Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24475 del 04/11/2020

Cassazione civile sez. III, 04/11/2020, (ud. 06/07/2020, dep. 04/11/2020), n.24475

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21440/2018 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL CASAL

LUMBROSO N. 139, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA ANZUINI,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, V. DEL

TEMPIO DI GIOVE 21 – COMUNE, presso lo studio dell’avvocato PIER

LUDOVICO PATRIARCA, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

EQUITALIA SUD S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 6258/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

22/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/07/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ricorso notificato il 18/7/2018, il sig. A.A. propone gravame dinanzi a questa Corte, affidato a quattro motivi e illustrati da successiva memoria, avverso la sentenza n. 6258/2018 del Tribunale di Roma, pubblicata in data 22/3/2018, pronunciata in un giudizio instaurato nei confronti del Comune di Roma. Con controricorso ha resistito Roma Capitale. Il Pubblico Ministero è intervenuto nel giudizio per chiederne la dichiarazione di inammissibilità.

2. In data 14/6/2012, all’attuale ricorrente veniva notificato da Equitalia Sud s.p.a. un preavviso di fermo amministrativo della propria auto, accompagnato dall’intimazione di pagamento di una serie di cartelle esattoriali relative a contravvenzioni al C.d.S., commesse tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS). Il sig. A., con atto di citazione in opposizione ex art. 615 c.p.c., notificato l’11/7/2012 e depositato il 30/7/2012, conveniva, dinanzi al Giudice di Pace, Equitalia e i Comuni di Roma Capitale e Latina lamentando l’omessa notifica dei verbali di contravvenzione sottesi, nonchè l’inesistenza e nullità delle cartelle di pagamento. Con sentenza n. 30141/2015, il GdP respingeva l’opposizione e condannava l’opponente alle spese in favore delle parti convenute.

3. Avverso la pronuncia il sig. A. proponeva appello al Tribunale di Roma che, con la sentenza qui gravata, confermava il rigetto dell’opposizione ritenendo l’atto di citazione in primo grado inammissibile in quanto tardivo. In particolare, il giudice dell’appello rilevava che l’impugnazione del preavviso di fermo avrebbe dovuto essere proposta con ricorso L. n. 689 del 1981, ex artt. 23 e segg. e, dunque, con deposito da effettuarsi entro trenta giorni dalla notificazione del verbale di accertamento dell’infrazione oppure, “in funzione recuperatoria”, dalla notificazione della relativa cartella di pagamento; tuttavia, nel caso concreto la notifica del preavviso di fermo risaliva al 14/6/2012, mentre il ricorrente aveva notificato l’erronea citazione l’11/7/2012, depositandola il 30/7/2012, dunque, in un momento in cui i menzionati termini D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 7, erano oramai vanamente decorsi, non rendendosi pertanto possibile la conversione dell’opposizione ex art. 615 c.p.c., in ricorso secondo le forme della L. n. 689 del 1981.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si denuncia – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, artt. 6 e 7. Il ricorrente censura la sentenza per avere ritenuto tardiva l’opposizione nonostante fosse stata instaurata con atto di citazione in forma di opposizione all’esecuzione di cui all’art. 615 c.p.c.. Adduce che i termini di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7, non potevano decorrere nel caso concreto nè dalla notifica del verbale di accertamento, nè da quella delle sottese cartelle in quanto, come dedotto già in primo grado, non aveva mai ricevuto notifica di tali atti. A tal fine invoca il precedente di cui all’ordinanza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 10261/2018, evidenziando che la opposizione era diretta non soltanto a denunciare vizi propri della notifica del “preavviso di fermo”, ma anche a richiedere l’accertamento della illegittimità dei sottesi verbali di infrazione, nonchè delle stesse cartelle di pagamento.

1.1. Il motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi sottesa alla motivazione.

1.2. Il giudice a quo ha ritenuto che la opposizione all’esecuzione è stata effettuata tardivamente con atto di citazione, anzichè con ricorso, e per la valutazione della sua tempestività ha considerato la data di deposito dell’atto introduttivo del giudizio, da effettuarsi entro il minor termine di trenta giorni previsto dalla normativa sulla opposizione alle sanzioni amministrative, in conformità a un orientamento pacifico qui non in discussione (v. da ultimo Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 20995 del 23/08/2018). E’ invece oggetto di censura che il giudice di merito, nel far ciò, abbia qualificato diversamente l’opposizione proposta, tenendo conto dei motivi che mettevano in questione la nullità della notifica degli atti di accertamento e di irrogazione delle sanzioni amministrative, posti a presupposto del preavviso di fermo amministrativo e delle cartelle esattoriali. Tanto premesso, il giudice ha rilevato che il termine – perentorio previsto dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7, comma 3, per proporre ricorso L. n. 689 del 1981, ex artt. 22 e segg., è di 30 giorni (a differenza di quello per l’opposizione all’esecuzione indicato in 60 giorni) e che, nel caso specifico, tale termine era già decorso alla data di deposito dell’atto di citazione – il 30/7/2012 – se di considera la data della notifica del preavviso di fermo e delle correlate cartelle esattoriali, intervenuta il 14/6/2012. In particolare, l’opposizione de qua è stata ritenuta avere funzione “recuperatoria”, intendendo essa mettere in discussione non tanto il titolo esecutivo notificato, bensì i provvedimenti amministrativi (ordinanza-ingiunzione o verbale di accertamento) in tesi non notificati, posti a presupposto delle cartelle esattoriali.

