Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24472 del 30/10/2013


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Civile Sent. Sez. U Num. 24472 Anno 2013
Presidente: RORDORF RENATO
Relatore: BOTTA RAFFAELE

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
EQUITALIA POLIS S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via E. Fermi 80, presso l’avv.
Salvatore Pesce, rappresentata e difesa dall’avv. Ernesto Sparano giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente —

CONTRO
BUONOCUNTO VINCENZO, elettivamente domiciliato in Roma, viale
Angelico 249, presso gli avv.ti Fabiana Cotza e Fulvio Mazzotta, rappresentato e difeso dall’avv. Mario Zarrelli, giusta delega a margine del controricorso;
– controricorrente —

avverso la sentenza del Giudice di Pace di Barra n. 973/09 del 12 dicembre
2008, depositata il 24 febbraio 2009, notificata il 25 maggio 2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22 ottobre
2013 dal Consigliere Raffaele Botta;
Preso atto che nessuno è comparso per le parti;
Udito il P.M., in persona dell’Avvocato Generale Umberto Apice, che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La controversia concerne l’impugnazione innanzi al Giudice di Pace di cartelle di pagamento (alcune delle quali concernenti tributi) contenenti inti-

Data pubblicazione: 30/10/2013

mazione di pagamento con preavviso di fermo di un veicolo di proprietà del
contribuente.
Il giudice adito, disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice
ordinario sollevata dal concessionario in relazione alla cartelle recanti tributi, annullava le cartelle medesime, condannando il concessionario alle spese.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il concessionario con
due motivi, illustrati anche con memoria, ribadendo l’eccezione di difetto di
giurisdizione del giudice ordinario relativamente alle cartelle recanti tributi

MOTIVAZIONE

Il ricorso è inammissibile. La sentenza impugnata è stata pubblicata il 24
febbraio 2009, in data antecedente, quindi, all’entrata in vigore della riforma disposta dall’art. 47, comma 1, lett. d), L. n. 69 del 2009, che ha abrogato l’art. 366-bis c.p.c. a decorrere dal 4 luglio 2009. Pertanto in ossequio alla
disposizione, allora vigente, dettata dall’art. 366-bis c.p.c., ogni motivo di
ricorso avrebbe dovuto essere completato con la formulazione di un quesito
di diritto, regola questa alla quale il ricorso in esame non si è attenuto, omettendo la formulazione di un qualsivoglia quesito di diritto, con la conseguente inammissibilità del ricorso stesso.
Né il quesito di diritto può “ricavarsi per via di interpretazione dal giudice”
dalla narrativa del motivo di impugnazione, come sembra voler sostenere la
parte ricorrente nella memoria ex art. 378 c.p.c. depositata in atti. Infatti,
come questa Corte ha avuto modo di affermare: «La previsione della norma
dell’art. 366-bis cod. proc. civ., là dove esige che l’esposizione del motivo si
debba concludere con il quesito di diritto, se non significa che il quesito debba topograficamente essere inserito alla fine della esposizione di ciascun motivo (potendo esserlo anche all’inizio per il fatto che siffatta sua articolazione implica necessariamente che essa si intenda formalmente ripetuto alla fine dell’esposizione, sì da adempiere comunque l’onere di conclusione), comporta necessariamente che il quesito debba svolgere una propria funzione di
individuazione della questione di diritto posta alla Corte, sicché è necessario
che tale individuazione sia assolta da una parte apposita del ricorso, a ciò
deputata attraverso espressioni specifiche che siano idonee ad evidenziare
alla Corte la questione stessa, restando invece escluso che la questione possa
risultare da un’operazione di individuazione delle implicazioni della esposizione del motivo di ricorso come prospettato affidata al lettore di tale esposizione e non rivelata direttamente dal ricorso stesso. Infatti, se il legislatore
avesse voluto ammettere tale possibilità, non avrebbe previsto che detta esposizione si concludesse con la formulazione del quesito, espressione che
implica palesemente un quid che non può coincidere con essa, ma avrebbe
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a favore del giudice tributario. Resiste il contribuente con controricorso.

previsto solo che quest’ultima deve proporre un quesito di diritto» (Cass. n.
16002 del 2007; Cass. S.U. n. 20360 del 2007; Cass. S.U. ord. n. 2658 del
2008; Cass. n. 24850 del 2011). E ciò vale anche quando il motivo di ricorso,
formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., attenga ad una questione di giurisdizione (Cass. S.U. ord. n. 2658 del 2008).
Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile. Le spese seguono
la soccombenza.

PQM
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese della presente fase del giudizio che liquida in complessivi C 2.000,00 per compensi ed C 200,00 per spese, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22 ottobre 2013.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

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