Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24507 del 30/10/2013
Civile Ord. Sez. 6 Num. 24507 Anno 2013
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA
ORDINANZA
sul ricorso 11273-2012 proposto da:
DI FABIO MARIA PIA, DI FABIO SALVATORE, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA MUZIO CLEMENTI 68, presso lo studio
dell’avvocato FEDELI CRISTIANA, rappresentati e difesi
dall’avvocato MORELLI GRETA giusta procura speciale in calce al
ricorso;
– ricorrenti contro
SOCIETA’ CATTOLICA DI ASSICURAZIONE COOP. A R.L.
0032016237, in persona del procuratore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato
COLETTI PIERFILIPPO, che lo rappresenta e difende giusta procura
speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
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Data pubblicazione: 30/10/2013
contro
SANTARELLI MARIAGRAZIA;
«
–
intimata
–
avverso la sentenza n. 6357/2011 della CORTE SUPREMA DI
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
10/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANNAMARIA
AMBROSIO;
udito l’Avvocato Stafania Coletti (delega Pierfilippo Coletti) difensore
della controricorrente che si riporta alla memoria;
è presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS che
conferma la relazione.
Ric. 2012 n.
-2-
0-10-2013
CASSAZIONE di ROMA del 27/01/2011, depositata il 21/03/2011;
Svolgimento del processo e motivi della decisione
E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
« 1. Nel giudizio avente ad oggetto convalida di offerta reale della soc. Cattolica
di Assicurazione e il risarcimento danni subiti da Maria Pia e Salvatore Di Fabio a
seguito della morte in data 11.07.1969 di Teresa Longo, rispettiva madre e moglie,
nell’incidente stradale in cui era coinvolto anche Tullio Santerelli (ora deceduto),
ricorso di Maria Pia e Salvatore Di Fabio, confermando la sentenza della Corte di
appello di Perugia che — decidendo in sede di rinvio dalla Cassazione— aveva
determinato, per quanto qui interessa, il danno patrimoniale subito dai Di Fabio
per mancato apporto di reddito e per mancato apporto di lavoro domestico,
disponendo altresì la detrazione degli acconti versati dalla compagnia di
assicurazione.
2. Avverso detta decisione hanno proposto ricorso per revocazione con atto
inviato il 5 maggio 2012 Maria Pia e Salvatore Di Fabio.
La Cattolica di Assicurazioni coop. a r.l. ha resistito con controricorso.
Nessuna attività difensiva è stata svolta dall’altra intimata, Maria Grazia
Santarelli, quale erede di Tullio Santarelli.
3. Parte ricorrente lamenta l’errore revocatorio con riferimento al rigetto del
terzo e quarto motivo di cassazione, assumendo:
3.1. quanto al terzo motivo di ricorso per cassazione (concernente i criteri di
imputazione degli acconti ricevuti dagli odierni resistenti) che «la Corte di Cassazione
… non si è avveduta che anche gli acconti sul danno morale vanno scorporati della quota
capitale, della quota di rivalutazione e della quota di interessi, al fine di operare le detrazioni»
(pag. 14 del ricorso per revocazione); in particolare la Cassazione — ribadendo che
il criterio di detrazione degli acconti seguito nella sentenza impugnato era corretto
— non avrebbe considerato che «la Corte di appello di Perugia, pur enunciato il _principio,
non ne ha fatto concreta applicazione…» (pag. 12) e che «se la Suprema Corte non fosse
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con sentenza n. 6357 in data 21 marzo 2011 la Corte di cassazione ha rigettato il
incorsa nell’errore di percezione qui rappresentato avrebbe … rilevato la contraddittorietà in cui
era incorsa la Corte di appello di Perugia …»(ancora pag. 14);
3.2. quanto al quarto motivo (concernente la rideterminazione del danno
patrimoniale derivante dal mancato conferimento alla famiglia di quota del reddito
della defunta e dal mancato apporto della sua attiva partecipazione di moglie e
madre alla conduzione famigliare), che la Corte di cassazione — rilevando che la
alle indicazioni della sentenza n. 1384 del 1993 (di cassazione con rinvio) sfuggiva
a qualsiasi censura in sede di legittimità — abbia omesso di considerare due
circostanze (in tesi) dirimenti, e precisamente che la posizione reddituale di
Salvatore Di Fabio e i benefici assistenziali di cui ha goduto la figlia Maria Pia
avrebbero dovuto rimanere estranee all’indagine del giudice del rinvio; in
particolare l’errore revocatorio consisterebbe nel fatto che la Corte di cassazione
«non si è avveduta di tali circostanze, di cui, appunto, i Di Fabio contestavano sostanzialmente
la rilevanza e ammissibilità ai fini della rideterminazione del danno risarcibile … » (pag. 16)
4. Il ricorso, da trattarsi in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 380 bis
e 391 bis cod. proc. civ., non appare destinato a superare il preventivo vaglio di
ammissibilità.
