Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24509 del 01/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 01/10/2019, (ud. 12/04/2019, dep. 01/10/2019), n.24509

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23317-2017 proposto da:

G.M., B.D., G.A., nella loro

qualità di ex soci della società estinta a seguito di

cancellazione dal Registro Imprese di Rimini in data 22 gennaio 2013

denominata G. & B. SNC in liquidazione, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA ORTIGARA 3, presso lo studio dell’avvocato

MICHELE AURELI, che li rappresenta e difende unitamente agli

avvocati PIERO GIORGIO TENTONI, ASTORRE MANCINI;

– ricorrenti –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE, 144,

presso lo studio dell’avvocato LETIZIA CRIPPA, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ANDREA ROSSI;

– resistente –

e contro

D.R., C.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 583/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 06/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

ROSSETTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 1994 C.A. cadde dall’impalcatura di un cantiere edile dove stava lavorando, e riportò gravi danni alla persona.

In conseguenza dell’infortunio l’Inail costituì in favore della vittima una rendita, secondo le previsioni vigenti ratione temporis del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (una rendita, dunque, corrisposta secondo le previsioni normative anteriori alle modifiche introdotte dal D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 13).

2. Nel 2000 C.A. concluse una transazione, avente ad oggetto il diritto al risarcimento del danno, con la società che aveva realizzato l’impalcatura dalla quale cadde, ovvero la G. & B. s.n.c..

Nella transazione il danneggiato dichiarò di accettare una somma di denaro a tacitazione di qualsiasi credito, e di sciogliere la società transigente dal vincolo solidale rispetto agli altri corresponsabili.

3. Nel 2007 C.A. convenne dinanzi al Tribunale di Rimini D.R., direttore dei lavori di ristrutturazione nel corso dei quali avvenne l’infortunio, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell’infortunio sopra descritto.

D.R. si costituì e, oltre a contestare la pretesa attorea, chiese di chiamare in causa la società G. & B., assumendo la corresponsabilità di questa nella causazione del sinistro. Domandò, altresì, che nel caso in cui il Giudicante avesse ravvisato una ipotesi di corresponsabilità tra lui e la G. & B., la sentenza accertasse le rispettive quote di corresponsabilità.

4. Nel giudizio appena ricordato intervenne volontariamente l’Inail, dichiarando di volersi surrogare nei confronti di ambedue i convenuti per gli importi pagati alla vittima in adempimento dei propri obblighi istituzionali.

5. Con sentenza 19 aprile 2012 n. 506 il Tribunale di Rimini rigettò le domande dell’INAIL nei confronti della G. & B., ritenuta non responsabile.

6. La sentenza venne appellata da D.R., che chiese accertarsi un concorso di colpa della G. & B..

Non venne impugnata dall’Inail.

7. Con sentenza 6 marzo 2017 n. 583 la Corte d’appello di Bologna accolse l’appello di D.R., e attribuì alla G. & B. un concorso di colpa del 30%.

La Corte felsinea ritenne, tuttavia, di condannare la suddetta società anche a rivalere l’Inail, nella suddetta misura del 30%, delle somme pagate dall’Istituto al danneggiato, nonostante l’assicuratore sociale non avesse proposto nessun appello incidentale (v. sentenza d’appello, p. 5, IV capoverso).

8. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da B.D., G.A. e G.M., ex soci della G. & B., nel frattempo disciolta, con due motivi illustrati da memoria.

Nessuno degli intimati si è difeso in questa sede.

L’Inail, pur non avendo notificato nè depositato alcun controricorso, ha depositato una memoria: atto, di conseguenza, irricevibile.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 1916 c.c..

Deducono che l’Inail ha manifestato la volontà di surrogarsi nei confronti della G. & B. solo nel 2011, undici anni dopo che l’infortunato aveva transatto la lite con quest’ultima società. Pertanto, poichè al momento della suddetta dichiarazione il diritto dell’assicurato era ormai estinto per transazione, nessuna surrogazione poteva aver avuto luogo.

1.2. Il motivo è infondato.

La surrogazione dell’assicuratore sociale, in tutte le sue forme (art. 1916 c.c.; D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10, ecc.) è una successione a titolo particolare del solvens nel diritto di credito vantato dall’accipiens nei confronti d’un terzo.

Le Sezioni Unite di questa Corte, con recente decisione, hanno stabilito che essa si realizza ipso facto al momento del pagamento effettuato dal surrogante nelle mani del creditore originario (il danneggiato), a prescindere da qualsiasi manifestazione di volontà del danneggiato o dell’assicuratore.

