Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24517 del 05/10/2018

Cassazione civile sez. II, 05/10/2018, (ud. 19/04/2018, dep. 05/10/2018), n.24517

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11954/2014 proposto da:

O.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BENEDETTO

BOMPIANI 32, presso lo studio dell’avvocato PIETRO FERRANDES,

rappresentato e difeso dall’avvocato INNOCENZO CALABRESE;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), N.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 897/2013 del TRIBUNALE di NOLA;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/04/2018 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

TRONCONE Fulvio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1 Il Giudice di Pace di Sant’Anastasia rigettò la domanda di accertamento negativo di un debito condominiale proposta dal condomino O.C. e accolse invece la contrapposta domanda riconvenzionale spiegata dal convenuto, il Condominio (OMISSIS) condannando l’attore al pagamento della somma di Euro 182,40 (corrispondente all’importo di una fattura emessa da un legale per una diffida stragiudiziale diretta al predetto O. e a lui e addebitata per intero per avervi dato causa).

2 Il gravame proposto dall’ O. è stato dichiarato inammissibile dal Tribunale di Nola con sentenza 26 marzo 2013 e il soccombente ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi, illustrati da memoria, mentre il Condominio (OMISSIS) non ha svolto difese.

3 Il procedimento, avviato alla trattazione camerale presso la sesta sezione civile, è stato rimesso alla pubblica udienza con ordinanza interlocutoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1 Col primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 113 c.p.c., comma 2 e art. 339 c.p.c., comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: evidenzia, da un lato, che la sentenza del Giudice di Pace sarebbe appellabile in quanto avrebbe violato norme costituzionali, i principi regolatori della materia e le norme sul procedimento; dall’altro deduce che la pronuncia sarebbe appellabile in quanto decisa secondo diritto, atteso che nel giudizio di primo grado, i convenuti avevano avanzato anche richieste risarcitorie eccedenti il limite di millecento Euro.

1.2 Col secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 112 c.p.c.).

1.3 Col terzo motivo di ricorso si deduce l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione sul dichiarato difetto di legittimazione di N.S. ex art. 360 c.p.c., n. 5).

2 Il primo motivo è fondato.

Nel caso in cui siano proposte al giudice di pace domanda principale di valore non eccedente i limiti (millecento Euro) previsti per la decisione secondo equità e domanda riconvenzionale, connessa con quella principale a norma dell’art. 36 c.p.c., la quale, pur rientrando nella competenza del giudice di pace, superi il limite di valore fissato dalla legge per le pronunce di equità, l’intero giudizio deve essere deciso secondo diritto, con la conseguenza che il mezzo di impugnazione della sentenza è, non già il ricorso per cassazione, ma l’appello, a nulla rilevando che sulla domanda riconvenzionale sia stata emanata una pronuncia a contenuto meramente processuale che non abbia formato oggetto di impugnazione (v. Sez. U, Ordinanza n. 11701 del 06/06/2005 Rv. 581053; Sez. U, Ordinanza n. 12179 del 10/06/2005; Sez. U, Ordinanza n. 12706 del 14/06/2005; Sez. 3, Sentenza n. 26518 del 17/12/2009 Rv. 610987; Sez. 2, Sentenza n. 15338 del 13/09/2012 Rv. 623808).

Nel caso di specie i convenuti nel giudizio di primo grado davanti al Giudice di Pace avevano proposto una domanda riconvenzionale di risarcimento danni da quantificarsi in via equitativa senza quindi precisazione del quantum e perciò da presumersi, in difetto di tempestiva contestazione, di competenza del giudice adito ai sensi dell’art. 14 c.p.c. e, quindi, pari all’importo massimo previsto dall’art. 7 c.p.c., comma 2 (v. Sez. 3, Sentenza n. 12900 del 09/06/2014 Rv. 631583; Sez. 2, Sentenza n. 4890 del 01/03/2007 Rv. 596947).

Il Tribunale ha ritenuto la sentenza inappellabile sulla base del solo valore della domanda principale, osservando che la domanda riconvenzionale, del tutto indeterminata nel petitum e nella causa petendi, portava ad escludere la sussistenza del presupposto di cui all’art. 36 c.p.c. (v. pagg. 3 e ss.).

L’errore di diritto è palese perchè la connessione tra domanda principale e riconvenzionale non si caratterizza per la fondatezza o meno della seconda, quanto piuttosto per la circostanza che la decisione richieda l’accertamento di un fatto costitutivo, impeditivo, modificativo od estintivo comune ad entrambe, cosicchè l’accertamento od il rigetto dell’una implichi il rigetto o l’accoglimento dell’altra (Sez. 3, Sentenza n. 26518/2009 cit.)

E nel caso in esame il fatto comune alle due domande era proprio l’operato del Condominio e dell’ O., perchè la legittimità dell’uno rendeva automaticamente illegittimo quello dell’altro.

La sentenza va pertanto cassata, restando logicamente assorbito l’esame delle altre censure.

Il giudice di rinvio, che si designa nel Tribunale di Noia in persona di diverso magistrato, esaminerà l’appello e, all’esito, regolerà anche le spese di questo giudizio.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Nola in persona di diverso magistrato.

Così deciso in Roma, il 2 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2018

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