Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24499 del 30/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 30/11/2016, (ud. 06/10/2016, dep. 30/11/2016), n.24499

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22536-2015 proposto da:

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

MARIO LAZZARI in virtù di mandato speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto Medesimo, rappresentato e difeso, unitamente

e disgiuntamente dagli avvocati CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO

e MAURO RICCI giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 920/2015 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

emessa il 23/03/2015 e depositata il 22/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES;

udito l’Avvocato Clementina Pulli, per il controricorrente, che si

riporta ai motivi del controricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 6 ottobre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza del 22 maggio 2015, la Corte di Appello di Lecce dichiarava il diritto di P.G. alla indennità di accompagnamento a decorrere dall’ottobre 2009 mentre rigettava la domanda nella parte in cui il predetto aveva chiesto l’attribuzione anche della pensione di inabilità.

La Corte territoriale, pur prendendo atto che all’esito del rinnovo della consulenza tecnica d’ufficio il P. era affetto da un quadro morboso invalidante nella misura del 100% e di gravità tale da renderlo incapace di compiere autonomamente gli atti del vivere quotidiano a decorrere dall’ottobre 2009 (epoca della revoca dell’indennità di accompagnamento), evidenziava che da tale data e fino al compimento del 65 anno di età ((OMISSIS)) non ricorreva il requisito reddituale previsto per poter accedere alla pensione di inabilità dovendosi tenere conto – per il periodo antecedente l’entrata in vigore del D.L. 28 giugno 2013, n. 76, – non solo del reddito personale del predetto, ma anche di quello del coniuge.

Per la cassazione della decisione propongono ricorso il P. e l’avv. Lazzari sulla base di due motivi.

L’I.N.P.S. resiste con controricorso.

Con il primo motivo di ricorso il P. deduce violazione e falsa applicazione del D.L. 28 giugno 2013, n. 76, art. 10, commi 5 e 6, convertito in L. 9 agosto 2013, n. 99, nonchè omessa motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5) in quanto erroneamente la Corte di merito non gli aveva riconosciuto il diritto alla pensione di inabilità a decorrere dalla data di entrata in vigore del menzionato D.L. n. 76 del 2013.

Con il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 91 c.p.c., in quanto, una volta accertata la piena – e non solo parziale – fondatezza della domanda le spese di lite dovevano essere liquidate per l’intero e non solo in parte. Nel motivo l’avv. Lazzari chiede, in proprio, la distrazione delle spese non disposta dalla Corte di merito nonostante egli si fosse dichiarato antistatario.

Il primo motivo è infondato.

Si premette che questa Corte, con indirizzo consolidato (vedi, in particolare, Cass. n. 16363 del 2002, n. 16311 del 2002, 12266 del 2003, 14126 del 2006, n. 13261 del 2007) aveva statuito che in tema di verifica del requisito reddituale prescritto ai fini della pensione di cui alla L. n. 118 del 1971, art. 12, assume rilievo non solamente il reddito personale dell’invalido, ma anche quello (eventuale) del coniuge del medesimo, onde il beneficio va negato quando l’importo di tali redditi, complessivamente considerati, superi il limite determinato con i criteri indicati dalla norma suindicata. Tale soluzione interpretativa risulta fondata oltre che sul dato testuale del D.L. n. 663 del 1979, art. 14 septies, comma 4, conv. in L. n. 33 del 1980 – il quale, nell’elevare i limiti di reddito anteriormente fissati dal D.L. n. 30 del 1974, artt. 6, 8 e 10 conv. in L. n. 114 del 1974, non prevede, per la pensione di inabilità, l’esclusione del reddito percepito dagli altri componenti il nucleo familiare, diversamente da quanto stabilito dal comma quinto per l’assegno di cui alla L. n. 118 del 1971, art. 13, – anche su considerazioni di ordine generale attinenti alla funzione sostitutiva dell’intervento assistenziale pubblico riconosciuta alla solidarietà familiare nell’ambito del sistema di sicurezza sociale. L’orientamento sopra richiamato è stato successivamente posto in discussione da alcune decisioni (Cass. n. 18825 del 2008, n. 7259 del 2009 e n. 20426 del 2010). Tuttavia la questione è stata oggetto di ulteriore rimeditazione in esito alla quale questa Corte, con condivisibile pronunzia (Cass. n. 5003 del 2011), seguita da altre conformi (v. tra queste: ord. n. 19658 del 2012), ha confermato l’orientamento più risalente affermando che ai fini della pensione di cui all’art.12 L. n. 118 del 1971 il requisito reddituale deve essere verificato considerando anche il reddito dell’eventuale coniuge.

