Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24507 del 30/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 30/11/2016, (ud. 29/09/2016, dep. 30/11/2016), n.24507

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15692-2015 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA – DIPARTIMENTO AMMINISTRAZIONE

PENITENZIARIA, C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

S.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 150/2015 della CORTE D’APPELLO di emessa il

19/01/2015 e depositata il 19/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSA ARIENZO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 29 settembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza del 26.2.2015, il Tribunale di Brindisi ha accolto, nei limiti della prescrizione quinquennale, il ricorso proposto da S.G. – già dipendente NATO ((OMISSIS)) transitato al Ministero della Giustizia ai sensi della L. n. 98 del 1971, in posizione B1 – inteso ad ottenere la declaratoria del diritto all’inclusione dell’indennità integrativa speciale nel computo del beneficio, previsto dal D.P.R. n. 344 del 1983, art. 5, dell’1,25% dello stipendio iniziale di assunzione nello Stato per ogni anno di servizio o frazione prestato presso l’organismo militare.

La Corte di appello di Lecce ha respinto il gravame del Ministero confermando la pronunzia impugnata, osservando che sia l’Adunanza Generale del Consiglio di Stato in sede consultiva (parere 1931 del 6.12.2000), che il Consiglio di Stato (sez. 4, 28.12.2006 n. 8008) avevano affermato la natura retributiva dell’indennità integrativa speciale in linea con quanto ritenuto da Corte Cost. 243/93, che nel contratto collettivo 1998/2000 l’IIS era ricompresa nella retribuzione come voce singola non conglobata, laddove l’art. 20 del CCNL comparto Ministeri sottoscritto il 16.6.2003 aveva invece innovato la disciplina in tema prevedendo che l’iis dovesse essere inglobata nello stipendio tabellare assunto come base di computo. Riteneva che la circostanza che a decorrere dall’1.1.2003 l’indennità, alla stregua dell’art. 20, comma 3, del contratto di comparto, non fosse più corrisposta come voce, ma componesse il trattamento retributivo non determinava il mutamento della natura giuridica dell’attribuzione.

Per la cassazione di tale decisione ricorre il Ministero con unico motivo di impugnazione.

Lo S. è rimasto intimato.

Viene dedotta violazione e falsa applicazione del D.P.R. 25 giugno 1983, n. 344, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, rilevandosi che il riferimento nel testo della norma ad una percentuale dello stipendio iniziale del livello retributivo corrispondente alla posizione giuridica in godimento al momento dell’assunzione del personale di cui alla L. n. 98 del 1971 ed alla L. n. 596 del 1979 alle dipendenze dello Stato indica chiaramente che il beneficio doveva essere determinato in relazione allo stipendio tabellare alla data dell’assunzione in servizio presso il Ministero. Essendo stato lo S. assunto in epoca anteriore (2.12.2002) rispetto all’inglobamento dell’IIS nello stipendio tabellare, avvenuto con il CCNL 2002/2005, art. 20, comma 3, comparto Ministeri, sottoscritto il 16.1.2003 con decorrenza dal 1.1.2003, si sostiene che il nuovo meccanismo introdotto con tale decorrenza non poteva influire sulla quantificazione del beneficio invocato, da calcolarsi al momento dell’assunzione prendendo a base esclusivamente lo stipendio tabellare a tale data.

Si controverte del diritto dello S., già dipendente della Nato, assunto in data 2.12.2002 presso il MIUR, al beneficio economico previsto dal D.P.R. 25 giugno 1983, n. 344, art. 5, (recante norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo del 29 aprile 1983 concernente il personale dei Ministeri ed altre categorie), secondo il quale “Il servizio prestato dal personale di cui alla L. 9 marzo 1971, n. 98, e alla L. 23 novembre 1979, n. 596, alle dipendenze degli organismi militari operanti sul territorio italiano nell’ambito della Comunità atlantica, dà titolo ad un beneficio pari all’1,25 per cento dello stipendio iniziale del livello retributivo corrispondente alla posizione giuridica in base alla quale è stato assunto alle dipendenze dello Stato, per ogni anno di servizio o frazione di anno superiore a sei mesi, con le modalità previste dal D.P.R. 9 giugno 1981, n. 310, art. 2”.

