Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24474 del 21/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 21/11/2011, (ud. 27/09/2011, dep. 21/11/2011), n.24474

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4436-2009 proposto da:

I.N.P.D.A.P. – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I DIPENDENTI

DELL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA, in persona del legale rappresentante

prò tempore, domiciliato in ROMA, VIA V. BECCARIA (C/O INPDAP),

presso lo studio dell’avvocato MARINUZZI DARIO, che lo rappresenta e

difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

B.P., M.A.G.A., domiciliati in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PETTINI ANDREA,

giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 151/2008 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 12/02/2008 r.g.n. 662/07; udita la relazione della

causa svolta nella pubblica udienza del 27/09/2011 dal Consigliere

Dott. TRICOMI IRENE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’Appello di Firenze, con la sentenza n. 151/2008, depositata il 12 febbraio 2008, rigettava l’appello proposto dall’INPDAP, nei confronti di B.P. e M.A.G. A., avverso la sentenza del Tribunale di Firenze del 29 gennaio 2008.

2. Il giudice di primo grado aveva accolto la domanda avanzata dai coniugi B. avente ad oggetto il diritto alla corresponsione anticipata del TFR maturato, ricorrendo l’ipotesi di cui all’art. 2120 c.c. e la conseguente condanna del suddetto Ente al pagamento delle relative somme.

3. Per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Firenze ricorre l’INPDAP prospettando un motivo di impugnazione.

4. Resistono con controricorso M.A.G.A. e B.P..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso l’INPDAP prospetta violazione e falsa applicazione dell’art. 2120 c.c., del D.P.R. n. 1032 del 1973, della L. n. 335 del 1995, della L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 56.

Afferma la ricorrente che la questione attiene alla possibilità per il personale delle pubbliche amministrazioni – iscritto ai fini previdenziali all’INPDAP, ed avente diritto alla cd. indennità di buonuscita, prevista dal D.P.R. n. 1032 del 1973 – di ottenere anticipazioni del proprio trattamento di fine rapporto in modo analogo a quanto previsto dall’art. 2120 c.c., relativamente ai lavoratori privati.

Ad avviso dell’INPDAP l’indennità di buonuscita ex D.P.R. n. 1032 del 1973 ha caratteristiche proprie e non è assimilabile al TFR previsto e disciplinato dall’art. 2120 c.c..

1.1. Il quesito di diritto ha il seguente tenore: se il personale dipendente da pubbliche amministrazioni iscritto all’INPDAP ai fini della cd. indennità di buonuscita, prevista dalle norme di cui al D.P.R. n. 1032 del 1973, possa ottenere o non anticipazioni del proprio trattamento di fine servizio, in modo analogo a quanto previsto dall’art. 2120 c.c., relativamente al trattamento di fine rapporto per i lavoratori privati.

2. Il motivo è fondato e deve essere accolto.

2.1. Occorre, preliminarmente, precisare che i resistenti, avendo individuato un appartamento da acquistare per esigenze familiari, chiedevano all’INPDAP l’anticipazione del proprio trattamento di fine servizio maturato e, in conseguenza del rifiuto opposto dall’Ente con nota del 26 aprile 2005, adivano il Tribunale (v. p. 2 del ricorso e p.2 del controricorso).

Ancora, occorre chiarire che la fattispecie in oggetto riguarda l’anticipazione del TFR in relazione alle spese da sostenere nel periodo di fruizione dei congedi parentali, già disciplinati dalla L. n. 1074 del 1971, art. 7, poi sostituito dalla L. n. 53 del 2000, art. 3, ed ora previsti dal D.Lgs. n. 151 del 2001.

2.2. La Corte d’Appello di Firenze pone alla base della propria statuizione quanto previsto dalla L. n. 53 del 2000, art. 7, comma 1, di cui riporta in sentenza il contenuto precettivo: “oltre che nelle ipotesi di cui all’art. 2120 c.c., comma 8, il trattamento di fine rapporto può essere anticipato ai fini delle spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei congedi di cui alla L. 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 7, comma 1, come sostituito dall’art. 3, comma 2, della presente legge, e di cui agli artt. 5 e 6 della presente legge.

L’anticipazione è corrisposta unitamente alla retribuzione relativa al mese che precede la data di inizio del congedo. Le medesime disposizioni si applicano anche alle domande di anticipazioni per indennità equipollenti al trattamento di fine rapporto, comunque denominate, spettanti a lavoratori dipendenti di datori di lavoro pubblici e privati”.

In base a tale disposizione il giudice di appello afferma che, nel prevedere che è possibile ottenere l’anticipazione per i congedi oltre che nei casi di cui all’art. 2120 c.c. “la disposizione in esame attribuisce, nel suo complesso, il diritto a tutti i dipendenti pubblici e privati ed individua non solo il TFR – nella sua definizione privatistica, di cui all’art. 2120 c.c. – ma anche ogni altra forma equipollente al TFR, comunque denominata”.

