Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24498 del 10/09/2021

Cassazione civile sez. II, 10/09/2021, (ud. 01/04/2021, dep. 10/09/2021), n.24498

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21936/2019 proposto da:

K.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA P. BORSIERI n.

12, presso lo studio dell’avvocato ANGELO AVERNI, rappresentato e

difeso dall’avvocato FEDERICO DONEGATTI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1958/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 14/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

01/04/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ordinanza del 6.7.2017 il Tribunale di Venezia rigettava il ricorso proposto da K.B. avverso il provvedimento della Commissione territoriale competente con il quale era stata respinta la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria. Il richiedente aveva dichiarato, in particolare, di essere fuggito dal Burkina Faso, suo Paese di origine, in seguito ad un contrasto insorto per motivi ereditari. Il Tribunale aveva ritenuto la storia non credibile, evidenziando tra l’altro il fatto che il richiedente non aveva denunciato le aggressioni subite alle autorità locali, e comunque non idonea ai fini del riconoscimento della protezione internazionale, trattandosi di vicenda a carattere privato.

Interponeva appello e la Corte di Appello di Venezia, con la sentenza impugnata, n. 1958/2019, rigettava il gravame.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione K.B. affidandosi a quattro motivi.

Resiste con controricorso il Ministero dell’Interno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente lamenta l’erronea valutazione di non credibilità della sua storia personale resa dal giudice di merito. Ad avviso del ricorrente, la storia presentava la necessaria coerenza interna, essendo scevra da contraddizioni, ed esterna, posto che in Burkina Faso sarebbe frequente la rivendicazione dei beni del defunto da parte del fratello, in danno dei figli del predetto. Inoltre, il sistema giudiziario del Burkina Faso sarebbe contraddistinto da un alto tasso di corruzione dei giudici e non sarebbe dunque idoneo ad assicurare la necessaria protezione dei cittadini; la Corte di Appello avrebbe dunque erroneamente valorizzato, ai fini del giudizio negativo sulla storia narrata dal richiedente, la circostanza che lo stesso non si sia rivolto alle autorità locali per denunciare le aggressioni subite dai parenti.

La censura è inammissibile, in quanto essa si rivolge soltanto al giudizio di non credibilità della storia, senza attingere in alcun modo la seconda ratio del rigetto espressamente indicata dal Tribunale, consistente nella ravvisata natura privata della vicenda narrata, e dunque nella sua inidoneità a costituire motivo per la concessione dell’invocata protezione internazionale. Sul punto, merita di essere ribadito il principio per cui, quando la decisione di merito si fonda su una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes decidendi, ovvero la mancata contestazione di essa, rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2108 del 14/02/2012, Rv. 621882; Cass. Sez. U., Sentenza n. 7931 del 29/03/2013, Rv. 625631; Cass. Sez. L, Sentenza n. 4293 del 04/03/2016, Rv. 639158).

Con il secondo motivo, invece, si duole del fatto che la sua vicenda sia stata interpretata dai giudici di merito in termini di accadimento di natura privata.

La censura è inammissibile, poiché il richiedente continua a dolersi dell’inaffidabilità del sistema giudiziario del Burkina Faso, ma non si confronta in modo adeguato con la motivazione del rigetto della sua domanda di protezione resa dal giudice di merito, finendo così per non contestare in modo specifico la ricostruzione della storia in termini di vicenda privata. Il richiedente, infatti, non indica alcun elemento, né propone alcuna considerazione, idoneo a contraddire il giudizio espresso dalla Corte distrettuale in merito alle caratteristiche della vicenda narrata. Ne’, d’altronde, può ragionevolmente sostenersi che una disputa originata da motivi ereditari, per quanto accesa essa possa essere, sia idonea a costituire evento di persecuzione, o esposizione a rischio di danno grave alla persona, per motivi di razza, sesso, religione, orientamento politico o appartenenza etnica.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8,D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perché la Corte territoriale avrebbe erroneamente denegato il riconoscimento della protezione sussidiaria senza considerare il contesto di violenza generalizzata esistente in Burkina Faso. Ad avviso del ricorrente, la Corte di Appello avrebbe basato la propria decisione su fonti non aggiornate, ricostruendo in tal modo la situazione del Burkina Faso in termini non adeguati e non corrispondenti alla realtà.

La censura è fondata.

La Corte di Appello ha basato la propria decisione sulle risultanze del rapporto di Amnesty International del febbraio 2018 (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata), mentre il ricorrente indica, nel motivo in esame, fonti più aggiornate, provenienti da diversi organismi internazionali (cfr. pagg. 27 e ss. del ricorso), dalle quali emerge un peggioramento della situazione locale, con inasprimento dei conflitti interni, incremento degli attacchi violenti perpetrati da gruppi terroristici di ispirazione islamica, con una sempre più rilevante incapacità dello Stato di far fronte all’escalation di violenza registrata sul territorio.

In proposito, va ribadito il principio per cui “In tema di protezione internazionale, ai fini della dimostrazione della violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, non può procedersi alla mera prospettazione, in termini generici, di una situazione complessiva del Paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento a fonti internazionali alternative o successive a quelle utilizzate dal giudice e risultanti dal provvedimento decisorio, ma occorre che la censura dia atto in modo specifico degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo la censura contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire alla S.C. l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria” (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 26728 del 21/10/2019, Rv. 655559). Ove manchi tale specifica allegazione, è precluso a questa Corte procedere ad una revisione della valutazione delle risultanze istruttorie compiuta dal giudice del merito.

Laddove invece, come nel caso specifico, vengano evidenziati nel motivo di censura precisi riscontri idonei ad evidenziare che le informazioni sulla cui base il predetto giudice ha deciso siano state effettivamente superate da altre e più aggiornate fonti qualificate, si configura la violazione del cd. dovere di collaborazione istruttoria declinato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nella misura in cui, dunque, venga dimostrato che il giudice di merito abbia deciso sulla scorta di notizie ed informazioni tratte da fonti non più attuali. Va, pertanto, data continuità al principio secondo cui “In tema di protezione internazionale, il motivo di ricorso per cassazione che mira a contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle cd. fonti privilegiate, di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione, in violazione del cd. dovere di collaborazione istruttoria, sono state oggettivamente travisate, ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate” (v. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 4037 del 18/02/2020, Rv. 657062).

Il quarto motivo, con il quale il ricorrente contesta il mancato riconoscimento della protezione umanitaria, è assorbito dall’accoglimento del terzo.

In definitiva, vanno dichiarati inammissibili i primi due motivi, va accolto il terzo e dichiarato assorbito il quarto. La decisione va dunque cassata, in relazione alla censura accolta, e la causa rinviata alla Corte di Appello di Venezia, in differente composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibili il primo e secondo motivo di ricorso, accoglie il terzo e dichiara assorbito il quarto. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa alla Corte di Appello di Venezia, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 1 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2021

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