L’interessato rivendica, nello specifico, l’inclusione dell’indennità integrativa speciale nel computo di detto beneficio, che il Ministero ritiene, invece, non consentita in base al tenore della norma invocata. Deve rilevarsi che l’iis, istituita nel 1959, era una delle componenti della retribuzione dei dipendenti del comparto ed è restata espressamente distinta dalle altre fino al 31 dicembre 2002, poichè inglobata nello stipendio tabellare solo a decorrere dal 1 gennaio 2003.

Alla data del 2.12.2002, di assunzione del dipendente, il CCNL 1998/2001, all’art. 25, prevedeva che la retribuzione base mensile fosse costituita dal valore economico mensile di ciascuna delle posizioni economiche previste all’interno di ciascuna area – ivi comprese le posizioni super di cui al CCNL 16 febbraio 1999, art. 17 – e dall’indennità integrativa speciale.

Costituisce dato pacifico, atteso il chiaro tenore letterale della disposizione, che il D.P.R. n. 344 del 1983 non ha fatto cenno all’I.I.S., ma ha menzionato il solo stipendio.

Per “stipendio iniziale del livello retributivo corrispondente alla posizione giuridica” di assunzione nello Stato non può, pertanto, che intendersi lo stipendio tabellare di base della posizione giuridica attribuita all’atto dell’assunzione.

Ciò – come di recente affermato nell’ambito di orientamento giurisprudenziale amministrativo (cfr. Consiglio di Stato, sez. 3, 12.5.2011 n. 2852) – in primo luogo perchè il dato letterale della norma contrattuale di cui si discute non lascia spazio alla considerazione di ulteriori clementi facenti parte della retribuzione globale, pur aventi indubbia natura retributiva e, in secondo luogo, perchè è in tal modo che la norma contrattuale ha voluto perseguire la finalità perequativa ad essa sottesa, evidentemente tenuto anche conto del dato che l’indennità in parola era comunque percepita separatamente dall’impiegato. E’ stato evidenziato che nella norma richiamata non v’è menzione dell’indennità integrativa speciale, ancorchè da lungo tempo istituita rispetto all’epoca di emanazione della stessa, e che la (autonoma) inclusione di tale indennità nel computo del beneficio si sarebbe risolta nella sua duplice corresponsione, sia pur in quota parte, in contrasto col disposto della L. 27 maggio 1959, n. 324, art. 1, comma 4, istitutiva della medesima indennità, secondo cui “L’indennità integrativa speciale compete ad un solo titolo” (cfr., in tali termini, Consiglio di Stato, sez. 3, n. 2852/11 cit.).

Tali considerazioni sono del tutte condivise da questo relatore e deve affermarsene la validità in relazione ad ipotesi di passaggio alle dipendenze dell’amministrazione avvenuto, come per il V. prima del 1.1.2003, giacchè l’art. 20, comma 3, del CCNL, di categoria sottoscritto il 26 maggio 2004 ha stabilito la ricomprensione dell’iis ed il suo assorbimento nello stipendio tabellare con tale decorrenza.

E’ principio affermato da questa Corte quello alla cui stregua nell’interpretare la norma collettiva, il giudice del merito può limitarsi a ricercare la comune intenzione delle parti sulla base del tenore letterale della disposizione da interpretare soltanto se questo riveli l’intenzione delle parti con evidenza tale da non lasciare alcuna perplessità sull’effettiva portata della clausola, dovendo far ricorso, in caso contrario, alla valutazione del comportamento successivo delle parti nell’applicazione della clausola stessa ed alla considerazione di tutti gli altri criteri ermeneutici indicati dagli artt. 1362 e seguenti c.c. (Cass. 4.1.2013 n. 110, Cass. 10.3.2008 n. 6366).

