Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2448 del 04/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 2448 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: ABETE LUIGI

SENTENZA
sul ricorso 9406 — 2008 R.G. proposto da:
FOSELLI FRANCA e FOSELLI FERNANDA, quest’ultima, giusta procura generale per
notar Sergio Barela in data 7.7.1993, in persona del rappresentante Franca Foselli,
rappresentate e difese dall’avvocato Bruno Amendola in virtù di procura speciale a margine
del ricorso ed elettivamente domiciliate in Roma, alla via Leonardo Pisano, n. 16, presso lo
studio dell’avvocato Paola Restaino.
RICORRENTI
contro
FOSELLI MIRELLA — c.f. FLLMRL34A69A228X – rappresentata e difesa, in virtù di
procura speciale in calce al controricorso, dall’avvocato Sonia Gaudiosi, unitamente alla quale
elettivamente domicilia in Roma, al piazzale Roberto Ardigò, n. 38, presso lo studio
dell’avvocato Caterina Maffey.
CONTRORICORRENTE
e

44AAL
2,6E113

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Data pubblicazione: 04/02/2014

GAUDIOSI MICHELE
INTIMATO
Avverso la sentenza n. 893 dei 4.10/13.12.2007 della corte d’appello di Salerno,
Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 19 dicembre 2013 dal
consigliere dott. Luigi Abete,

Udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. Luigi Salvato,
che ha concluso per il rigetto del ricorso,
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto in data 17.4.1999 Mirella Foselli, quale erede della madre, Renata Levi, deceduta
in Salerno in data 3.7.1998, citava a comparire innanzi al tribunale di Salerno le sorelle e
coeredi Franca e Femanda, quest’ultima in persona della sua procuratrice generale, ossia della
medesima Franca Foselli, nonché Michele Gaudiosi, quale esecutore testamentario.
Deduceva l’attrice che, in dipendenza dei testamenti olografi in data 4.11.1980,
20.10.1987, 12.9.1992, 22.9.1995, 25.5.1996 e 5.9.1996, aveva veste e qualità di erede della
madre oltre che per la quota di legittima, altresì per la disponibile, con facoltà di scelta dei
beni da attribuire alle coeredi a tacitazione delle loro spettanze, il tutto con riconoscimento
esplicito ad ella attrice di un favor interpretandi di ciascuno dei suindicati testamenti; che suo
marito, Michele Gaudiosi, designato esecutore testamentario con il testamento datato
12.9.1992, aveva atteso con l’ausilio di tecnici di fiducia alla valutazione degli immobili siti
in Salerno ed in Valva, indi ella attrice aveva provveduto, in tal guisa avvalendosi della
facoltà di scelta accordatale dalla de cuius, a comunicare alle coeredi i beni prescelti e,
dunque, a determinare quelli che intendeva attribuire alla coeredi.
Chiedeva, pertanto, che l’adito tribunale, con sentenza parziale di mero accertamento, in
ossequio alla volontà chiaramente manifestata dalla de cuius col testamento in data 12.9.1992,
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Udito l’avvocato Bruno Amendola, per le ricorrenti,

dichiarasse già acquisito al suo patrimonio l’appartamento ubicato in Salerno, alla via
Schiavo, n. 7, e, nel prosieguo, provvedesse ad assegnare alle condividendi i beni residui,
facendo salva la facoltà di scelta ad ella attribuita, e a determinare i conguagli eventualmente
dovuti previa stima dell’asse ereditario; in subordine, chiedeva che il tribunale le assegnasse i
beni da ella prescelti con la nota pervenuta alla sorella Franca in data 23.11.1998, previa stima