Ad avviso della Corte d’Appello di Firenze, dunque, la lettura piana della disposizione consente di ritenere che tutte le ipotesi di anticipazione del TFR – quelle codicistiche e quelle per i congedi di cui alla L. n. 53 del 2000 – si applicano ai dipendenti privati e pubblici, comunque sia denominato il fondo avente analoga funzione e destinazione del trattamento di fine rapporto, di talchè, nella specie, perde rilievo la diversa natura della buonuscita rispetto al TFR. Infine il giudice di secondo grado richiama la sentenza n. 9 del 2000 della Corte costituzionale.

2.3. La decisione del giudice di appello è viziata, poichè la stessa non fa corretta applicazione dell’art. 2120 c.c., in quanto offre un’ interpretazione della stessa in combinato disposto con la sola disposizione contenuta nella L. n. 53 del 2000, art. 7, senza alcun riferimento, da un lato al D.Lgs. n. 151 del 2001, dall’altro alla più ampia, ma anche specifica, disciplina di settore, dettata dal D.P.R. n. 1032 del 1973 (art. 3), dalla L. n. 335 del 1995 di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare e dei previsti meccanismi legislativi e contrattuali di armonizzazione, nonchè dal richiamato L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 56 (che prevede: “fermo restando quanto previsto dalla L. 8 agosto 1995, n. 335, e successive modificazioni, in materia di applicazione delle disposizioni relative al trattamento di fine rapporto ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, al fine di favorire il processo di attuazione per i predetti delle disposizioni in materia di previdenza complementare viene prevista la possibilità di richiedere la trasformazione dell’indennità di fine servizio in trattamento di fine rapporto”), in merito al quale veniva emanato, tra l’altro, il D.P.C.M. 20 dicembre 1999 “Trattamento di fine rapporto e istituzione dei fondi pensione dei pubblici dipendenti”. Nè è conferente il richiamo alì ordinanza della Corte cost. n. 9 del 2000, nella quale, con l’esaminare questione di costituzionalità relativa alla mancata estensione agli avvocati dello Stato dell’istituto dell’anticipazione sul TFR, è affermato, tra l’altro, come obiter dictum, che rientra nella piena discrezionalità del legislatore dimensionare la portata dell’istituto.

L’art. 2120 c.c., comma 6, stabilisce “il prestatore di lavoro, con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, una anticipazione non superiore al 70 per cento sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta”; il successivo comma 8, a sua volta prevede “la richiesta deve essere giustificata dalla necessità di:

a) eventuali spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;

b) acquisto della prima casa di abitazione per sè o per i figli, documentato con atto notarile”.

La norma, dunque, fa espresso riferimento al solo TFR e non ai diversi regimi di trattamento di fine servizio operanti nel servizio del pubblico impiego, quale l’indennità di buona uscita di cui al D.P.R. n. 1032 del 1973, caratterizzata da un diverso regime giuridico.

La rado della L. n. 53 del 2000, art. 7, comma 1, va rinvenuta nell’estensione oggettiva dell’istituto dell’anticipazione del TFR alle esigenze connesse alla fruizione dei congedi parentali.

L’ulteriore periodo del suddetto comma 1 del citato art. 7, che fa riferimento alle domande di anticipazioni per indennità equipollenti al trattamento di fine rapporto, analogamente intende ampliare l’oggetto di tali anticipazioni, ma non può essere inteso come ampliativo, sotto il profilo soggettivo dei soggetti beneficiari, al TFS costituito dall’indennità di buonuscita, proprio in ragione della non equipollenza, tra l’altro, per la diversa base retributi va e di calcolo, tra quest’ultimo istituto e il TFR. Ciò trova conferma nella disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 5, che richiama il contenuto della L. n. 53 del 2000, art. 7, solo per estendere l’ambito di applicazione dell’art. 2120 c.c., alle necessità connesse alla fruizione dei congedi parentali, nonchè nella disciplina dell’indennità di buonuscita.

Detto D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 5, la cui rubrica reca “Anticipazione del trattamento di fine rapporto”, stabilisce, infatti, che “durante i periodi di fruizione dei congedi di cui all’art. 32, il trattamento di fine rapporto può essere anticipato ai fini del sostegno economico, ai sensi della L. 8 marzo 2000, n. 53, art. 7. Gli statuti delle forme pensionistiche complementari di cui al D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni, possono prevedere la possibilità di conseguire tale anticipazione”.

3. Il ricorso, pertanto, deve essere accolto, dovendosi affermare il principio secondo cui la L. n. 53 del 2000, art. 7, comma 1, non amplia, sotto il profilo soggettivo, l’ambito degli aventi diritto all’anticipazione del TFR, non determinando alcuna equipollenza tra il TFR e il TFS. Per l’effetto la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la controversia può essere decisa nel merito, con la reiezione della domanda svolta nel ricorso introduttivo del giudizio B.P. e M.A. G.A..

In ragione della novità della questione sono compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda proposta in primo grado dai resistenti.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 27 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2011

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