Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 245 del 09/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 245 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: IOFRIDA GIULIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Colombo Claudio, in proprio ed in qualità di
titolare della ditta individuale Ediltecnica di
Colombo Claudio, elettivamente domiciliato in Roma
Via Nizza n. 59, presso lo studio dell’Avvocato
Emilio Battaglia, che lo rappresenta e difende
unitamente all’Avv.to Fabrizio De Risi in forza di
procura speciale in calce al ricorso
– ricorrente contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
p.t., domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12,
presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ex lege
controricorrente e

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona
del Ministro p.t.,
– intimato –

avverso la sentenza n. 26/46/2007 della Commissione
Tributaria regionale della Lombardia;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 27/11/2013 dal Consigliere

Data pubblicazione: 09/01/2014

i

Dott. Giulia Iofrida;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Federico Sorrentino, che ha concluso
per il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
Colombo Claudio, in proprio e quale titolare della
ditta individuale Ediltecnica di Colombo Claudio,
propone ricorso per cassazione, affidato ad un

diritto), nei confronti dell’Agenzia delle Entrate
(che resiste con controricorso), avverso la
sentenza della Commissione Tributaria Regionale
della Lombardia n. 26/46/2007, con la quale – in
una controversia concernente l’impugnazione di un
avviso di accertamento, notificatogli nel dicembre
2001, in relazione a maggiori imposte IRPEF, ILOR e
contributo SSN, oltre sanzioni ed interessi,
dovuti, per l’anno d’imposta 1995, a seguito di
rettifica del reddito d’impresa, ai sensi degli
artt.39 comma l ° DPR 600/1973 e 62 sexies
1.472/1993, conseguentemente alla rideterminazione,
da £ 210 milioni a £ 552 milioni, del prezzo di
vendita, unica operazione finanziaria realizzata
nell’anno 1995 dalla ditta, alla moglie del
Colombo, di un appartamento, contratto ritenuto
dall’Ufficio erariale parzialmente simulato – è
stata confermata la decisione n. 280/05/2004 della
Commissione Tributaria Provinciale di Varese, che
aveva respinto il ricorso del contribuente.
In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto
che, sulla base della documentazione in atti
(“l’esito della verifica e del conseguente p.v. di
constatazione della GdF”, “la documentazione
acquisita direttamente dall’Ufficio” e “la perizia
dell’Agenzia del territorio”),

l’accertamento era

unico motivo (contenente plurime questioni di

sufficientemente supportato da

“presunzioni gravi,

precise e concordanti, ai sensi dell’art.39, comma
1, DPR 600/1973″,

in relazione alla vendita, nel

1995, al coniuge del contribuente Colombo,
prezzo di favore”,

di

“a

“un appartamento con box,

ecc.”, la cui differenza attiva di appena 21 milioni
appare insufficiente a garantire un utile adeguato,
il rischio d’impresa, il capitale investito e
considerato altresì che

la stima dell’Ufficio aveva tenuto conto

“del

prezzo praticato per gli altri appartamenti dello
stesso complesso immobiliare e del valore
millesimale attribuito in sede di relativa
tabella”.
Considerato in diritto.
Il ricorrente lamenta, con un unico motivo, la
violazione e/o falsa applicazione, ai sensi
dell’art.360 n. 3 c.p.c., di norme di diritto, in
relazione agli artt. 39, comma l ° , DPR 600/1973, 62
sexies 1.427/1993 e 53 comma 1 lett. a) DPR
917/1986-TUIR, avendo i giudici della CTR ritenuto
corretto un accertamento induttivo, basato sul
ricorso ad una doppia presunzione (consistendo il
fatto

“noto”

nel valore di mercato superiore al

prezzo di vendita), malgrado la mancata
dimostrazione dell’effettivo incasso della maggiore
somma contestata da parte del Colombo, e sulla
qualificazione del maggior prezzo stimato come
“ricavi al sensi dell’art.53 comma 1 lett. a)
TUIR”,

laddove, trattandosi, al più, di un

contratto, tra coniugi, di compravendita misto a
donazione, esso rappresentava una forma di
“autoconsumo”

(essendo stata l’unità adibita a

dimora familiare), ai sensi dell’art.53 , comma 2,
TUIR .

l’attività del titolare”,

Anzitutto non può essere accolta l’eccezione,
sollevata dalla controricorrente, di
inammissibilità del ricorso e di novità delle
questioni, in quanto, dalla stessa sentenza
impugnata della C.T.R., emerge che dette
prospettazioni erano state già avanzate in appello.
La censura è, peraltro, infondata ed inammissibile.

