Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24501 del 10/09/2021

Cassazione civile sez. I, 10/09/2021, (ud. 29/01/2021, dep. 10/09/2021), n.24501

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 10990/2019 proposto da:

J.L., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

cancelleria civile della Corte di cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Clementina Di Rosa, per procura speciale estesa in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Napoli depositato il 13 marzo

2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29 gennaio 2021 dal relatore Dott. Marco Vannucci.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

Il ricorrente, cittadino del Gambia, in sede di audizione innanzi alla Commissione territoriale ha, dapprima, narrato di avere lasciato il Paese per il timore di essere arrestato per la sua militanza nel partito (OMISSIS) (al pari di molti altri che come lui avevano partecipato ad una manifestazione lo stesso giorno in cui è poi espatriato); quindi, rispondendo alle richieste di precisazioni in relazione al fatto che il partito (OMISSIS) era ormai al governo del Paese, ha dichiarato che il vero motivo per cui non poteva rimpatriare era legato alle condizioni economiche della sua famiglia ed alla precaria salute della madre.

Respinta la richiesta di protezione internazionale dalla competente Commissione territoriale, il ricorrente ha adito il Tribunale di Napoli che, dato atto della sua mancata comparizione, gli ha negato il riconoscimento sia dello status di rifugiato, sia della protezione sussidiaria, sia di quella umanitaria.

Ha ritenuto il tribunale che, pur prescindendo dalla dubbia attendibilità delle dichiarazioni del r.a. per le contraddizioni e le lacune ben evidenziate dalla Commissione, il pericolo di arresto non è comunque più attuale alla luce dei notevoli cambiamenti politici avvenuti nel Paese; e che, correlativamente, dalle COI aggiornate sullo stato del Gambia non emerge alcun rischio di danno grave come qualificato dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, nelle varie ipotesi previste da tale norma; che infine, quanto alla protezione umanitaria, deve escludersi che il r.a. versi in situazione di particolare vulnerabilità, sotto il profilo oggettivo (la attuale situazione del Gambia) e sotto quello soggettivo (in assenza di specifiche allegazioni circa la sua situazione personale, diverse da quelle – generiche ed indimostrate – relative alla malattia della madre, e in un contesto di mancata integrazione nel nostro Paese, non avendo il richiedente un lavoro stabile).

Avverso la predetta decisione ha proposto ricorso per cassazione il richiedente asilo affidandosi a quattro motivi.

Il Ministero è rimasto intimato.

Diritto

RITENUTO

Che:

1.- Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in relazione al diniego dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,5,6,7,8 e 14, contestando, da un lato, la genericità e contraddittorietà delle sue dichiarazioni, dall’altro deducendo la erroneità dell’accertamento circa la situazione attuale del Gambia, che risulta invece caratterizzata da insicurezza ed instabilità, come da reports già prodotti al tribunale e da pronunce di altri giudici di merito.

1.1. Tali doglianze sono inammissibili.

Quanto allo status di rifugiato, il motivo non si confronta con la ratio decidendi relativa alla inattualità del rischio di persecuzione per ragioni politiche che, chiaramente motivata dal giudice di merito, si mostra di per sé sufficiente a sostenere la statuizione di rigetto, sia della richiesta di riconoscimento di status sia di quella di protezione sussidiaria con riguardo alle ipotesi di sottoposizione al rischio di perdere la vita o di subire pene o trattamenti inumani o degradanti (art. 14, lett. a, b) a cagione delle propria appartenenza politica.

Con riferimento al rischio di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), il tribunale ha assolto al dovere di cooperazione istruttoria, assumendo informazioni sul paese di origine da una fonte attendibile ed aggiornata (Report EASO marzo 2017) che è stata esplicitamente menzionata nella decisione (Cass. n. 22527/2020). A tale motivato accertamento di fatto il ricorso oppone genericamente la propria valutazione di segno opposto, facendo altrettanto generico riferimento al contenuto imprecisato di due reports ((OMISSIS) e Amnesty International) da lui richiamati in primo grado che dovrebbero supportare il suo assunto. Sotto questo profilo, la doglianza di violazione del disposto normativo (in sé peraltro inapprezzabile anche sul piano della previsione astratta, dal momento che una situazione di instabilità non equivale al conflitto armato) si risolve in effetti in una richiesta di revisione del giudizio di fatto rettamente espresso dal giudice di merito, richiesta evidentemente estranea alla verifica di legittimità.

2. – Analoghe considerazioni valgono per il secondo motivo, con il quale il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, lamentando l’erroneo diniego della protezione umanitaria. La doglianza è inammissibile in quanto, limitandosi a fare generico riferimento a situazioni di povertà estrema senza alcuna precisazione in ordine alla situazione individuale del ricorrente né ad eventuali allegazioni espresse in tal senso nel giudizio di merito, si risolve in una richiesta di revisione del giudizio di fatto operato dal tribunale, estranea alla verifica di legittimità.

3. Anche il terzo motivo, con il quale il ricorrente torna a censurare il diniego della protezione umanitaria sotto il profilo della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 27, comma 1 bis, non si sottrae ai rilievi sopra esposti. Il ricorrente lamenta l’omesso approfondimento d’ufficio della situazione socio-politica del Gambia deducendo che, pur non versando in una situazione di conflitto armato, il Paese è tuttora teatro di violazioni di diritti umani di libertà. Tali deduzioni, da un lato, lungi dal prospettare una violazione del disposto astratto della norma, si pongono in diretto contrasto con l’accertamento di merito compiuto dal tribunale; dall’altro, fanno riferimento a situazioni di vulnerabilità che non risultano attinenti alla condizione personale del ricorrente, come emergente dalle sue allegazioni.

4. Del pari inammissibile è infine il quarto motivo, con il quale il ricorrente denuncia il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), senza tuttavia precisare di quali specifici fatti materiali che risultino essere stati allegati, e quindi discussi, nel giudizio di merito sia stato omesso l’esame.

5. La declaratoria di inammissibilità del ricorso si impone dunque.

Nulla sulle spese in difetto di regolare costituzione della parte intimata.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2021

 

 

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