Ha affermato, in particolare, Sez. U, Sentenza n. 12565 del 22/05/2018, Rv. 648648 – 01, al par. 6.4 dei “Motivi della decisione”, che “il codice condiziona il subingresso (del surrogante) al semplice fatto del pagamento dell’indennità per quel danno di cui è responsabile il terzo, senza richiedere, a tal fine, la previa comunicazione da parte dell’assicuratore della sua intenzione di succedere nei diritti dell’assicurato verso il terzo responsabile. Il subentro non è rimesso all’apprezzamento dell’assicuratore solvens. La perdita del diritto verso il terzo responsabile da parte dell’assicurato e l’acquisto da parte dell’assicuratore sono – come è stato rilevato in dottrina – effetti interdipendenti e contemporanei basati sul medesimo fatto giuridico previsto dalla legge: il pagamento dell’indennità assicurativa”.

1.3. Dall’applicazione di tale principio al caso di specie discende che:

(-) l’Inail si è surrogato ad C.A., nei diritti di credito da questi vantati verso i responsabili, sin dal momento in cui costituì in suo favore la rendita prevista dalla legge, momento certamente anteriore alla transazione stipulata dall’infortunato con la G. & B.: l’infortunio infatti avvenne nel 1994, mentre la transazione venne conclusa nel 2000;

-) di conseguenza il credito del danneggiato soddisfatto dall’Inail (avente ad oggetto il risarcimento del danno derivante dalla lesione della attitudine al lavoro, secondo la disciplina vigente ratione temporis) al momento della stipula della transazione tra C.A. e la G. & B. si era già trasferito dalla vittima all’Inail;

-) ergo, il credito di C.A., avente ad oggetto il risarcimento del danno indennizzato dall’Inail (la lesione dell’attitudine al lavoro) non si estinse per effetto della transazione da questi stipulata, poichè al momento della transazione di quel credito era ormai titolare l’Inail, e non più l’infortunato.

2. Il secondo motivo di ricorso.

2.1. Col secondo motivo i ricorrenti lamentano sia il vizio di omessa pronuncia, sia quello di violazione di legge.

Deducono che, dopo l’intervento in causa dell’Inail, eccepirono la prescrizione dei diritti vantati dall’Istituto nella propria “memoria difensiva” (non si precisa quale).

Aggiungono che la Corte d’appello di Bologna non ha in alcun modo esaminato tale eccezione, e ribadiscono che la suddetta eccezione era fondata, perchè il credito azionato dell’Inail in via di surrogazione era soggetto allo stesso termine di prescrizione cui sarebbe stato soggetto il credito della vittima ed era iniziato a decorrere al più tardi dal 2000, epoca della transazione.

2.2. Il motivo è inammissibile.

Denunciare l’omesso esame di una eccezione da parte del giudice di merito è un motivo di ricorso che, per usare le parole della legge, “si fonda” sugli atti processuali del cui mancato esame il ricorrente si duole. Quando il ricorso si fonda su atti processuali, il ricorrente ha l’onere di “indicarli in modo specifico” nel ricorso, a pena di inammissibilità (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6).

“Indicarli in modo specifico” vuol dire, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte:

(a) trascriverne il contenuto, oppure riassumerlo in modo esaustivo;

(b) indicare in quale fase processuale siano stati prodotti;

(c) indicare a quale fascicolo siano allegati, e con quale indicizzazione (in tal senso, ex multis, Sez. 6 – 3, Sentenza n. 19048 del 28/09/2016; Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015; Sez. U, Sentenza n. 16887 del 05/07/2013; Sez. L, Sentenza n. 2966 del 07/02/2011).

Di questi tre oneri, i ricorrenti non ne hanno assolto alcuno. Il ricorso, infatti, non indica in quale atto l’eccezione fu sollevata, in quali termini fu prospettata, in quale fascicolo e con quale affoliazione sia localizzabile il suddetto atto. Inoltre il ricorso non indica se quell’eccezione di prescrizione fu ribadita nel precisare le conclusioni, nè se fu riproposta ex art. 346 c.p.c. in appello.

Ineludibile, dunque, è la dichiarazione d’inammissibilità del motivo.

3. Le spese.

3.1. Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio della parte intimata.

3.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

P.Q.M.

(-) rigetta il ricorso;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di B.D., G.A. e G.M., in solido, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 12 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2019

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