Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24499 del 30/10/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 24499 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: AMENDOLA ADELAIDE

ORDINANZA
sul ricorso 25780-2011 proposto da:
PONZO UMBERTO PNZMRT55L01H501Q, MATTE’ CARLO
MTTCRL58A29H501H, CAMPOROTA ALESSANDRO
CMPLSN82C27H501R, MATTEI MARIA M1ITMRA59L56H501H,
tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MUZIO CLEMENTI
58, presso lo studio dell’avvocato CALCIOLI FILIPPO, che li
rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti contro
FALZONE LUIGI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
TUSCOLANA .404, presso lo studio dell’avvocato DE CARO
CRISTOFORO, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale a
margine del controricorso;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 30/10/2013

contro
CONDOMINIO DI VIA CARLO ALBERTO 8

ROMA;

intimato

avverso la sentenza n. 732/2011 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ADELAIDE
AMENDOLA.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MARIO
FRESA.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA
DECISIONE
È stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente
comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti.
“1. Il relatore, cons. Adelaide Amendola
esaminati gli atti,
osserva:
Alessandro Camparota, Umberto Ponzo, Carlo Mattei e Maria Mattei,
con atto depositato in data 30 marzo 2009 e notificato il 4 maggio
successivo, hanno proposto appello avverso la sentenza del Tribunale
di Roma n. 3255 del 12 febbraio 2008, che, fissata al 31 marzo 2011 la
scadenza del contratto di locazione intercorso tra Luigi Falzone e il
Condominio di via Carlo Alberto n. 8, Roma, e determinati i canoni
mensilmente dovuti nel periodo dal 10 ottobre 1981 al 31 luglio 2002,
aveva condannato il locatore a restituire al conduttore le somme da
questi versate in più del dovuto.
Con decreto del 15 aprile 2009 è stata fissata l’udienza di discussione
per il 22 giugno 2010, con assegnazione all’appellante del termini di cui
Ric. 2011 n. 25780 sez. M3 – ud. 09-10-2013
-2-

ROMA del 22.2.2011, depositata 11 27/04/2011;

al secondo comma dell’art. 435 cod. proc. civ. per la notifica del
ricorso e del decreto alla controparte.
Provvedutosi alle notificazioni in data 5 maggio 2009, si è costituito
Luigi Falzone, instando per il rigetto del gravame.
Con sentenza del 22 febbraio 2011 la Corte ha dichiarato

Ha rilevato in proposito il decidente che il decreto presidenziale di
fissazione dell’udienza di discussione era stato notificato all’appellante
dalla cancelleria, a mezzo fax, il 16 aprile 2009, di talché le notifiche
erano intervenute quando il termine di dieci giorni previsto dal
secondo comma dell’art. 435 cod. proc. civ. era ormai scaduto.
2. Per la cassazione di detta pronuncia ricorrono a questa Corte
Alessandro Camparota, Umberto Ponzo, Carlo Mattei e Maria Mattei
sulla base di un unico motivo, notificando l’atto a Luigi Falzone e al
Condominio di via Carlo Alberto 8.
Solo il primo resiste con controricorso.
3. Il ricorso è soggetto, in ragione della data della sentenza impugnata,
successiva al 4 luglio 2009, alla disciplina dettata dall’art. 360 bis,
inserito dall’art. 47, comma 1, lett. a) della legge 18 giugno 2009, n. 69.
Esso può pertanto essere trattato in camera di consiglio, in
applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ. per esservi
accolto.
4. Nel censurare la decisione impugnata i ricorrenti denunziano
violazione degli artt. 435, secondo comma, e 154 cod. proc. civ., ex
art.

360,

n.

3,

cod.

proc.

civ.

Il motivo pare manifestamente fondato, alla luce delle considerazioni
che

seguono.

Va premesso che, nella fattispecie, è in sostanza pacifico che la
notificazione del ricorso in appello, sebbene effettuata oltre il termine
Rie. 2011 n. 25780 sez. M3 – ud. 09-10-2013
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improcedibile l’appello.

di cui al comma 2 dell’art. 435 cit., sia avvenuta, rispettando il termine
dilatorio di cui al comma successivo della stessa norma.
Ora, secondo un principio ripetutamente affermato da questa Corte,
nel rito del lavoro e, conseguentemente, anche nel c.d. rito locatizio, il
termine di dieci giorni assegnato all’appellante per la notificazione del

cornma 2 cod. proc. civ.) non è perentorio e, pertanto, la sua
inosservanza non comporta decadenza, sempre che resti garantito
all’appellato lo Jpatium deliberandi non inferiore a venticinque giorni
prima dell’udienza di discussione della causa (art. 435 comma 3 cod.
proc. civ.), perché egli possa apprestare le proprie difese (Cass. civ. 14
luglio 2011, n. 15590; Cass. civ. 15 ottobre 2010, n. 21358). Invero —
come osservato in specie nella sentenza n.21358/2010 — l’art. 435,
comma 2, cod. proc. civ. alla stregua del quale “l’appellante, nei dieci giorni
successivi al deposito del decreto, provvede alla notifica del tic-orso e del decreto
all’appellato”, deve essere letto e interpretato in relazione al contenuto
del successivo comma 3 dello stesso articolo, alla stregua del quale “tra
la data di notificazione all’appellato e quella dell’udienza di discussione deve
intercorrere un termine non minore di venticinque giorni”. Il che evidenzia come
lo stesso legislatore, nel porre il suddetto termine (ordinatorio) di cui al
comma 2, abbia disciplinato le conseguenze di una eventuale
inosservanza di tale termine, prevedendo, al comma 3, che la notifica
effettuata mantiene i suoi effetti, anche in caso di mancato rispetto del
termine di cui al comma precedente, purché tra la data di notificazione
e quella dell’udienza permanga un termine non inferiore a venticinque
giorni.
In sostanza appare chiaro, dal complesso dei due commi della
disposizione in esame, che il legislatore ha regolato normativamente le
conseguenze della inosservanza del termine di cui al comma 2,
Ric. 2011 n. 25780 sez. M3 – ud. 09-10-2013
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ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza di discussione (art. 435

