Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24517 del 21/11/2011

Cassazione civile sez. II, 21/11/2011, (ud. 26/10/2011, dep. 21/11/2011), n.24517

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

VETRERIA AURELIA s.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore

pro tempore, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale a

margine del ricorso, dall’Avv. Leonardi Sergio, elettivamente

domiciliata nel suo studio in Roma, via Eleonora Duse, n. 5/G;

– ricorrente –

contro

M.G.;

– intimato –

avverso la sentenza del Tribunale di Lecce n. 677 del 16 marzo 2009;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 26

ottobre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

udito l’Avv. Sergio Leonardi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per l’inammissibilità

o, in subordine, per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che il Pretore di Lecce, sezione distaccata di Campi Salentina, con sentenza in data 12 luglio 1996, rigettò le opposizioni proposte dalla s.r.l. Vetreria Aurelia contro i decreti ingiuntivi n. 111/94 e n. 257/95 emessi dallo stesso Pretore in favore di M.G. per crediti derivanti da un contratto di compravendita inter partes;

che il Tribunale di Lecce, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 16 marzo 2009, ha rigettato l’appello della s.r.l. Vetreria Aurelia;

che per la cassazione della sentenza della Corte d’appello la s.r.l.

Vetreria Aurelia ha proposto ricorso, con atto notificato il 3 marzo 2010, sulla base di due motivi;

che l’intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

che il primo motivo denuncia omessa ed insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5, nonchè violazione e falsa applicazione degli artt. 1321, 1325 e 1326 cod. civ.;

che il secondo mezzo censura omessa ed insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5;

che il primo motivo del ricorso – con cui si prospetta violazione e falsa applicazione di legge – è privo del quesito di diritto, prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366-bis cod. proc. civ., ratione temporis applicabile;

che questa Corte ha in più occasioni chiarito che i quesiti di diritto imposti dall’art. 366-bis cod. proc. civ. – introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 secondo una prospettiva volta a riaffermare la cultura del processo di legittimità – rispondono all’esigenza di soddisfare non solo l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata ma, al tempo stesso e con più ampia valenza, anche di enucleare il principio di diritto applicabile alla fattispecie, collaborando alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione; i quesiti costituiscono, pertanto, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando, altrimenti, inadeguata e, quindi, non ammissibile l’investitura stessa del giudice di legittimità (tra le tante, Cass., Sez. Un., 6 febbraio 2009, n. 2863; Cass., Sez. Un., 14 febbraio 2008, n. 3519; Cass., Sez. Un., 2 9 ottobre 2007, n. 22640);

che il quesito di diritto non può essere desunto per implicito dalle argomentazioni a sostegno della censura, ma deve essere esplicitamente formulato, diversamente pervenendosi ad una sostanziale abrogazione della norma (Cass., Sez. Un., 17 aprile 2009, n. 9153);

che il primo ed il secondo motivo del ricorso, là dove si denuncia il vizio di motivazione, sono stati redatti senza l’osservanza dell’onere, imposto dall’art. 366-bis cod. proc. civ., del quesito di sintesi;

che invero, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto e le ragioni per le quali la motivazione è omessa, insufficiente o contraddittoria, imposto dall’art. 366-bis cod. proc. civ. , deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, all’inizio o al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (Cass., Sez. 3^, 7 aprile 2008, n. 8897; Cass., Sez. 1^, 8 gennaio 2009, n. 189;

Cass., Sez. 1^, 23 gennaio 2009, n. 1741);

che nella specie detto quesito di sintesi è del tutto assente;

che non rileva che il ricorso sia stato notificato quando la L. 18 giugno 2009, n. 69, era già stata pubblicata ed entrata in vigore;

che invero, alla stregua del principio generale di cui all’art. 11 preleggi, comma 1, secondo cui, in mancanza di un’espressa disposizione normativa contraria, la legge non dispone che per l’avvenire e non ha effetto retroattivo, nonchè del correlato specifico disposto della L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5 in base al quale le norme previste da detta legge si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima legge (4 luglio 2009), l’abrogazione dell’art. 366-bis cod. proc. civ. (intervenuta ai sensi della citata L. n. 69 del 2009, art. 47) è diventata efficace per i ricorsi avanzati con riferimento ai provvedimenti pubblicati successivamente alla suddetta data, con la conseguenza che per quelli proposti – come nella specie – contro provvedimenti pubblicati antecedentemente (e dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40) tale norma è da ritenere ancora applicabile (Cass. Sez. 1^, 26 ottobre 2009, n. 22578; Cass., Sez. 3^, 24 marzo 2010, n. 7119);

che pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che nessuna statuizione sulle spese deve essere adottata, non avendo l’intimato svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 26 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2011

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