Nella specie il D.P.R. n. 344 del 1983, art. 5, (contenente norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo del 29 aprile 1983 concernente il personale dei Ministeri ed altre categorie) commisura l’entità del beneficio previsto, in misura percentuale, allo stipendio iniziale del livello retributivo corrispondente alla posizione giuridica in base alla quale è avvenuta l’assunzione alle dipendenze dello Stato, con ciò ponendo richiamo testuale ad un dato ben individuato rinvenibile nella contrattazione sulla cui base è stato disciplinato il rapporto di lavoro del dipendente all’atto della sua assunzione. Il tenore del rinvio operato è inequivoco e pertanto non vale riferirsi ai principi su richiamati, posto che il comportamento successivo delle parti è invocato in relazione a quanto previsto dalla norma contrattuale cui si rinvia, che assume, tuttavia, nella specie unicamente il valore di parametro predefinito ben tenuto presente nella individuazione dell’entità del beneficio accordato. Sicchè è estraneo all’ambito interpretativo della norma del D.P.R. del 1983 il comportamento successivo delle parti, che potrebbe in ipotesi rilevare per interpretare le disposizioni del CCNL in vigore all’atto dell’assunzione presso l’amministrazione statale. Ciò senza considerare che il comportamento delle parti posteriore alla conclusione dello stesso, che può assumere rilievo ai fini della sua interpretazione, è solo quello posto in essere in esecuzione ed in riferimento a quel contratto e non, quindi, un comportamento che si estrinsechi in ulteriori accordi modificativi dei precedenti, dai quali deriva un assetto negoziale autonomo e distinto, fonte di nuovi diritti ed obblighi contrattuali (cfr. Cass. 25.9.2007 n. 19928) e che in sede di interpretazione del contratto collettivo, ove il giudice di merito abbia ritenuto che il senso letterale delle espressioni impiegate dagli stipulanti riveli con chiarezza e univocità la loro volontà comune, cosicchè non sussistano residue ragioni di divergenza tra il tenore letterale del negozio e l’intento effettivo dei contraenti, l’operazione ermeneutica deve ritenersi utilmente compiuta senza necessità di far ricorso ai criteri interpretativi sussidiari, il cui intervento si giustifica solo nel caso in cui siano insufficienti i criteri principali (cfr. Cass. 21.8.2013 n. 19357).

Va, poi, aggiunto che anche in tema di determinazione della base di computo di istituti retributivi indiretti il riferimento al solo stipendio tabellare, con esclusione dell’indennità integrativa speciale, è stato ritenuto tale da non suscitare dubbi di legittimità costituzionale in riferimento all’art. 36, in quanto la proporzionalità e l’adeguatezza della retribuzione vanno riferite non già alle sue singole componenti, ma alla globalità di questa (cfr. per un mero riferimento Cass. 1717/11, nonchè Cass. 16732/2013), e che nel caso all’esame le modalità di computo del beneficio tendono unicamente alla valorizzazione, in termini economici, del servizio prestato presso la Nato. Infine, proprio tale finalità esclude la rilevanza delle disposizioni contrattuali collettive successive, posto che il beneficio è computato avendo riguardo ad una percentuale dello stipendio iniziale per ogni anno di servizio pregresso, senza alcuna incidenza di successive modificazioni della nozione di stipendio presa a riferimento dalla norma.

Alla luce di tali considerazioni, si propone l’accoglimento del ricorso del Ministero, cui consegue la cassazione della decisione della Corte di Lecce. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384, comma 2, seconda parte, la causa può essere decisa nel merito nel senso del rigetto della domanda dello S.”.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio. Il Ministero ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2, di contenuto adesivo alla proposta del relatore.

Il Collegio ritiene di condividere integralmente il contenuto e le conclusioni della riportata relazione e concorda, pertanto, sull’accoglimento del ricorso, con cassazione della decisione impugnata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, seconda parte, nei sensi sopra indicati.

Il diverso orientamento espresso nella presente sede di legittimità rispetto a quello seguito nelle fasi del merito induce a compensare tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità e quelle dei gradi di merito.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di cui al ricorso introduttivo. Compensa tra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2016

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