Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24504 del 17/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 17/10/2017, (ud. 30/03/2017, dep.17/10/2017),  n. 24504

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14767/2016 proposto da:

O.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI

CALAMATTA 27, presso lo studio dell’avvocato LUIGI GRECO,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIACOMO RAFFAELE ESPOSITO;

– ricorrente –

contro

ALPHABET ITALIA SPA, S.E.;

– intimati –

contro

UNIQUA ASSICURAZIONI SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

PANAMA, 68, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO LOMBARDO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MICHELE LOMBARDO;

– resistente –

avverso la sentenza n. 330/2016 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 22/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 30/03/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO

SCARANO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 330 del 2016 la Corte d’Appello di Palermo, in parziale accoglimento del gravame interposto dal sig. O.M. e in conseguente parziale riforma della pronunzia Trib. Trapani n. 908 del 2011 di parziale accoglimento della domanda originariamente proposta dai genitori del medesimo nei confronti del sig. S.E., nonchè delle società Alphabet Italia s.p.a. e Uniqa protezione s.p.a. di risarcimento dei danni sofferti in conseguenza del sinistro stradale avvenuto il (OMISSIS), ha rideterminato in aumento il quantum a tale titolo liquidatogli dal giudice di prime cure.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito l’ O. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso la società Uniqa Assicurazioni s.p.a. L’altra intimata non ha svolto attività difensiva.

E’ stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite proposta ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1^ motivo il ricorrente denunzia “violazione e falsa applicazione” dell’art. 116 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2^ motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” dell’art. 2054 c.c., comma 2, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il ricorso è sotto plurimi profili inammissibile.

Va anzitutto posto in rilievo che risulta invero del tutto difettare il requisito della esposizione sommaria dei fatti di causa prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dell’art. 366 c.p.c., n. 3, il base al quale il ricorso per cassazione, pur non dovendo necessariamente contenere una parte relativa alla esposizione dei fatti strutturata come premessa autonoma e distinta rispetto ai motivi o tradotta in una narrativa analitica o particolareggiata dei termini della controversia, deve offrire elementi tali da consentire una cognizione chiara e completa non solo dei fatti che hanno ingenerato la lite, ma anche delle varie vicende del processo e delle posizioni eventualmente particolari dei vari soggetti che vi hanno partecipato, in modo che si possa di tutto ciò avere conoscenza esclusivamente dal ricorso medesimo, senza necessità di avvalersi di ulteriori elementi o atti, ivi compresa la sentenza impugnata (v. Cass., 22/5/2014, n. 11308; Cass., 28/2/2006, n. 4403; Cass., 19/4/2004, n. 7392).

Deve ulteriormente sottolinearsi che il ricorso risulta formulato altresì in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso il ricorrente pone a suo fondamento atti e documenti del giudizio di merito (es., le “risultanze istruttorie”, la “copia integrale del rapporto di sinistro stradale per cui è processo”) limitandosi meramente a richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo, (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).

Senza sottacersi, con particolare riferimento al 1^ motivo, che giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità la violazione dell’art. 116 c.p.c., è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – e non anche come nella specie prospettato in termini di violazione di legge, dovendo emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità.

Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni del ricorrente, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realtà si risolvono nella mera doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).

Per tale via in realtà sollecita, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici di merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente società Uniqa Assicurazioni s.p.a., seguono la soccombenza.

Non è viceversa a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione nei confronti dell’altra intimata, non avendo la medesima svolto attività difensiva.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.000,00, di cui Euro 1.800,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore della controricorrente società Uniqa Assicurazioni s.p.a..

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 30 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2017

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