Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24482 del 30/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 30/11/2016, (ud. 11/10/2016, dep. 30/11/2016), n.24482

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23372-2015 proposto da:

P.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE

CARROZZE, 44, presso lo studio dell’avvocato MARCO CARUSO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BEATRICE IABONI giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale), già

rappresentato da SOVIGEST SPA, quale propria procuratrice speciale,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo

studio dell’avvocato GIUSEPPE FIORENTINO, che lo rappresenta e

difende giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1448/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 3/03/2015;

udita la relazione della causa svolta ne la camera di consiglio

dell’11/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LINA RUBINO;

udito l’Avvocato Marco Caruso difensore del ricorrente che si riporta

agli scritti;

udito l’Avvocato Maria Marrone (delega verbale avvocato Fiorentino)

difensore del controricorrente che si riporta agli scritti.

Fatto

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione: “la Sovigest (quale procuratrice speciale di INPS) conveniva in giudizio P.M. e O.V. per far accertare che gli stessi occupavano senza titolo l’appartamento di proprietà INPS sito in Roma, via A. Crivellucci 44, già locato alla defunta P.Z.L., zia del P..

La domanda proposta veniva accolta dal Tribunale di Roma nei confronti del P., mentre veniva rigettata la riconvenzionale del medesimo volta ad accertare la sua successione nel rapporto di locazione in luogo della zia e gli veniva ordinato il rilascio dell’immobile in quanto occupante senza titolo.

L’appello del P. veniva rigettato dalla Corte d’Appello di Roma con sentenza n. 1448 del 2015, depositata il 3.3.2015, non notificata.

P.M. propone ricorso per cassazione avverso la predetta sentenza articolato in tre motivi.

Resiste l’INPS con controricorso.

Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli arti. 376, 380 bis e 375 c.p.c., in quanto appare destinato ad essere dichiarato manifestamente infondato.

Con i primi due motivi, il ricorrente censura la sentenza impugnata in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, denunciando la omessa, contraddittoria o insufficiente motivazione circa un fatto decisivo per la controversia, non avendo la corte d’appello adeguatamente considerato le risultanze delle prove testimoniali assunte, a lui favorevoli, e non avendo dato ingresso a tutte le istanze istruttorie articolate dal ricorrente.

Egli fa riferimento ad una formula di censura per vizio di motivazione non più vigente al momento della proposizione del ricorso, e in più non precisa a quali istanze istruttorie, ritenute determinanti, intenda far riferimento.

Poichè la sentenza gravata è stata depositata il 3.3.2015, nel presente giudizio risulta applicabile il testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito con la L. 7 agosto 2012, n. 134. Tale testo – in forza della quale le sentenze ricorribili per cassazione possono essere impugnate “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” – si applica infatti, per il disposto del suddetto art. 54, comma 3 ai ricorsi per cassazione avverso sentenze pubblicate dall’11 settembre 2012, trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 83 del 2012. Tanto premesso, i primi due motivi di ricorso sono inammissibili perchè il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 esclude l’autonoma rilevanza del vizio di insufficienza e contraddittorietà della motivazione (v. anche Cass. n. 16300 del 2014), nè il ricorrente ne deduce la sostanziale mancanza di essa ma soltanto che non abbia preso in considerazione quanto affermato dai testi da lui citati al fine di ritenere provata l’instaurazione di una stabile convivenza con la zia, ai fini della successione nel rapporto di locazione.

E’ esclusa la possibilità di chiedere a questa Corte di rinnovare, in questa sede, la valutazione della corte d’appello, che ha peraltro espressamente puntualizzato che dal complesso delle prove raccolte emerge piuttosto che il P., con la collaborazione del cugino O., prima della morte della zia ne frequentava effettivamente la casa, ma solo per ragioni di assistenza e cura della medesima, quindi per ragioni transitorie e non anche abituali e stabili.

Con il terzo motivo il ricorrente deduce la nullità dell’intero giudizio di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso perchè la controparte non avrebbe coinvolto nel giudizio di secondo grado anche l’ O. (nei confronti del quale, oltre che del P., aveva rivolto la domanda di rilascio e la domanda risarcitoria (rigettata) in primo grado, e perchè non era stata ordinata l’integrazione del contraddittorio nei confronti di questi.

Il motivo è infondato: trattandosi di causa scindibile, non sussisteva l’obbligo di integrare il contradditorio, come correttamente affermato dalla Corte d’Appello, in quanto la sentenza emessa in un procedimento cumulativo impugnata soltanto da alcune delle parti passa in giudicato nei confronti dei soggetti non impugnanti, e, trascorso il termine di cui all’art. 332 c.p.c. la violazione di esso non produce alcun effetto (Cass. n. 12608 del 1997).

Si propone pertanto la declaratoria di rigetto del ricorso”.

Non sono state depositate memorie.

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione stessa.

Il ricorso proposto va pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

Infine, il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, pertanto deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Liquida in favore del controricorrente Euro 1.800,00 per spese legali, di cui 200,00 per esborsi, oltre accessori e contributo spese generali.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2016

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