’assistenza del difensore e che davanti al tribunale o alla corte d’appello, salvi i casi
in cui la legge dispone altrimenti, le parti debbano stare in giudizio col ministero di un procuratore
legalmente esercente. Il fondamento di tale regola si ravvisa in un duplice ordine di ragioni. Per un
verso la complessità delle norme, che regolano lo svolgimento del processo, e il tecnicismo nella
redazione degli atti richiedono una preparazione e delle competenze che solo un tecnico del diritto,
il quale è tenuto continuamente ad aggiornarsi sui mutamenti legislativi e giurisprudenziali, è in
grado di avere. Per altro verso, la collaborazione di un esperto serve a filtrare il processo dalle
emozioni e dalla passionalità, che difficilmente mancano nei diretti protagonisti della lite e che
potrebbero privarli della necessaria lucidità e attitudine a valutare con serenità e distacco i fatti della
controversia e a scegliere la più opportuna e adeguata strategia processuale. Appare dunque chiaro
come il legislatore, nell’esigere la collaborazione del difensore, abbia voluto tutelare le parti stesse,
garantendo loro nel miglior modo possibile l’esercizio del diritto di difesa, costituzionalmente
inviolabile in ogni stato e grado del procedimento (art. 24 della Cost.). La Corte Costituzionale, nel
dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Busto

nel terzo è stata richiesta la rimessione degli atti alla Corte Costituzionale, affinchè quest’ultima
valuti la costituzionalità dell’art. 82 cpc, terzo comma, il quale, come interpretato dal Tribunale di
Catania, non consente che la parte possa stare in giudizio personalmente;

che il quinto motivo è manifestamente infondato, in quanto il ricorrente interpreta erroneamente
l’art. 82 cpc, facendo risalire il sistema denunziato alla volontà della legge di proteggere interessi
corporativi e di creare un monopolio in favore degli avvocati e a danno dei singoli individui, che
potrebbero difendersi da soli nei gradi di merito senza avvalersi delle prestazioni degli iscritti agli
albi forensi. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, i compiti svolti dal difensore
rappresentano esercizio di una funzione pubblica (Corte Cost. sent. 8 marzo 1957, n. 46) e la
professione dell’avvocato non costituisce esercizio di impresa, esulando pertanto dal campo di
applicazione dell’art. 106 TFUE;
che il sesto motivo è inammissibile, per mancata riconducibiltà della censura in uno dei motivi di
ricorso per cassazione tassativamente indicati dall’art. 360 cpc, comma 1, dal momento che non è
stata denunciata nè una violazione di legge nè un vizio di motivazione. Deve peraltro osservarsi che
il giudice di secondo grado, in applicazione del principio della soccombenza, ha correttamente
posto le spese di lite a carico di Mignemi Giuseppe, parte soccombente tanto nel giudizio di primo
quanto in quello di secondo grado. Infatti secondo il costante orientamento di questa Corte in
materia di spese processuali, al giudice del merito non è consentito porre le spese a carico della
parte totalmente vittoriosa (ex plurimis Cass. 13229 del 2011; n. 3083 e 5828 del 2006).
In conclusione, ove si condividano i predetti rilievi, il ricorso deve essere respinto”.

Arsizio in relazione a tutte le norme relative ai difensori, contenute nell’art. 82 cpc e negli articoli da
84 a 87 dello stesso codice, le quali condizionano il diritto di difesa all’obbligo della parte di
provvedersi di un difensore e la costringono a sopportare le conseguenze del comportamento
processuale di quest’ultimo, ha ribadito che la legge ordinaria può subordinare a modalità particolari
l’esercizio del diritto di difesa, con il solo limite che la sua esplicazione non ne risulti impossibile o
estremamente difficile. Nella specie ha ritenuto che questo limite non fosse stato superato dall’art.
83 cod. proc. Civ., atteso che la parte non viene privata del potere di scelta fra i procuratori e gli
avvocati iscritti negli albi, che è il più ampio a tal punto che il mandato conferito per il giudizio può
anche essere liberamente revocato, e se non abbiente, gode della protezione che le assicura l’art. 24
terzo comma della Costituzione (Corte Cost. 47 del 1971). In aggiunta a ciò deve essere ricordato
che nella precedente sentenza 8 marzo 1957, n. 46, il giudice delle leggi aveva già chiarito che il
diritto di difesa dovesse essere inteso come potestà effettiva dell’assistenza tecnica e professionale
in qualsiasi processo, dando al compito del difensore una importanza essenziale nel dinamismo
della funzione giurisdizionale, tanto da opinare che esso potesse considerarsi esercizio di funzione
pubblica. Alla tesi del ricorrente, il quale ritiene di basare, oltre che sull’art. 24 Cost., anche sugli
artt. 6, n. 3, lett. c) e 47 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali il diritto della parte di stare in giudizio personalmente in ogni caso, va inoltre
obiettato che la Corte costituzionale ha sempre riconosciuto la discrezionalità del legislatore in tema
di disciplina dei casi in cui è necessario il patrocinio di un avvocato (cfr., ex plurimis, ordinanze n.
460/2006, n. 193/2003 e n. 481/2002, nonché n. 66/2006) e, nella sentenza n. 188 del 1980, ha
osservato che alla richiamata norma della Convenzione, la quale prevede la possibilità di autodifesa
esclusiva, non possa attribuirsi il significato di riconoscimento di un diritto assoluto di difendersi in
giudizio da sè, ma solo quello di riconoscimento di un diritto limitato dal diritto dello Stato
interessato di emanare disposizioni concernenti la presenza di avvocati davanti ai tribunali (cfr.
anche Cass. 1^ Sez. pen. 29 gennaio 2008, n. 7786; Cass. Civ. n. 12570 del 2011). Peraltro la stessa
Corte EDU, chiamata ad interpretare l’art. 6, comma 3, 1. c), della Convenzione per la salvaguardia
dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ha sottilineato che il monopolio dei difensori
specializzati presso le corti supreme risulta giustificato dalla natura delle questioni di diritto trattate,
in gran parte inaccessibili a persone prive di formazione giuridica (Corte EDU, Grande Camera,
Meftah and Others v. Francia, giudizio del 26 luglio 2002);

Il collegio ritiene che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, in quanto esso non è stato
sottoscritto da difensore iscritto all’apposito albo speciale dei patrocinanti in cassazione, in
violazione dell’art. 365 cpc.
P.Q.M.
La Corte,
dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 9 luglio 113

Il Presidente

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