prescelti ovvero di scegliere beni diversi da quelli a lei offerti.
Si costituivano Franca e Fernanda Foselli, chiedendo dichiararsi l’inammissibilità,
l’improponibilità e, comunque, rigettarsi l’avversa domanda.
Con separato atto notificato in data 23.12.1999 Franca e Fernanda, quest’ultima in persona
della sua procuratrice generale, Franca Foselli, citavano a comparire innanzi al tribunale di
Salerno la sorella Mirella e Michele Gaudiosi.
Deducevano che i molteplici testamenti, succedutisi nel tempo e tra loro in evidente
contraddizione, impedivano l’individuazione delle reali ultime volontà della testatrice, tanto
più che Renata Levi era persona molto anziana e affetta da progressiva perdita delle proprie
facoltà; che in nessun caso il testamento datato 5.9.1996 poteva esser preso in considerazione,
giacché risalente ad epoca in cui la testatrice versava in uno stato di prostrazione fisica e
mentale e perché inficiato da vistose incongruenze logico — formali e calligrafiche; che, in
particolare, la data era collocata di seguito alla firma, che l’andamento della scrittura non era
conciliabile con i segni grafici della data, che, quindi, tale evidente discrasia non dava conto
della contestualità temporale tra la manifestazione della volontà mortis causa contenuta nella
scheda ed il tempo di apposizione e della data e della firma, sicché, ulteriormente, il
testamento apparentemente datato 5.9.1996 non era cronologicamente collocabile con
esattezza rispetto alle ulteriori manifestazioni di ultima volontà della de cuius; che, a
decorrere dall’agosto del 1996 Renata Levi versava in una condizione di totale isolamento,

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del patrimonio relitto e salva la sua prerogativa di incrementare o diminuire l’entità dei beni

tant’è che alla figlia Franca era stato impedito qualsivoglia contatto, anche telefonico, con la
madre; che la facoltà asseritamente accordata alla convenuta di determinare le quote da
assegnare alle sorelle e di poter integrare le stesse con denaro anche non compreso
nell’eredità si poneva in contrasto con le disposizioni codicistiche; che l’appartamento ubicato
in Salerno era stato significativamente sottostimato, così come era stato abbondantemente

notizia dei beni prescelti, non contemplava la somma di lire 40.000.000 da ella indebitamente
trattenuta dalla maggior somma di lire 67.411.560 di pertinenza della testatrice né altri valori un anello con brillante e l’argenteria – pur ricompresi nell’asse.
Chiedevano, pertanto, “a) dichiarare… che la successione della sig.ra Renata Levi…
debba avvenire mediante l’attribuzione del patrimonio relitto in parti uguali tra le sue figlie…
e che nell’asse vadano ricompresi anche i beni e le somme di denaro di cui innanzi al capo 2;
b) in via del tutto gradata…, e previa declaratoria di nullità e di inefficacia,…
annullamento,.., non utilizzabilità della scheda testamentaria con segno di data 5.9.1996…,
dichiarare che la successione de qua vada operata in favore delle figlie Franca, Fernanda e
Mirella Foselli, con attribuzione della a quest’ultima ma senza alcuna facoltà di
scelta o favor interpretandi, e che nel patrimonio vadano comunque ricompresi i beni di cui al
capo 2; e) farsi luogo allo scioglimento della comunione ereditaria, e quindi alla divisione e
alla determinazione ed attribuzione della quota in natura a ciascuna erede; d) dichiarare nulla,
inefficace, ovvero annullare la nomina ad esecutore testamentario del dr. Michele Gaudiosi; e)
vinte le spese” (così ricorso, pag. 6).
Riuniti i giudizi, disposta ed espletata c.t.u., all’esito dell’istruttoria, con sentenza non
definitiva n. 295/2004 il tribunale di Salerno rigettava l’impugnazione del testamento in data
5.9.1996, dichiarava aperta, sulla scorta del medesimo atto di ultima volontà, la successione di
Renata Levi, dichiarava legittima e l’attribuzione della disponibile a Mirella Foselli e la
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sovrastimato il terreno in Valva; che la comunicazione con cui Mirella Foselli aveva dato

nomina quale esecutore testamentario di Michele Gaudiosi, disponeva che nella massa
dovessero ricomprendersi i beni di cui al capo 2) della citazione ad istanza di Franca e
Fernanda Foselli, denegava il diritto di scelta preteso da Mirella Foselli, disponeva per il
prosieguo con separata ordinanza, compensava interamente le spese.
Interponeva appello Mirella Foselli.

