Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24496 del 21/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 21/11/2011, (ud. 27/10/2011, dep. 21/11/2011), n.24496

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – rel. Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29747-2007 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PREDEN SERGIO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA

DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato BOER PAOLO, che lo

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 26/2007 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 28/03/2007 r.g.n. 700/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/10/2011 dal Consigliere Dott. MAISANO GIULIO;

udito l’Avvocato LUIGI CALIULO per delega RICCIO ALESSANDRO;

udito l’Avvocato PAOLO BOER;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 28 marzo 2007 la Corte d’Appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Bologna del 3 ottobre 2002 con la quale l’I.N.P.S. è stato condannato al risarcimento del danno in favore di G.G. per essere stato questi indotto a rassegnare le dimissioni dal proprio lavoro in data 31 dicembre 1996 confidando di potersi collocare in pensione di anzianità a decorrere dal 1 gennaio 1997, sulla base di due comunicazioni dello stesso I.N.P.S. secondo cui, a seguito di ricongiungimento di periodi contributivi, poteva vantare un numero di contributi utile per il godimento della pensione di anzianità, mentre successivamente gli era stata rigettata la domanda di tale pensione in quanto i contributi versati per il periodo successivo al 18 marzo 1963 non erano utilizzabili a seguito della cancellazione dell’interessato dall’albo delle imprese artigiane. La Corte territoriale ha considerato che le comunicazioni dell’I.N.P.S. hanno valore certificativo, per cui legittimamente l’assicurato pone in esse affidamento, e non può onerarsi l’interessato di indagini amministrative per verificare la correttezza delle comunicazioni ricevute, mentre l’I.N.P.S. ha l’onere di eseguire le opportune verifiche dell’effettività ed utilizzabilità dei contributi, prima di dare le dovute comunicazioni agli interessati.

L’I.N.P.S. propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolandolo su due motivi.

Resiste con controricorso il G.. Entrambe le parti hanno presentato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1218 c.c. e della L. n. 88 del 1989, art. 54 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. In particolare si assume che il citato art. 54 fa obbligo agli agenti previdenziali di comunicare agli interessati i dati richiesti relativi alle rispettive posizioni contributive, ma non possono garantire la correttezza di tali dati se, come nel caso in esame, hanno ricevuto informazioni errate come quelle relative alla cancellazione da un albo, pur continuando l’interessato ad eseguire versamenti contributivi.

Con secondo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1218 c.c. e della L. n. 88 del 1989, art. 54 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. In particolare si deduce che erroneamente la Corte territoriale avrebbe considerato le comunicazioni dell’I.N.P.S. ricevute dal G. ascrivibili nell’ambito di cui al’art. 54 citato. Infatti, per giurisprudenza della Corte di Cassazione, la responsabilità dell’ente previdenziale sussisterebbe solo per inesatte informazioni contenute in documenti rilasciati a richiesta dell’interessato, e non anche, come nel caso in esame, allorchè il documento è rilasciato in occasione di una campagna informativa generale; inoltre la seconda comunicazione si riferirebbe solo al procedimento di ricongiunzione attivato dall’assicurato e quindi non rientrerebbe nella previsione di cui all’art. 54.

Il ricorso è infondato. Con riferimento al primo motivo si osserva che, secondo la ormai costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., per tutte, Cass. 8 aprile 2002 n. 5002), trattasi di obbligazione di origine legale, ma attinente ad un rapporto intercorrente tra due parti, per cui la responsabilità per inosservanza della stessa è di natura contrattuale. In tale quadro di riferimento, a norma dell’art. 1218 c.c., colui che agisca in giudizio per ottenere il risarcimento del danno conseguente all’inadempimento di tale obbligazione ha l’onere di provare unicamente la fonte del suo diritto e di allegare la circostanza dell’inadempimento o del non esatto adempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento o dell’impedimento rappresentato dalla impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (Cass. S.U. 30 ottobre 2001 n. 13533; per una applicazione recente, cfr. Cass. S.U. 11 gennaio 2008 n. 577).

La nozione di causa non imputabile al debitore che induce l’impossibilità della prestazione o dell’esatta prestazione è stata costantemente precisata da questa Corte in termini di fatto oggettivo esterno alla sfera di dominio del debitore, che determina l’impossibilità della prestazione nonostante l’esaurimento di tutte le possibilità di ovviarvi adoperando la normale diligenza richiesta nelle relazioni contrattuali (cfr., ex plurimis, Cass. 2 agosto 2008 n. 17564, 23 aprile 2004 n. 7729 e 5 agosto 2002 n. 11717). Nel caso in esame l’I.N.P.S. non ha affatto provato nè chiesto di provare l’impossibilità della propria prestazione, e correttamente la Corte territoriale non ha ritenuto che l’interessato abbia l’onere di verificare la correttezza del calcolo dei contributi considerati e, in particolare, l’eventuale versamento di una contribuzione in assenza dei presupposti di legge, come nella fattispecie in giudizio, senza vanificare la portata della L. n. 88 del 1989, art. 54.

Con particolare riferimento al secondo motivo di ricorso, va considerata l’infondatezza dell’assunto dell’I.N.P.S. secondo cui le comunicazioni che avrebbero indotto il G. a dare le dimissioni non potevano avere valore certificativo trattandosi di estratto contributivo nemmeno rilasciato a richiesta dell’interessato ma emesso nell’ambito di una campagna informativa. Infatti la comunicazione relativa alla ricongiunzione dei periodi contributivi non può che essere personale e relativa ad una specifica richiesta dell’interessato per cui appare infondato l’assunto del ricorrente.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso; Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 30,00 oltre Euro 2.000,00,00 per onorari, oltre IVA e CPA da distrarsi in favore dell’avv. Paolo Boer.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2011

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