Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24492 del 30/10/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 24492 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: FORTE FABRIZIO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 29422 del Ruolo Generale degli affari
civili dell’anno 2006 proposto:
DA
ANAS s.p.a.,

già Ente Nazionale per le strade, in persona le

legale rappresentante, per legge domiciliato in Roma alla Via
dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato e
da questa rappresentata e difesa.
gottogi,S-9
-c
CONTRO

RICORRENTE

Data pubblicazione: 30/10/2013

GIOVANNINO CECCARELLI,

elettivamente domiciliato in Roma al

Viale dell’Aeronautica n. 11, presso l’avv. Stefano Margiotta,
che lo rappresenta e difende, per procura in calce al
controricorso notificato il 1 0 dicembre 2006.
CCC C,JtI Z/to1 F4108G CONTRORICORRENTE

del 15 giugno – 25 luglio 2005. Udita, all’udienza del 26
settembre 2013, la relazione del Cons. dr. Fabrizio Forte. Udito
l’avv. D. Morabito, delegato dall’avv. Margiotta per il
controricorrente e il P.M., in persona del sostituto procuratore
generale dr. Maurizio Velardi, che ha concluso per il rigetto
del ricorso.
Svolgimento del processo
Giovannino Ceccarelli, già proprietario di un terreno di mq.
3.150 in Roma alla Via Aurelia Km. 13,500, premesso che, con
sentenza passata in giudicato del 5 marzo 2001 del Tribunale di
Roma, l’A.N.A.S. s.p.a. (da ora ANAS) era stata condannata al
risarcimento del danno per irreversibile trasformazione di tale
area destinata ad opera pubblica e occupata dalla convenuta sin
dal 2 giugno 1987 a seguito di decreto del 9 aprile dello stesso
anno, che autorizzava l’occupazione sulla liquidazione della cui
indennità lo stesso tribunale s’era dichiarato incompetente, con
citazione notificata il 20 settembre 2002, conveniva l’ANAS
dinanzi alla Corte d’appello di Roma, perché fosse liquidata
l’indennità di occupazione legittima del suo terreno per

avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 3413/05

l’intera durata dell’occupazione in

e

238.874,82,

oltre

rivalutazione e interessi. L’azienda convenuta si costituiva e
chiedeva il rigetto della domanda ovvero che si dichiarasse
dovuta l’indennità per il periodo aprile-giugno 1987, essendo
stato il suolo trasformato in modo irreversibile in data 2

La Corte adita, con sentenza del 25 luglio 2005, ha accolto la
domanda, ritenendo dovuta l’indennità per il quinquennio 9
aprile 1987 – 8 aprile 1992, all’esito del quale solamente
poteva ritenersi consumata l’occupazione appropriativi, che
aveva fatto acquisire il bene dell’attore alla convenuta alla
fine della legittima detenzione del terreno per i cinque anni
per i quali l’occupazione era stata autorizzata.
Determinata l’indennità virtuale di espropriazione del terreno
occupato in conformità a quanto proposto dal c.t.u. e ai sensi
dell’art. 5 bis della legge n. 359 del 1992, in e 142.119,00, la
Corte adita ha dichiarato dovuta all’attore la indennità di
occupazione da liquidare, in assenza di altri elementi di prova
dei danni arrecati da tale condotta, negli interessi legali
sulla indennità di espropriazione sopra richiamata, per ognuno
dei cinque anni di durata dell’occupazione legittima, rigettando
la richiesta di rivalutazione non spettante, trattandosi di
debito di valuta, per il quale erano dovuti i soli interessi
legali compensativi sul dovuto, dalla data finale di detta
occupazione al deposito dell’indennità, detratto eventualmente
3

giugno 1987, con occupazione appropriativi di esso per l’ANAS.

quanto già versato per lo stesso titolo, condannando l’A.N.A.S.
al pagamento delle spese di causa.
Per la cassazione della sentenza che precede l’A.N.A.S. ha
proposto ricorso di due motivi notificato il 25 ottobre 2006,
cui resiste Giovannino Ciccarelli con controricorso notificato

sensi dell’art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1. Il primo motivo di ricorso deduce violazione e falsa
applicazione dell’art. 2909 c.c., degli artt. 36 e 20 della
legge 22 ottobre 1971 n. 865 e dell’art. 72 della L. 25 giugno
1865 n. 2359, in relazione all’art. 360, comma 1 0 , n.ri 3 e 5
c.p.c., anche per carenze motivazionali della sentenza impugnata
su punti decisivi della controversia.
Afferma il ricorrente che erroneamente la Corte d’appello ha
determinato l’indennità virtuale di esproprio in £. 275.179.975,
pari ad E 142.119,00, sulla base di quanto proposto dal c.t.u.
nel giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale per determinare il
risarcimento del danno da occupazione appropriativa.
Nessun giudicato poteva essersi formato nella decisione del
Tribunale, tesa a liquidare il risarcimento del danno da
occupazione appropriativa, irrilevante in ordine alla misura
dell’indennità di occupazione da determinare in questa sede.
La Corte d’appello si rifà alla conclusione incidentale del
consulente

nominato

dal

tribunale
4

sulla

indennità

di

il primo dicembre dello stesso anno e illustrato da memoria ai

espropriazione che si afferma “non contestata dalle parti” (pag.
4 sentenza), per liquidare negli interessi legali su tale somma
“come determinata

