Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24492 del 01/10/2019

Cassazione civile sez. lav., 01/10/2019, (ud. 11/07/2019, dep. 01/10/2019), n.24492

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. RAIMONDI Guido – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18882-2015 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AVEZZANA

1, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO ALFREDO BIANCHI,

rappresentato e difeso dall’avvocato STEFANO PACINI;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 190, presso

L’AREA LEGALE TERRITORIALE CENTRO DI POSTE ITALIANE, rappresentata e

difesa dall’avvocato ROBERTA AIAZZI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 10355/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/01/2015 R.G.N. 6961/2012.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte di appello di Roma, con sentenza n. 10355/2014, confermando la pronuncia di primo grado, dichiarava legittima la sanzione disciplinare della multa irrogata da Poste Italiane s.p.a. al dipendente M.G. ai sensi dell’art. 43, commi 8 e 9, CCNL e della L. n. 638 del 1983, art. 5, comma 14.

2. Il giorno 6 marzo 2010 il M. era risultato assente alla visita medica di controllo domiciliare effettuata dall’Inps, senza aver dato alcuna preventiva comunicazione dell’assenza. Il dipendente si era giustificato in sede disciplinare e in sede processuale rappresentando che l’assenza alla visita fiscale, avvenuta alle ore 11,35, era da imputare ad un giustificato motivo, atteso che alle ore 4,30 dello stesso giorno si era recato presso il Pronto soccorso dell’Ospedale di (OMISSIS) per accompagnare il figlio di sette anni con problemi di salute ed infatti in occasione di tale accesso venne diagnosticata un’orticaria idiopatica, cui fece seguito un ricovero nelle ore successive.

3. La Corte territoriale riteneva che l’assenza del ricorrente non fosse giustificata, in quanto la circostanza dedotta avrebbe potuto giustificare l’assenza esclusivamente con riferimento al ricovero urgente in orario corrispondente alla visita fiscale (ore 11.35): nel caso di specie, l’accesso al pronto soccorso avvenne ben prima e fu seguito da dimissioni (alle ore 4.59), mentre il ricovero ordinario (o visita di controllo) avvenne nel corso della tarda mattinata e non aveva alcuna caratteristica dell’urgenza; non era stata neppure allegata l’assenza di altri congiunti disponibili ad assistere il figlio minore; in ogni caso, la situazione non precludeva la possibilità di una previa comunicazione dell’assenza al datore di lavoro.

4. Per la cassazione di tale sentenza il M. ha proposto ricorso affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso Poste italiane s.p.a..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 463 del 1983, art. 5, comma 14, conv. in L. n. 638 del 1983 (art. 360 c.p.c., n. 3).

Si contesta la mancata sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta prevista dalla norma, che contempla la possibilità di un allontanamento dal domicilio in presenza di un “giustificato motivo”. Si assume che non può ritenersi insussistente tale presupposto nel caso di accompagnamento del figlio minore al Pronto soccorso, tenuto conto delle esigenze di solidarietà e vicinanza familiare, senz’altro meritevoli di tutela nell’ambito di rapporti etico-sociali garantiti dalla Costituzione. Si deduce inoltre che in giudizio non era emerso alcun intento del ricorrente di sottrarsi dolosamente al controllo fiscale.

2. Il secondo motivo denuncia omessa motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), non avendo la Corte territoriale adeguatamente esaminato e motivato la censura di parte appellante relativa al numero di visite mediche richieste della società datrice di lavoro per il medesimo periodo di malattia: precisamente, una prima visita si era svolta il 22 febbraio 2010, una seconda il 5 marzo 2010 e una terza il 6 marzo 2010.

Si richiama il principio secondo cui il datore di lavoro è tenuto al risarcimento del danno in caso di intento persecutorio consistente in continue visite domiciliari, tale da causare un aggravamento della malattia del dipendente.

3. Il ricorso è inammissibile.

3.1. Occorre premettere che la Corte territoriale ha fatto applicazione del principio secondo cui, ai sensi della L. n. 638 del 1983, art. 5, comma 14, il giustificato motivo di esonero del lavoratore in stato di malattia dall’obbligo di reperibilità a visita domiciliare di controllo non ricorre solo nelle ipotesi di forza maggiore, ma corrisponde ad ogni fatto che, alla stregua del giudizio medio e della comune esperienza, può rendere plausibile l’allontanamento del lavoratore dal proprio domicilio, senza potersi peraltro ravvisare in qualsiasi motivo di convenienza od opportunità, dovendo pur sempre consistere in un’improvvisa e cogente situazione di necessità che renda indifferibile la presenza del lavoratore in luogo diverso dal proprio domicilio durante le fasce orarie di reperibilità (Cass. 14735 del 2004)

4. Entrambi i motivi non si confrontano con il decisum su cui la sentenza si fonda.

5. La sentenza ha escluso il nesso tra il momento dell’urgenza, effettivamente sussistente in orario notturno (al primo accesso al Pronto soccorso), ma non sussistente al tempo della visita fiscale avvenuta in tarda mattinata, quando nessuna urgenza era stata dimostrata dal lavoratore idonea a giustificare l’allontanamento dal domicilio durante le fasce di reperibilità nonchè il mancato previo avviso di allontanamento al proprio datore di lavoro.

5.1. Del pari inconferente è il richiamo della giurisprudenza che attiene ad ipotesi di danni indotti dal comportamento datoriale, questione del tutto estranea al thema decidendum della fattispecie in esame.

6. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile, con condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo per esborsi e compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento del compenso totale per la prestazione, ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, art. 2.

7. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. Il raddoppio del contributo unificato, introdotto dalla L. n. 228 del 2012. art. 1, comma 17, costituisce una obbligazione di importo predeterminato che sorge ex lege per effetto del rigetto dell’impugnazione, della dichiarazione di improcedibilità o di inammissibilità della stessa.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi e in Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2019

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