Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 245 del 09/01/2020

Cassazione civile sez. I, 09/01/2020, (ud. 30/09/2019, dep. 09/01/2020), n.245

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19897/2017 proposto da:

M.B., elettivamente domiciliato in Roma Viale Di Vigna Pia,

60 presso lo studio dell’avvocato Ivan Pupetti che lo rappresenta e

difende come da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso l’ordinanza n. 54/2017 del GIUDICE DI PACE di CREMONA,

depositata il 25/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/09/2019 da Dott. FALABELLA MASSIMO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con ordinanza del 25 luglio 2017 il Giudice di pace di Cremona respingeva l’opposizione proposta da M.B., nata in Nigeria, avverso il decreto di espulsione emesso, in danno di lei, dal Prefetto della Provincia di Cremona.

2. – Contro tale provvedimento è stato proposto ricorso per cassazione. L’impugnazione si fonda su di un motivo. L’Amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – La ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b), della L. n. 68 del 2007, art. 1, comma 2, e della L. n. 241 del 1990, art. 3. Rileva, in sintesi, che nella fattispecie non poteva ricorrere il soggiorno irregolare, ma l’ingresso clandestino, giacchè essa istante risultava priva di passaporto e di visto di ingresso.

2. – Il ricorso è inammissibile.

Il decreto di espulsione – spiega l’ordinanza impugnata – è stato pronunciato sul presupposto che la ricorrente era “entrata in territorio italiano senza mai regolarizzare la propria posizione di soggiorno”; e tale circostanza – è aggiunto – “era stata pacificamente confermata dalla stessa parte ricorrente nell’atto introduttivo del giudizio”. L’istante ha riprodotto, poi, uno stralcio del decreto di espulsione in cui è fatta menzione della detta situazione di mancata regolarizzazione.

Ora, è ben vero che secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel giudizio avente ad oggetto la verifica della pretesa espulsiva dello Stato, le ipotesi di violazione che possono giustificare l’espulsione sono rigorosamente descritte dalla vigente normativa, configurandosi il provvedimento espulsivo come atto a contenuto vincolato, sicchè la materia di indagine è costituita dalla sussistenza della specifica ipotesi contestata all’espellendo ed assunta a dichiarato presupposto dell’espulsione (Cass. 25 ottobre 2005, n. 20668 e Cass. 5 gennaio 2005, n. 210, secondo cui il giudice, una volta ritenuta l’insussistenza dell’ipotesi per cui è stata disposta l’espulsione, non potrebbe confermare il provvedimento). Ma è altrettanto vero, come si è visto, che il Prefetto ha basato il proprio provvedimento sul dato del trattenimento della ricorrente sul territorio nazionale senza regolarizzazione – cioè senza che fosse stato richiesto il permesso di soggiorno (D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b) – e il Giudice di pace ha ritenuto del resto legittimo il decreto avendo riguardo proprio a tale specifica fattispecie. La deduzione secondo cui la ricorrente sarebbe entrata in Italia “sottraendosi ai controlli di frontiera” (art. 13, comma 2, lett. a D.Lgs. cit.) risulta carente sul versante dell’autosufficienza, giacchè è formulata senza alcuna indicazione delle risultanze di causa da cui la circostanza prospettata dovrebbe desumersi e senza precisare se e come la questione relativa, di cui il Giudice di pace non si è occupato, venne fatta valere in sede di merito.

3. – Il ricorso è dunque dichiarato inammissibile.

4. – Non deve ovviamente pronunciarsi sulle spese processuali. Poichè il processo risulta esente dal contributo unificato, non trova applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

LA CORTE

dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 30 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2020

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