in prime cure” dal c.t.u. quella di

occupazione legittima per ciascun anno di durata di questa.
In realtà è chiaro il riferimento al precedente giudizio di

opera del Tribunale di Roma tra le stesse parti, non
qualificabile come primo grado del presente giudizio e che non
costituisce giudicato sull’indennità di espropriazione e non
vincola la Corte nella presente causa.
In conclusione il quesito conclusivo del primo motivo di ricorso
chiede di negare che possa costituire giudicato nel presente
giudizio sulla indennità di occupazione legittima la decisione
del Tribunale di Roma sul danno per l’illecita occupazione
acquisitiva e la determinazione incidentale in questa, della
indennità virtuale di esproprio, ai fini di liquidare quella di
occupazione legittima, oggetto della domanda alla Corte
d’appello dal Ceccarelli.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, si denuncia la violazione
dell’art. 20 della legge n. 865 del 1971 e l’insufficiente
motivazione della sentenza su tale punto decisivo della
controversia, per avere la Corte d’appello erroneamente
liquidato l’indennità di occupazione in una percentuale di
quella di espropriazione virtuale, alla data di conclusione dei
cinque anni di durata di essa, e non per ciascuno di tali anni
5

liquidazione del danno da illecita occupazione acquisitiva ad

in base al valore di mercato del suolo per ciascuno di essi.
Il quesito di diritto ,che conclude il secondo motivo di ricorso /
chiede di rilevare che l’indennità di occupazione si deve
comunque commisurare in una percentuale di quella di
espropriazione da liquidare per ciascuno degli anni di durata

modificati per ciascun anno di durata di essa.
2.1. I due motivi di ricorso, che in astratto possono apparire
anche fondati, devono invece rigettarsi perché, in concreto,
l’ANAS s.p.a. non ha provato il suo interesse concreto alla
cassazione della decisione impugnata.
Il primo motivo di ricorso esclude che l’accertamento dell’
indennità di espropriazione come proposta dal c.t.u. nel
giudizio di risarcimento del danno per occupazione appropriativa /
possa assumere rilievo di giudicato, nella presente causa di
determinazione della indennità di occupazione legittima.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che la mancata emissione
del decreto di esproprio nel corso dell’occupazione legittima
non comporta che la trasformazione irreversibile delle aree
occupate nel corso di essa possa dar luogo alla acquisizione
immediata di queste ultime da parte dell’occupante (Cass. 13
maggio 2010 n. 11719, 15 gennaio 2010 n. 556, 7 marzo 2008 n.
6195, 30 marzo 2007 n. 1981); solo alla fine del periodo di
occupazione legittima, infatti, detta trasformazione dell’area
con la realizzazione dell’opera pubblica poteva determinare,
6

dell’occupazione, in base ai valori del terreno eventualmente

secondo la costante giurisprudenza dell’epoca, l’acquisto della
proprietà in favore del soggetto)) per il quale si era svolta la
procedura ablatoria non portata a termine, senza necessità di
alcun atto acquisitivo della stessa P.A.
Nel caso di specie, pur essendosi liquidato il risarcimento del

s’era formato su tale punto della decisione rilevante ai fini
della presente causa, anche se correttamente il giudice del
merito ha ritenuto utilizzabili le conclusioni del c.t.u. nell’
altro processo, per determinare l’indennità virtuale di
espropriazione alla data finale dell’occupazione legittima, da
esso in concreto utilizzata per la liquidazione dell’indennità
relativa a questa ultima.
.

In mancanza di una variazione apprezzabile del valore di
riferimento delle aree occupate nel corso dei cinque anni di
durata dell’occupazione e di chiare modifiche dello stesso
valore in ciascuno di tali anni, circostanze per le quali
dovrebbe calcolarsi l’indennità di occupazione su quella di
espropriazione determinata anno per anno, può liquidarsi la
indennità di occupazione oggetto della presente causa, in base a
quella di espropriazione alla data finale del periodo in cui i
terreni sono stati legittimamente occupati (Cass. 21 giugno 2010
n. 14939, che si riferisce al valore venale delle aree quale
indennizzo per l’ablazione e Cass. 21 luglio 2007 n. 16744 e 13
gennaio 2006 n. 563 che fanno riferimento ai criteri di
7

danno alla data della trasformazione del bene, nessun giudicato

liquidazione previsti per legge).
Mancando la stessa deduzione della ricorrente della sensibile
variazione del valore venale dell’area nel quinquennio di
occupazione legittima, deve quindi rigettarsi il ricorso e la
domanda d’incremento di tale valore nel corso di tale periodo,

dell’interesse a denunciare le violazioni di legge dedotte con i
due motivi di ricorso.
3. In conclusione, il ricorso deve rigettarsi e le spese devono
porsi a carico della soccombente, liquidandosi, ai sensi del
D.M. 12 luglio 2012 n. 140 applicabile anche alle prestazioni
professionali eseguite nel vigore delle previgenti tariffe, come
chiarito da S.U. 12 ottobre 2012 n. 17405.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la
ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del
presente giudizio di cassazione, che liquida in e.

5.000,00 per

compensi ed E 200,00 per esborsi, oltre alle spese accessorie
come per legge.
Così deciso nella camera di consiglio della l” sezione civile
della Corte suprema di Cassazione il 26 settembre 2013.

il ricorso deve dichiararsi inammissibile, per mancata prova

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