favor interpretandi, quindi, che si dichiarasse già acquisito al suo patrimonio l’appartamento
ubicato in Salerno, alla via Schiavo, n. 7, e che si confermasse la scelta dei beni da ella
effettuata in data 9.11.1998.
Si costituivano Franca e Fernanda Foselli, invocando il rigetto dell’avverso gravame e
chiedendo, in via incidentale, che la sentenza n. 295/2004 fosse riformata “nella parte in cui
non ha dichiarato la nullità del testamento con apparente data 5 settembre 1996” (così ricorso,
pag. 8).
Con sentenza n. 893 dei 4.10.2007/13.12.2007 la corte d’appello di Salerno così statuiva:
“l) accoglie, entro i limiti che seguono, l’appello proposto da Foselli Mirella… e, per
l’effetto,
2) a parziale riforma della sentenza predetta, dispone che a Foselli Mirella deve essere
riconosciuto, in caso di dubbio sulle disposizioni testamentarie, il generale favor interpretandi
e deve essere attribuito, nella formazione della sua quota, il diritto di scelta dei beni,
compreso l’intero immobile in Salerno, via V. Schiavo n. 7, salvi i conguagli attivi e passivi
verso le due sorelle condividenti;
3) rigetta l’appello incidentale avanzato da Foselli Franca e Foselli Fernanda;
4) pone a carico di Foselli Mirella, Fernanda e Franca, in parti uguali (quindi per 1/3
ciascuna), le spese e compensi già determinati dal G.I. in atti, in favore del C.T.U…;
5) conferma nel resto la sentenza impugnata;
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Chiedeva, tra l’altro, al giudice del gravame che le si riconoscesse la facoltà di scelta ed il

6) compensa per intero tra le parti le spese del presente grado” (così sentenza d’appello, pag.
23).
In particolare, in merito all’appello incidentale esperito da Franca e Fernanda Foselli,
puntualizzava che “non può escludere la validità della scheda testamentaria del 5.9.1996, la
doppia apposizione della data (una prima e una dopo la sottoscrizione autografa di Renata

la seconda data” (così sentenza d’appello, pag. 11); che “l’esame visivo del documento
evidenzia, infatti, che la data del 5.9.1996 è ben percepibile, nonostante le incertezze della
grafia dovute all’avanzatissima età della testatrice, sia nella prima scritturazione… che nella
seconda. A nulla rileva che la de cuius non abbia reiterato la sottoscrizione in calce alla
seconda indicazione della data, in quanto già ne risulta sottoscritta la prima e non sussiste,
quindi, alcuna incertezza né sul momento di redazione delle disposizioni di ultima volontà, né
sulla riferibilità delle stesse a Renata Levi” (così sentenza d’appello, pag. 11); che, “del resto,
l’art. 602 cod. civ. non prescrive affatto che la firma debba necessariamente seguire la data,
con la conseguenza che, come statuito da Cass. n. 11703 del 18.9.2001, la data del testamento
olografo può essere apposta in ogni parte della scheda…” (così sentenza d’appello, pag. 12).
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso Franca e Fernanda Foselli, la prima altresì
in veste di procuratrice generale della sorella Fernanda, residente in Australia, chiedendone,
sulla scorta di due motivi, la cassazione con il favore delle spese.
Unicamente Mirella Foselli ha depositato controricorso, chiedendo dichiararsi
inammissibile e, comunque, rigettarsi l’avverso ricorso; con il favore delle spese del giudizio.
La medesima controricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo le ricorrenti deducono ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5), c.p.c. il
vizio di contraddittoria, illogica, insufficiente motivazione.
6

Levi), né la presunta illeggibilità della prima data, né la mancata ripetizione della firma sotto

