Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24491 del 10/09/2021

Cassazione civile sez. II, 10/09/2021, (ud. 03/12/2020, dep. 10/09/2021), n.24491

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27410/2019 proposto da:

O.K.D., rappresentato e difeso dagli avvocati TIZIANA

ARESI, MASSIMO CARLO SEREGNI, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto di rigetto n. cronol. 6901/2019 del TRIBUNALE di

MILANO, depositato il 03/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/12/2020 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

O.K.D. – cittadino del Ghana – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Milano avverso la decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Monza che aveva rigettato la sua istanza di protezione internazionale in relazione a tutti gli istituti previsti dalla relativa normativa.

Il ricorrente deduceva d’aver dovuto lasciare il suo Paese poiché pressato dagli zii ad accettare la successione al trono tribale, che era stato di suo padre, ma che egli non voleva poiché il nuovo re moriva entro un anno dall’intronizzazione, sicché per sfuggire alle pressioni degli zii era fuggito.

Il Tribunale ambrosiano ebbe a rigettare il ricorso ritenendo la vicenda personale narrata dal ricorrente non credibile; non sussistente nel Ghana una situazione socio-politica caratterizzata da violenza diffusa e non concorrenti ragioni attuali di vulnerabilità od elementi lumeggianti integrazione nella società italiana ai fini della protezione umanitaria.

Il richiedente asilo ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto del Tribunale milanese articolato su due motivi.

Il Ministero degli Interni, ritualmente evocato, ha depositato solo nota ex art. 370 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso svolto dall’ O. risulta inammissibile a sensi dell’art. 360 bis c.p.c. – siccome la norma è stata ricostruita ex Cass. SU n. 7155/17.

Con la prima ragione di doglianza l’ O. lamenta violazione della regola D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 8, poiché il Collegio ambrosiano non ha esaminato e valutato le problematiche afferenti la violenza subita durante il suo soggiorno in Libia e la sua fuga anche da detto Paese.

La questione agitata con il mezzo di impugnazione non assume alcun rilievo in relazione alla specifica condizione dell’ O., in quanto è pacifico che la Libia era solo Paese di transito, verso il quale in alcun caso il ricorrente potrà esser rimpatriato; inoltre nemmeno risultano dedotte ragioni psicosomatiche residuate in dipendenza delle violenze – asseritamente – subite in Libia.

Dunque la questione non assumeva alcun rilievo in relazione alle domande e relative allegazioni proposte ai Giudici lombardi, che comunque, come ricordato nel ricorso, hanno ritrascritto il cenno fatto dal richiedente asilo anche a dette traversie, così implicitamente lumeggiandole siccome irrilevanti.

Con il secondo mezzo d’impugnazione proposto il ricorrente deduce violazione delle regole iuris poste D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 3, 5 e art. 14, lett. c), posto che il Collegio ambrosiano ha errato nel valutare la sua credibilità, non attenendosi ai criteri che regolano detto procedimento senza considerare il grado di cultura del dichiarante e le evidenze palesate dalle ferite riportate in dipendenza dalle azioni aggressive poste in essere degli zii e subite in Libia.

Inoltre, il ricorrente lamenta l’omessa considerazione del pericolo specifico che correva in caso di rimpatrio per le violenze degli zii tese a fargli accettare la successione al trono e delle certificazioni lumeggianti la partecipazione a corso di apprendimento della lingua italiana.

L’argomento critico svolto nell’articolata censura appare compendiarsi in affermazioni apodittiche prive di confronto con la motivazione al riguardo esposta dal Tribunale, nonché enfatizzazione di dati risultati irrilevanti ai fini del decidere.

Difatti circa la statuizione sulla non credibilità del narrato reso dall’ O., lo stesso non si confronta con il dato – di assoluto rilievo – rappresentato dalla precisazione del Tribunale che, nella tribù (OMISSIS), la successione al trono tribale segue in linea materna e, non già, paterna, come precisato dalle Fonti internazionali all’uopo preposte e citate già dalla Commissione amministrativa. Inoltre il ricorrente nemmeno si confronta come la precisazione del Tribunale circa il mancato chiarimento del nesso – ad opinione del ricorrente – intercorrente tra la successione al trono e la morte del nuovo re entro un anno dall’insediamento.

La statuizione di non credibilità si riflette automaticamente sul dedotto pericolo specifico poiché inesistente, mentre in relazione al pericolo generico, rappresentato dalla situazione socio-politica del Paese, il Tribunale ha specificatamente esaminato la questione.

All’esito di detto partito esame, il Collegio lombardo ha escluso, sulla scorta di rapporti redatti da Organismi internazionali all’uopo preposti, che in Ghana attualmente concorre situazione socio-politica connotata da violenza diffusa nell’accezione data a tale concetto dalla Corte Europea.

Il primo Collegio poi ha partitamente esaminato l’attività svolta dal ricorrente nell’ambito del circuito dell’accoglienza e rilevato che lo stesso non è dedito a lavoro alcuno, nonché ha messo in evidenza che l’espatrio non era – dichiaratamente – correlato a condizioni di povertà assoluta e che l’ O. poteva contare in Patria sul sostegno della famiglia, così espletando anche la prescritta comparazione.

Quanto, infine, alle lesioni palesate dall’ O., il Tribunale ha puntualmente esaminato i certificati medici e la relazione psichiatrica dimessa dal ricorrente, mettendo in evidenza come i reflui siano mere algie e una sindrome da disadattamento e reputato detti elementi non incidenti, in modo significativo, ai fini della concorrenza di correlata condizione di vulnerabilità.

Detta motivazione non risulta attinta da specifica contestazione, sicché deve concludersi che la censura svolta rimane generica.

Alla declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione non segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità in favore dell’Amministrazione poiché non costituita.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in Camera di consiglio, il 3 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2021

 

 

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