prevedendo in via generalizzata il permanere degli effetti della
compiuta notifica nell’ipotesi prevista dal comma 3, in tal modo
superando — alla stregua delle stesse previsioni codicistiche — la
necessità di uno specifico provvedimento autorizzatorio o di proroga
da parte del giudice prima della scadenza del termine.

unite di questa Corte nella sentenza n. 20604 del 2008, richiamata nella
decisione impugnata, posto che esso si riferisce alle sole ipotesi (idonee
a comportare un effettivo allungamento del processo, potenzialmente
attribuibile a negligenza della parte attrice), di inesistenza, giuridica o di
fatto, della notificazione del ricorso e del decreto e, cioè, ad ipotesi di
contestuale violazione del termine dilatorio di cui al comma 2 dell’art.
435 cod. proc. civ. e del termine a tutela del diritto di difesa del
resistente fissato dal capoverso successivo. La non riferibilità della
sentenza delle SS.UU. del 2008 all’ipotesi di ritardo della notificazione,
nel rispetto tuttavia del termine posto a tutela di controparte dell’art.
435, comma 3, cod. proc. civ., si evince dalla circostanza che il
richiamo operato nella predetta sentenza all’art. 111 Cost., comma 2,
nel testo novellato dalla L. 23 novembre 1999, n. 2, ed alla regola della
“ragionevole durata” del processo, non si attaglia in alcun modo a
fattispecie, come quella all’esame, in cui pacificamente la notifica,
ancorchè in ritardo rispetto al termine di gg. 10 di cui al comma 2 della
norma, è avvenuta entro un termine tale, rispetto a quello dell’udienza
di comparizione fissata dal presidente, da garantire all’altra parte il
necessario .spaiium deliberandi.
6. Peraltro la non pertinenza della decisione delle SS.UU., rispetto alla
questione di diritto in esame, risulta confermata anche dalla Corte
costituzionale (ordinanza n. 60 del 2010), che ha ritenuto
manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale
Rsc. 2011 n. 25780 sez. M3 – ud. 09-10-2013
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5. Non contrasta con quanto sopra il principio affermato dalle sezioni

dell’art. 435 cod. proc. civ. prospettata sulla base della suddetta
decisione, per evidente erroneità del presupposto interpretativo.
È sufficiente all’uopo ricordare che, a tali conclusioni il giudice delle
leggi è pervenuto sulla base delle seguenti considerazioni:
– l’art. 435, comma 2, cod. proc. civ. dispone che, nei procedimenti in

successivi al deposito del decreto con il quale il Presidente della Corte
d’appello, a norma del primo comma della medesima norma, nomina il
giudice relatore e fissa l’udienza di discussione dinanzi al collegio,
provvede alla notifica del ricorso e del decreto all’appellato;
– l’art. 435, comma 3, cod. proc. civ. stabilisce che tra la data di
notificazione all’appellato e quella dell’udienza di discussione deve
intercorrere un termine non minore di venticinque giorni;
– il giudice rimettente ha sospettato di illegittimità costituzionale la
norma denunciata, partendo dall’affermazione contenuta nella sentenza
delle Sezioni unite della Corte di cassazione (sentenza n. 20604 del
2008), secondo cui l’inosservanza del termine di cui all’art. 435, comma
2, cod. proc. civ. determina l’improcedibilità dell’appello;
– il giudice remittente, peraltro, non ha tenuto presente che nella
fattispecie esaminata dalle S.U. tale improcedibilità era stata affermata
non già per la sola violazione dell’art. 435, comma 2, ma per la
inosservanza dell’art. 435, comma 3, per non essere mai intervenuta la
notifica ivi prevista;
– nel caso in esame, invece, malgrado l’inosservanza del termine di cui
all’art. 435, comma 2, cod. proc. civ., la notifica del ricorso e del
decreto era intervenuta nel rispetto del termine di cui al successivo
comma 3, con la conseguente, astratta possibilità dello svolgimento
dell’udienza di discussione e della realizzazione del diritto di difesa
dell’appellato.
Ric. 2011 n. 25780 sez. M3 – ud. 09-10-2013
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materia di lavoro e di previdenza, l’appellante, nei dieci giorni

Il ricorso appare pertanto destinato all’accoglimento”.
Ritiene il collegio di dovere fare proprio il contenuto della sopra
trascritta relazione, alla quale il resistente non ha del resto neppure
replicato.
Ne deriva che la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio,

Roma in diversa composizione.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche
per le spese del giudizio di cassazione alla Corte d’appello di Roma in
diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 9 ottobre
2013.

anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di

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