All’uopo adducono che, “in ordine alla nullità, e comunque all’irrilevanza di tutti i
testamenti invocati in giudizio ai fini della regolazione della successione della madre Renata
Levi,… la Corte di Appello, per motivarne il sostanziale rigetto, ha speso unicamente le
testuali espressioni che seguono.
(così ricorso, pagg. 9 — 10); che “null’altro ha detto la Corte d’Appello…, ignorando… la
diagnosi di demenza senile conclamata sin dal 1990 in sede di visita Collegiale della
Commissione Provinciale e quindi presente quale patologia degenerativa presumibilmente
quanto meno sin dal 1980, sfociata nel riconoscimento di invalidità totale nella percentuale
massima del 100% con attribuzione di assegno di accompagnamento” (così ricorso, pag. 11);
che “la demenza senile… induce a considerare che la sig.ra Renata Levi non fosse nella
condizione di testare liberamente e con cognizione, e comunque che non sia possibile stabilire
con certezza quale sia la sua effettiva ultima volontà libera e consapevole” (così ricorso, pag.
12); che “nulla dice la Corte sull’osservazione che la congerie di testamenti attribuibili a
Renata Levi costituisce di per sé un’anomalia, specie se si alternano, come in questo caso,
manifestazioni di volontà di segno opposto…” (così ricorso, pag. 11).
Con il secondo motivo le ricorrenti parimenti deducono ai sensi dell’art. 360, 10 co., n. 5),
c.p.c. il vizio di contraddittoria, illogica, insufficiente motivazione.
All’uopo adducono che “i primi giudici sono giunti a conclusioni arbitrarie e non sorrette
da una congrua valutazione…, e tanto è l’evidente conseguenza della necessità,
sorprendentemente non avvertita, di disporre una consulenza psico — neurologica di alto

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l’insorgenza di una patologia senile nell’ormai anziana madre, Renata Levi, tenuto conto

livello scientifico che consentisse di chiarificare un quadro, quale quello riportato dal
nominato ctu, confuso e contraddittorio” (così ricorso, pag. 15); che “le conclusioni di cui
sopra sono peraltro tanto più plausibili se si considera che a partire dal giugno 1996 la sig.ra
Levi è stata tenuta in una condizione di isolamento ed è stato impedito (anche fisicamente) a
Franca di rivedere la madre, e alla madre di rivedere la figlia Franca primogenita, fino alla

condiviso quanto meno dal coniuge ed apparente esecutore testamentario… è… convergente
nel confermare che la sig.ra Renata Levi è stata condizionata in maniera determinante
dalla presenza di una delle figlie nel redigere, in tempi ed epoche diverse, il testo delle
sue ultime volontà, fino a giungere a scrivere cose che in effetti non voleva” (così ricorso,
pagg. 17-19).
Si giustifica la contestuale disamina dei motivi di ricorso, giacché entrambi ancorati alla
previsione del n. 5) del 1° co. dell’art. 360 c.p.c..
Ambedue i motivi sono destituiti di fondamento; e ciò, ben vero, a prescindere da
preliminari ed assorbenti profili di inammissibilità.
Va evidenziato innanzitutto che le ricorrenti hanno dedotto, testualmente, che con l’atto di
citazione notificato in data 23.12.1999 “in via preliminare ed assorbente si eccepiva
l’invalidità dei testamenti, che espressamente si impugnavano, invocati da Mirella Foselli
quale titolo per la presunta attribuzione alla stessa tanto della quota di disponibile quanto della
facoltà di scelta dei beni….” (così ricorso, pag. 3).
Nondimeno, alla stregua delle conclusioni rassegnate con la stessa citazione – siccome in

i

precedenza pedissequamente riprodotte – e d . oi
■ puntualmente reiterate con l’appello
‘:

incidentale all’uopo spiegato (a tal ultimo riguardo si vedano le pagg. 8 e 9 della sentenza
d’appello), le medesime Franca e Fernanda Foselli — per quel che ha valenza in questa sede —
instavano, da un canto, perché si dichiarasse che la successione di Renata Levi dovesse

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morte di Renata Levi” (così ricorso, pag. 17); “che tale atteggiamento di Mirella Foselli,