Corte, in tema di accertamento delle imposte sui
redditi, qualora sia contestata una plusvalenza
patrimoniale realizzata a seguito di cessione a
titolo oneroso di un’unità immobiliare, l’onere di
fornire la prova che l’operazione è parzialmente
(quanto al prezzo di vendita) simulata incombe
all’Amministrazione finanziaria, la quale adduca
l’esistenza di un maggiori ricavi, e può essere
adempiuto, ai sensi dell’art. 39, primo comma, del
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, anche sulla base
di presunzioni semplici, purché gravi, precise e
concordanti, “non ostandovi il divieto della doppia
presunzione, il quale attiene esclusivamente alla
correlazione tra una presunzione semplice con altra
presunzione semplice, e non può quindi ritenersi
violato nel caso in cui da un fatto noto si risalga
ad un fatto ignorato, che a sua volta costituisce
la base di una presunzione legale”

(Cass.

1023/2008; Cass. 10517/2010), rimanendo a carico
del contribuente l’onere di superare la presunzione
di corrispondenza tra il valore di mercato ed il
prezzo incassato (Cass.4057/2007).
Vero che, in tema di imposta sui redditi, la
lettera a) dell’art. 53 DPR n. 917 del 1986, TUIR,
considera

“ricav1 i corrispettivi delle

cessioni di beni e delle prestazioni di servizi
alla cui produzione o al cui scambio è diretta

Occorre rilevare che, come già chiarito da questa

l’attività

dell’impresa”

e questa Corte (Cass.,

2000 n. 14448 e Cass. 16700/2005) ha già chiarito
che, tenuto conto dell’inequivoco significato del
termine “corrispettivo”, “i principi relativi alla
determinazione del valore di un bene che viene
trasferito sono diversi a seconda dell’imposta che
si deve applicare perché, quando si discute di

mercato del bene, mentre quando si discute di una
plusvalenza realizzata nel l’ambito di un impresa
occorre verificare la differenza realizzata tra il
prezzo di acquisto e il prezzo di cessione”.
Tuttavia, nella fattispecie in esame, non può
desumersi il difetto di altri elementi, oltre
all’accertamento

del

proposti

valore venale,

dall’Ufficio, idonei (per gravità, precisione e
concordanza) a far fondatamente ritenere, prima,
che la contabilità della Ditta,

formalmente

regolare, in realtà fosse inattendibile e, poi, che
il corrispettivo ricavato fosse, diverso da quello
denunziato, ma pari a quello del valore venale.
Nella specie, infatti, nella sentenza si dà altresì
atto, oltre che del maggior valore di mercato del
bene oggetto di vendita, rispetto al prezzo
dichiarato nell’atto di compravendita, stimato in
una perizia redatta dall’Agenzia del Territorio, di
altri elementi, a supporto dell’irrisorietà del
prezzo indicato in fattura e nel rogito notarile di
compravendita,

quali

l’unicità dell’operazione

rispetto all’attività economica espletata nel 1995,
il fatto che “la

differenza attiva di appena 21

milioni” fosse “insufficiente a garantire un utile
adeguato,

il rischio d’impresa,

investito e l’attività del titolare”.

5

il

capitale

imposta di registro si ha riguardo al valore di

ESENTEDAREG!STRAMONE
Al SENSI DL
N. 131TAit.

Si

deve

inoltre

rilevare

che,

secondo

MATERIAi.•
la

giurisprudenza di questo giudice di legittimità, è
incensurabile in sede di legittimità
l’apprezzamento del giudice di merito circa la
ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e
concordanza richiesti dalla legge per valorizzare
gli elementi di fatto come fonti di presunzione,

congrua dal punto di vista logico, immune da errori
di diritto e rispettosa dei principi che regolano
la prova per presunzioni (v. tra le altre Cass. n.
10135 del 2005 e n. 16831 del 2003).
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve
essere respinto.
Le

spese

processuali,

liquidate

come

in

dispositivo, in conformità del D.M. 140/2012,
attuativo della prescrizione contenuta nell’art.9,
comma 2 ° , d.l. 1/2012, convertito dalla 1. 271/2012
(Cass.S.U. 17405/2012), seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte
ricorrente al rimborso delle spese processuali del
presente giudizio di legittimità, liquidate in
complessivi E 5.000,00, oltre eventuali spese
prenotate a debito.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Quinta sezione civile, il 27/11/2013.
Il Presidente
Il Ci sigliere est.

sempre che la motivazione adottata al riguardo sia

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