Su questo quadro normativo e giurisprudenziale si innesta il recente intervento del legislatore che con il D.L. 28 giugno 2013, n. 76, recante “Primi interventi urgenti per la promozione dell’occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonchè in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti” conv. nella L. n. 99 del 2013, all’art. 10 comma 5 ha inserito dopo il D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 14 – septies, comma 6, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 febbraio 1980, n. 33, una ulteriore disposizione (divenuta l’art. 14 septies, comma 7) con la quale si specifica che “Il limite di reddito per il diritto alla pensione di inabilità in favore dei mutilati e degli invalidi civili, di cui alla L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 12, è calcolato con riferimento al reddito agli effetti dell’IRP) con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte”. La disposizione si completa con il successivo comma sesto (divenuto l’art. 14 septies cit. comma 8) il quale stabilisce che “La disposizione del D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 14 – septies, comma 7, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 febbraio 1980, n. 33, introdotta dal comma 5, si applica anche alle domande di pensione di inabilità in relazione alle quali non sia intervenuto) provvedimento definitivo e ai procedimenti giurisdizionali non conclusi con sentenza definitiva alla data di entrata in vigore della presente disposizione, limitatamente al riconoscimento del diritto a pensione a decorrere dalla medesima data, senza il pagamento di importi arretrati. Non si fa comunque luogo al recupero degli importi erogati prima della data di entrata in vigore della presente disposizione, laddove conformi con i criteri di cui al comma 5.”.

Come chiarito in recenti pronunzie di questa Corte (ord. n. 27812 del 2013, n. 28565 del 2013 cui ne sono succedute numerose altre), con tale previsione il legislatore ha inteso definire un nuovo regime reddituale senza, tuttavia, pregiudicare le posizioni di tutti quei soggetti che avendo presentato domanda nella vigenza della precedente normativa (da interpretarsi nei termini più sopra riportati) non avessero ancora visto la definizione in sede amministrativa del procedimento ovvero fossero parti di un procedimento giudiziario ancora sub indice. Quasi a ribadire il suo carattere innovativo, poi, la norma precisa che il diritto alla pensione, sulla base dei nuovi requisiti stabiliti, decorrerà solo dalla data di entrata in vigore della nuova disposizione (28.6.2013) e soggiunge che non possono essere pagati importi arretrati sulle prestazioni riconosciute precisando quindi che, ove tale pagamento sia già intervenuto, le somme erogate non sono comunque recuperabili purchè il loro riconoscimento sia intervenuto prima della data di entrata in vigore del nuovo requisito reddituale e risulti comunque rispettoso dello stesso.

Consegue, con riferimento al caso di specie, che il diritto al beneficio in controversia poteva essere riconosciuto solo previa verifica che i redditi del ricorrente, cumulati con quelli del coniuge, non superassero la soglia di legge, dovendosi evidenziare la inapplicabilità, in concreto, della novella di cui al D.L. 28 giugno 2013, n. 76 conv. in L. n. 99 del 2013, in ragione del fatto che il P., all’epoca della relativa entrata in vigore, aveva già compiuto i sessantacinque anni di età.

L’infondatezza del primo motivo assorbe in parte il secondo laddove ha denunciato la errata compensazione delle spese di lite in quanto correttamente il giudice del gravame, a fronte del parziale accoglimento della domanda, ha compensato per la metà le spese di entrambi i gradi di giudizio. Diversamente il secondo mezzo è fondato nella parte in cui l’avv. Lazzari, difensore del P. nei gradi di merito, ha evidenziato che nell’impugnata sentenza non era stata disposta la distrazione in suo favore nonostante si fosse dichiarato anticipatario. Ed infatti risulta che l’avv. Lazzari si era dichiarato antistatario.

Per tutto quanto sopra considerato, il parziale accoglimento del secondo motivo di ricorso, rigettato il primo e nel resto il secondo, la cassazione dell’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto con decisione nel merito – ex art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto – disponendo l’attribuzione delle spese dei gradi di merito come liquidate dalla Corte di Appello in favore dell’avv. Lazzari Mario per dichiarato anticipo fattone; con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5.”.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Il P. ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., con la quale ribadisce le argomentazioni di cui al primo motivo di ricorso che non contengono, a parere del Collegio, ragioni idonee a scalfire il contenuto della relazione, pienamente condivisibile in quanto in linea con i precedenti di questa Corte.

Pertanto, va accolto in parte il secondo motivo di ricorso, rigettati il primo e nel resto il secondo, l’impugnata sentenza va cassata in relazione al motivo accolto con decisione nel merito – ex art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto – disponendo l’attribuzione delle spese dei gradi di merito, come liquidate dalla Corte di Appello, in favore dell’avv. Mario Lazzari per dichiarato anticipo fattone.

Le spese del presente giudizio, stante il parziale accoglimento del ricorso, vanno compensate interamente tra le parti.

Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (legge di stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent. n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

PQM

La Corte accoglie in parte il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo e nel resto il secondo, cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dispone l’attribuzione delle spese dei gradi di merito, come liquidate dalla Corte di Appello, in favore dell’avv. Mario Lazzari antistatario; compensa le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2016

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