”avvenire mediante l’attribuzione del patrimonio relitto in parti uguali tra le sue figlie…”,
dall’altro, in via del tutto gradata, perché si dichiarasse la nullità, l’inefficacia ovvero si
pronunciasse l’annullamento esclusivamente della scheda testamentaria con segno di data
5.9.1996 e su tale scorta che si dichiarasse….
In tal guisa, al cospetto della doglianza di parte ricorrente, secondo cui la corte d’appello

testamento di presunta data 5.9.1996, ed invece di soprassedere completamente dall’esame
delle problematiche poste sin dall’atto introduttivo sulla validità e rilevanza di tutti i
testamenti prodotti in atti” (così ricorso, pag. 10), si condivide senz’altro l’argomentazione
della controricorrente secondo cui “per la prima volta, in sede di giudizio di legittimità, le
ricorrenti chiedono (così controricorso, pag. 9′).
E’ appena il caso di soggiungere, ovviamente, che nel giudizio di legittimità non può
essere proposto nessun motivo, né di fatto né di diritto, che comporti l’allargamento della
materia del contendere – con la modificazione delle azioni o delle eccezioni già proposte, o
con la deduzione di nuove azioni o eccezioni – oppure che presupponga l’accertamento di
nuovi elementi di fatto, ulteriori rispetto a quelli già dedotti nelle fasi di merito (cfr. in tal
senso Cass. 12.8.2004, n. 15673).
Va evidenziato in secondo luogo che la deduzione di un vizio di motivazione della
sentenza impugnata conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito
della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo,
sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle
argomentazioni svolte dal giudice del merito; ne consegue che il vizio di motivazione, sotto il
profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente
dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia

9

avrebbe fatto “mostra di indirizzare la propria attenzione e valutazione unicamente sul

evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettato
dalle parti o rilevabile di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le
argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del
procedimento logico – giuridico posto a base della decisione (cfr. Cass. 9.8.2007, n. 17477;
Cass. 7.6.2005, n. 11789).

risulta in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente congruo e
coerente sul piano logico – formale.
Del resto le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio (cfr. sentenza d’appello, pag. 12)
si svelano assolutamente chiare ed univoche, idonee ex se a sorreggere la statuizione, ad esse
ancorata, del giudice di seconde cure.
Al contempo non rivestono alcun valore in rapporto al denunciato vizio ex art. 360, 1° co.,
n. 5), c.p.c. né la circostanza per cui la corte distrettuale abbia ignorato – si assume – la
diagnosi di demenza senile conclamata formulata sin dal 1990, né la circostanza per cui non
sia stata disposta “una consulenza psico — neurologica di alto livello scientifico”, né la
circostanza per cui non sia stato accordato il dovuto risalto all’asserita anomalia costituita
dalla redazione di una pluralità di testamenti tutti di segno opposto.
E’ al giudice del merito, invero, che spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le
fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità
e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute
maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così,
liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi
tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass. 9.8.2007, n. 17477; Cass. 7.6.2005, n. 11789).
In ogni caso non può non darsi atto che gli esiti dell’accertamento medico operato
nell’anno 1990 in sede di visita collegiale della commissione provinciale – esiti che, in verità,
10

Nei termini testé enunciati 1′ iter motivazionale che sorregge il dictum della corte di merito

Franca e Fernanda Foselli per nulla riproducono nel corpo del proprio ricorso – si specificano
in maniera del tutto differente alla stregua della puntuale rappresentazione che la
controricorrente ne ha fornito (cfr. controricorso, pagg. 10

11).