1.3. La sentenza impugnata si allinea alla giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 32243 del 13/12/2018; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 24092 del 31/10/2018; Sez. U. -, Sentenza n. 22080 del 22/9/2017), che ha avuto modo di precisare che l’opposizione al preavviso di fermo, se diretta a contestare non (o non soltanto) i presupposti legali cui il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 86, della misura coercitiva, bensì i presupposti della stessa pretesa amministrativa e, dunque, del credito fatto valere dalla Amministrazione, non è rivolta a contestare la fase di esecuzione (preventiva o agli atti esecutivi), assumendo piuttosto una finalità “recuperatoria”, in quanto volta a contestare i presupposti della formazione del titolo esecutivo. Poichè essa vale come opposizione – tardiva – alla ordinanza-ingiunzione (o al verbale di accertamento della violazione della norma stradale: art. 204-bis C.d.S.), conseguentemente va proposta nelle forme e con le modalità previste dalla L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 22-bis, ed attualmente disciplinate dal D.Lgs. n. 150 del 2011, artt. 6 e 7.

1.4. A tale conclusione, inoltre, non osta il principio, impropriamente invocato

dal ricorrente, stabilito dalle Sezioni Unite n. 10261/2018 e, ancor prima, da Cass., Sez. U., Ordinanza n. 15354 del 22/7/2015, secondo cui in tema di riparto della competenza per materia l’impugnativa del preavviso di fermo amministrativo, sostanziandosi in un’azione di accertamento negativo della pretesa creditoria, segue le regole generali del rito ordinario di cognizione e per valore, atteso che nel caso in esame rileva, piuttosto, il merito della contestazione, avente ad oggetto il vizio inerente alla pretesa sanzionatoria dell’Ente impositore, collegato alla assunta omessa ricezione della notifica delle contestazioni.

2. Con il secondo motivo si denuncia – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illegittimità della sentenza impugnata per omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio costituito dall’omesso invio, da parte sia dell’Ente Creditore che dell’Agente della riscossione, della raccomandata al destinatario prescritta, a pena di invalidità, dall’art. 139 c.p.c., quando la notifica viene eseguita nelle mani del portiere. In aggiunta, il ricorrente adduce che la sentenza impugnata ignora completamente anche quanto eccepito dal sig. A. in merito alla mancata produzione da parte di Roma Capitale e di Equitalia delle retate di notifica dei verbali di accertamento del 2008.

3. Con il terzo motivo si contesta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – l’illegittimità della sentenza per omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio costituito dall’omesso invio, da parte dell’Agente della riscossione, della formale diffida di pagamento prima della notifica del preavviso di fermo, come prescritto dal D.P.R. n. 602 del 1973 e dalla L. n. 106 del 2011.

4. Con il quarto motivo si censura – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’illegittimità della sentenza per omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio costituito dalla circostanza che nelle cartelle di pagamento impugnate non sono state indicate in modo dettagliato le modalità di calcolo degli interessi, riportati solo nel totale, con la conseguenza che la loro richiesta di pagamento è illegittima.

5. I motivi del ricorso n. 2, 3, 4 vanno trattati congiuntamente in quanto inammissibili per le ragioni di seguito esposte.

5.1. Nel complesso, essi denunciano l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, cosicchè, giusta la previsione di cui all’art. 348-ter c.p.c., comma 5, incorrono nella causa di inammissibilità ivi prevista. Difatti, questa Corte ha più volte ribadito che “Nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter c.p.c., comma 5 (applicabile, ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (nel testo riformulato dal cit. D.L. n. 83, art. 54, comma 3, ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012) – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse” (Cass., Sez. L -, Sentenza n. 20994 del 6/8/2019; Sez. 1 -, Sentenza n. 26774 del 22/12/2016; Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/3/2014). Nel caso concreto, tali indicazioni non si rinvengono, sebbene – sul presupposto del doppio rigetto dell’opposizione in primo e in secondo grado – per evitare una pronuncia in punto di inammissibilità per doppia conforme, il ricorrente avrebbe dovuto indicare le eventuali differenze, in punto di fatto, delle ragioni del rigetto poste alla base delle due decisioni di merito.

5.2. Per i mezzi di ricorso qui in esame, peraltro, vale anche il rilievo di inammissibilità ex art. 366 c.p.c., comma 6, poichè il ricorrente non indica i fatti processuali alla base dei vizi denunciati, non individua ove è possibile rinvenire l’atto o il documento della cui erronea od omessa valutazione si dolga indicando esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi e in quale fase processuale sia stato depositato, non trascrive o, quantomeno, riassumendone il suo contenuto nel ricorso (Cass., Sez. 5 -, Sentenza n. 29093 del 13/11/2018; Sez. 1, Sentenza n. 16900 del 19/8/2015; Sez. 3, Sentenza n. 8569 del 9/4/2013).

6. Conclusivamente il ricorso è inammissibile, con ogni conseguenza in ordine alle spese, che si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, a favore della parte resistente.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese liquidate in Euro 900,00, oltre Euro 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 6 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2020

 

 

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