4.1. In punto di diritto si rammenta che costituisce errore di fatto deducibile, ai
sensi dell’art. 395 n. 4 cod. proc. civ., come motivo di revocazione della sentenza,
quello che si verifica in presenza non già di sviste di giudizio, ma della percezione,
in contrasto con gli atti e le risultanze di causa, di una falsa realtà documentale, in
conseguenza della quale il giudice si sia indotto ad affermare l’esistenza di un fatto
o di una dichiarazione che, invece, incontrastabilmente non risulta dai documenti
di causa (exp/inimis Cass. 20 febbraio 2006, n. 3652; Cass. 11 aprile 2001, n. 5369).
In particolare l’errore di fatto previsto dall’art. 395, n. 4, cod. proc. civ. — idoneo a
costituire motivo di revocazione delle sentenze di Cassazione ai sensi dell’art. 391
bis cod. proc. civ. — deve consistere, al pari dell’errore revocatorio imputabile al
giudice di merito, nell’affermazione o supposizione dell’esistenza o inesistenza di
motivazione del giudice del rinvio, siccome attinente a indagine di fatto e aderente
un fatto la cui verità risulti invece, in modo indiscutibile, esclusa o accertata in
base al tenore degli atti o dei documenti di causa; deve essere decisivo, nel senso
che deve esistere un necessario nesso di causalità tra l’erronea supposizione e la
decisione resa; non deve cadere su un punto controverso sul quale la Corte si sia
pronunciata; deve infine presentare i caratteri della evidenza ed obiettività (Cass.
28 febbraio 2007, n. 4640).
semplice e concreta rilevabilità, senza che la sua constatazione necessiti di
argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche, e non può consistere, per
converso, in un preteso, inesatto apprezzamento delle risultanze processuali
ovvero in una critica del ragionamento del giudice sul piano logico – giuridico.
4.2. Ciò premesso, si osserva che nel caso all’esame entrambi i pretesi vizi
revocatori esulano dall’ambito di cui all’art. 391 bis cod. proc. civ. in comb. disp.
con l’art. 395 n. 4 cod. proc. civ., postulando — nella stessa prospettazione di parte
ricorrente — presunti
erro res in iudicando.
Invero le censure investono la
formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico, postulando l’esistenza di un
errore sui contenuti della sentenza di appello (in sede di rinvio) e/o sulle tesi
difensive della parte, che non costituiscono fatti: errori di tal fatta — se e in quanto
dovessero essere sussistenti – si configurerebbero necessariamente non come un
errori percettivi, ma come un errori di giudizio, investendo per la loro natura
l’attività valutativa e interpretativa del giudice.
5. In definitiva il ricorso appare esclusivamente funzionale a sollecitare
l’ennesimo (il sesto) grado di giudizio.»
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il
Collegio – esaminati i rilievi contenuti nella memoria di parte ricorrente che non
hanno evidenziato profili tali da condurre ad una decisione diversa da quella
prospettata nella relazione e letta, altresì, la memoria di parte resistente – ha
condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione stessa.
In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile .
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L’errore revocatorio deve, pertanto, apparire di assoluta immediatezza e di
Le spese del presente procedimento, liquidate come in dispositivo alla stregua
dei parametri di cui al D.M. n. 140/2012, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al
rimborso delle spese processuali, liquidate in favore della resistente in C 2.800,00
(di cui C 200,00 per esborsi) oltre accessori come per legge.
IL PRESENTE
dott. AntS
Segreto
Roma 10 ottobre 2013