Non può non darsi atto, altresì, che la supposta demenza senile, quale fattore e causa della
pretesa incapacità di testare liberamente e consapevolmente, non poteva che prospettarsi — al
giudice del merito — e si prospetta — a questa Corte – quale illazione priva di fondamento non
solo a fronte della perentorietà dei risultati dell’indagine demandata all’ausiliario (“la scheda
testamentaria a firma datata 5.9.96… è autentica, esente da qualsiasi
elemento che possa viziare la piena validità… ‘), ma pur alla luce delle attestazioni di cui al
certificato stilato dal medico curante e degli ulteriori elementi di valutazione di cui Mirella
Foselli dà conto alle pagine 14 e 15 del controricorso.
Non può non darsi atto, ancora, che il complessivo tenore del ricorso per nulla consente il
puntuale riscontro del contenuto e della portata di ciascuno dei plurimi asseritamente antitetici
atti di ultima volontà di pugno e a firma di Renata Levi.
E’ indubitabile, per altro verso, che le ulteriori circostanze riferite in sede di illustrazione
del secondo motivo (si allude allo stato di isolamento – cui la corte salernitana non avrebbe
accordato alcun rilievo – cui la controricorrente avrebbe costretto la madre, stato di
isolamento che avrebbe alterato, minandone la genuinità, la volontà della testatrice) possono
rivestire valenza essenzialmente nel solco dell’art. 624 c.c., segnatamente sub specie di
captazione.
Ed è indubitabile, inoltre, perché la captazione possa configurarsi, che non è sufficiente
qualsiasi influenza di ordine psicologico esercitata sul testatore mediante blandizie, richieste,
suggerimenti o sollecitazioni, ma che occorre la presenza di altri mezzi fraudolenti, i quali avuto riguardo all’età, allo stato di salute, alle condizioni di spirito dello stesso – siano idonei

11

a trarlo in inganno, suscitando in lui false rappresentazioni ed orientando la sua volontà in un
senso in cui non si sarebbe spontaneamente indirizzata (cfr. Cass. 28.5.2008, n. 14011).
Ed è indubitabile, infine, che la relativa prova, pur potendo essere presuntiva, deve
fondarsi su fatti certi che consentano di identificare e ricostruire l’attività captatoria e la
conseguente influenza determinante sul processo formativo della volontà del testatore (cfr.

In questi termini, evidentemente, le medesime circostanze che valgono a dar ragione della
soddisfacenti condizioni di salute mentale in cui versava Renata Levi nel periodo in cui
provvide, benché ultranovantenne, a redigere la scheda datata 5.9.1996, valgono, in pari
tempo, a dar conto dell’insussistenza di una delle imprescindibili precondizioni perché
potesse e possa ipotizzarsi l’operatività di una qualsivoglia forma di captazione.
La controricorrente ha chiesto disporsi la cancellazione dell’espressione “l’ingente somma
prendesse il volo”, che figura a pagina 21 dell’avverso ricorso.
L’istanza non merita seguito.
Non vi è motivo, invero, ché ci si discosti dall’insegnamento secondo cui la sussistenza dei
presupposti per la cancellazione di espressioni sconvenienti ed offensive contenute negli
scritti difensivi – prevista dall’art. 89 c.p.c. e tale da poter esser disposta anche nel giudizio di
legittimità, rientrando tra i poteri officiosi del giudice – va esclusa allorquando le locuzioni
censurate non siano dettate da un passionale ed incomposto intento dispregiativo e non
rivelino, perciò, un intento offensivo nei confronti della controparte (o dell’ufficio), ma,
conservando pur sempre un rapporto, anche indiretto, con la materia controversa, senza
eccedere dalle esigenze difensive, siano preordinate a dimostrare, attraverso una valutazione
negativa del comportamento dell’avversario, la scarsa attendibilità delle sue affermazioni (cfr.
Cass. 6.7.2004, n. 12309).

12

Cass. 28.5.2008, n. 14011).

Nel solco della testé riferita indicazione giurisprudenziale vi è ampio margine, da un
canto, per escludere che le parole censurate siano espressione di un mero intento offensivo,
dall’altro, per ammettere che si riferiscono a vicenda che senz’altro si iscrive nella
complessiva e complessa materia del contendere.
Il rigetto del ricorso giustifica la condanna in solido delle ricorrenti a rimborsare alla

La liquidazione segue come da dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso; condanna in solido le ricorrenti a rimborsare alla
controricorrente la somma di euro 3.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della II sez. civ. della Corte Suprema di

controricorrente le spese del giudizio di legittimità.

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