Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24475 del 17/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 17/10/2017, (ud. 08/03/2017, dep.17/10/2017),  n. 24475

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22183/2012 proposto da:

G.A., (OMISSIS), D.S.M. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA ANGELO EMO 130, presso lo studio

dell’avvocato MAURO CECCHETTI, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

M.S., elettivamente domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR

presso la CORTE di CASSAZIONE rappresentato e difeso dall’avvocato

RICCARDO VITTORIO ROSSI (presso STUDIO FULCO E ROSSI);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5563/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 23/12/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

08/03/2017 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS;

udito l’Avvocato CECCHETTI Mauro, difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso, deposita nota spese;

udito l’Avvocato ROSSI Riccardo difensore del resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 23 dicembre 2011, la Corte d’Appello di Roma, in totale riforma della sentenza del Tribunale di Rieti, ha ritenuto inammissibili le domande proposte da G.A. e D.S.M., volte a ottenere il riconoscimento dell’acquisto per usucapione di una servitù di veduta e il risarcimento del danno subito a causa della sopraelevazione illegittimamente posta in essere da M.S..

Il giudice d’appello ha infatti ritenuto che la pronuncia sulle domande fosse preclusa dal passaggio in giudicato dell’ordinanza resa dal Tribunale di Tivoli, adito nel 1998 in sede di denuncia di nuova opera, ordinanza mai impugnata, che avrebbe contenuto decisorio e definitivo.

2. I coniugi propongono ricorso in cassazione.

M.S. resiste con controricorso.

I ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è articolato in due motivi.

A) Con il secondo motivo si fa genericamente valere “violazione o falsa applicazione di norme di diritto”, senza indicare quali sarebbero le disposizioni violate, e “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, in sostanza lamentando il rilievo del giudicato esterno quando controparte, M., aveva formulato l’eccezione di litispendenza per poi a tale eccezione rinunciare.

Il motivo è infondato. Anzitutto la rinuncia all’eccezione di litispendenza non comporta affatto rinuncia all’eccezione di giudicato (non può esserci giudicato sino a quando vi è litispendenza), ma in ogni caso il rilievo del giudicato è operato d’ufficio dal giudice (cfr. Cass., sez. un., 13916/2006).

B) Con il primo motivo i ricorrenti lamentano violazione o falsa applicazione di norme di diritto circa la ritenuta esistenza del giudicato: l’azione proposta di accertamento dell’acquisto per usucapione della servitù di veduta non sarebbe preclusa dalla pronuncia resa nel giudizio di nuova opera, così come non sarebbe preclusa quella di condanna a risarcire il danno.

Il motivo è fondato. L’ordinanza del 27 febbraio 2002, con la quale il Tribunale di Tivoli ha rigettato il ricorso di G. e D.S., che avevano chiesto di disporre la sospensione dei lavori iniziati da M. di costruzione di una sopraelevazione che eliminava la possibilità di veduta che essi da sempre esercitavano da un balcone del proprio edificio, non è, come sostiene la Corte d’appello di Roma, provvedimento di cui “è inequivoco il contenuto decisorio e definitivo” e quindi “assimilabile ad una vera sentenza emessa all’esito del giudizio di merito, suscettibile quindi di passare in giudicato”. Si tratta invece – come afferma la stessa ordinanza – di un provvedimento cautelare, inidoneo ad acquisire l’efficacia del giudicato: il provvedimento di rigetto della domanda di denunzia di nuova opera di cui all’art. 1171 c.c., non è infatti una sentenza, ma un’ordinanza contro la quale è ammesso il reclamo (Cass. 1603/2001). Il fatto poi che l’ordinanza abbia provveduto sulle spese del giudizio, compensandole tra le parti, non la trasforma certo – come invece sostiene la Corte d’appello – in una sentenza, rispondendo invece a quanto in generale prevede per le misure cautelari l’art. 669-septies c.p.c., a norma del quale, se l’ordinanza di rigetto è pronunciata prima dell’inizio della causa di merito, con essa il giudice provvede definitivamente sulle spese del procedimento cautelare.

2. L’accoglimento del primo motivo determina la cassazione della sentenza in relazione al motivo accolto; la causa viene rimessa ad altra sezione della Corte d’appello di Roma che si atterrà al principio di diritto sopra enunciato; il giudice di rinvio provvederà anche circa le spese del giudizio.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso quanto al primo motivo; cassa la sentenza impugnata relativamente al motivo accolto e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Roma anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 8 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2017

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