Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24470 del 30/10/2013


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Civile Sent. Sez. U Num. 24470 Anno 2013
Presidente: RORDORF RENATO
Relatore: RORDORF RENATO

SENTENZA

sul ricorso 23489-2012 proposto da:
ARRIVEDERCI A ROMA S.R.L., GREEN LINE TOURS S.P.A.,
2013′

CARRANI BUS S.R.L., in persona dei rispettivi legali

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rappresentanti pro-tempore, elettivamente domiciliate
in ROMA, VIA E. GIANTURCO l, presso lo studio
dell’avvocato PAZZAGLIA ANTONIO, che le rappresenta e
difende unitamente all’avvocato PAZZAGLIA ALDO, per

Data pubblicazione: 30/10/2013

delega in calce al ricorso;
– ricorrenti contro

ROMA CAPITALE (già COMUNE DI ROMA), in persona del
Sindaco pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

Comunale, rappresentato e difeso dall’avvocato D’OTTAVI
LUIGI, per delega a margine del controricorso;
COMMISSARIO

DELEGATO

ALL’EMERGENZA

TRAFFICO

E

MOBILITA’, PROGETTI STATEGICI E PROGRAMMA ROMA
CAPITALE, PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in
persona del Capo Dipartimento pro-tempore,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI
12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li
rappresenta e difende ope legis;
ATAC S.P.A. – AZIENDA PER LA MOBILITA’ DEL COMUNE DI
ROMA, in persona del legale rappresentante pro-tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA APPENNINI 46,
presso lo studio dell’avvocato LEONE LUCA, che la
rappresenta e difende, per delega in calce al
controricorso;
– controricorrenti nonchè contro

SIT

S.R.L.,

TRAMBUS

OPEN

S.P.A.,

COMPAGNIA

DI

NAVIGAZIONE PONTE SANT’ANGELO S.R.L. IN LIQUIDAZIONE;
– intimati –

avverso la sentenza n. 4735/2012 del CONSIGLIO DI

VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21, presso l’Avvocatura

STATO, depositata il 06/09/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/10/2013 dal Presidente Dott. RENATO
RORDORF;
uditi gli avvocati Aldo PAZZAGLIA, Luigi D’OTTAVI, Luca

dello Stato;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott.
UMBERTO APICE, che ha concluso per l’inammissibilità
del ricorso.
……__________ ___

LEONE, Giancarlo PAMPANELLI dell’Avvocatura Generale

Esposizione del fatto
Nel luglio 2011 le società Arrivederci a Roma s.r.I., Carrani Bus s.r.I.,
Green Line Tours s.r.l. e Blue Line 2000 s.r.I., titolari di autorizzazioni per
il servizio di trasporto turistico nella città di Roma, chiesero al Tribunale
amministrativo regionale per il Lazio (in prosieguo Tar) di annullare gli atti

con i quali il sindaco, in veste di commissario delegato all’emergenza
traffico, e l’amministrazione capitolina, dopo aver limitato a sessanta il
numero degli autobus turistici autorizzati a circolare nel perimetro urbano,
avevano indetto una gara per la concessione di nuove autorizzazioni
stabilendo che, all’esito di detta gara, quelle già in vigore sarebbero
decadute.
Il Tar dichiarò illegittime sia le misure di contingentamento degli
automezzi ammessi a circolare nell’area urbana, sia l’indizione della gara
per il rilascio di nuove autorizzazioni all’esercizio del servizio di trasporto
turistico con decadenza di quelle già concesse.
Gli appelli proposti dal commissario delegato e da Roma capitale contro
tale pronuncia furono rigettati dal Consiglio di Stato, con sentenza resa
pubblica il 6 settembre 2012, recante però una motivazione in parte
diversa da quella posta a base della decisione di primo grado.
Il Consiglio di Stato, premesso che la sentenza impugnata si era fondata
su due autonome ragioni, esaminò anzitutto la prima di esse e reputò che,
contrariamente a quanto ritenuto dal Tar, il porre limitazioni al numero
delle autorizzazioni per esercitare il servizio di trasporto turistico nella città
Roma fosse in astratto legittimo, in considerazione della situazione di
emergenza in cui versa il traffico urbano. Aggiunse che le ragioni pee.r—l’adozione di tale provvedimento erano state, nella specie, adeguatamente
\A;li\

motivate dal commissario delegato e che la decadenza dalle autorizzazioni
già rilasciate costituiva una misura necessaria per realizzare detto
contingentamento. Il medesimo Consiglio di Stato negò, tuttavia, che i
provvedimenti in concreto adottati per la realizzazione di quegli obiettivi
fossero conformi ai canoni di necessità e proporzionalità cui debbono esser

commisurati i sacrifici imposti alla libera esplicazione dell’attività
d’impresa, con particolare riguardo ad alcuni dei requisiti di capacità
economico-finanziaria imposti dal bando per consentire la partecipazione
alla gara ed a taluni dei criteri di attribuzione dei punteggi previsti dal
bando stesso. Quanto poi alla seconda ratio decidendi della sentenza di
primo grado, incentrata sul difetto di adeguata istruttoria e di idonea
motivazione del provvedimento col quale era stato limitato a sessanta il
numero degli autobus ammessi a circolare nel centro urbano, il giudice
d’appello la condivise totalmente, osservando che la spiegazione fornita in
causa dal commissario delegato, secondo cui quel dato era frutto
dell’esperienza pregressa, costituiva un’inammissibile motivazione

a

posteriori dell’atto amministrativo, del resto incongrua dal momento che in
precedenza erano stati ammessi a circolare sessantuno automezzi e che la
riduzione di una sola unità appariva manifestamente inadeguata a
realizzare l’ambizioso obiettivo di risanare l’emergenza del traffico.
Per la cassazione di questa sentenza hanno proposto ricorso le società
Arrivederci a Roma s.r.I., Carrani Bus s.r.I., Green Line Tours s.r.l. (non
anche la Blu Line 2000 s.r.I.).
Hanno resistito con altrettanti controricorsi il sindaco di Roma, nella
.-(

predetta qualità di commissario delegato all’emergenza traffico, il
medesimo sindaco, nella veste di legale rappresentante di Roma capitale

(il quale ha poi anche depositato memoria), e l’Atac – Azienda per la
Mobilità del Comune di Roma s.p.a.
Nessuno degli altri intimati ha svolto difese.

Ragioni della decisione
1. Le società ricorrenti in primo luogo lamentano che il Consiglio di

concesse per l’esercizio del servizio di trasporto turistico costituirebbe una
misura necessaria per il raggiungimento degli obiettivi di risanamento del
traffico, cui erano preordinati gli atti amministrativi impugnati, abbia
esorbitato dai limiti del potere giurisdizionale. Il giudice amministrativo,
così argomentando, si sarebbe arrogato un potere di valutazione della
conformità dell’atto all’interesse pubblico che non gli compete; e la stessa
pubblica amministrazione – insistono nel sostenere le ricorrenti – era a
propria volta carente del potere di far venir meno gli effetti delle
autorizzazioni già concesse, dalle quali erano scaturiti diritti soggettivi che
solo il legislatore avrebbe potuto eventualmente intaccare, non senza
prevedere un adeguato indennizzo. Donde la denunciata violazione degli
artt. 111 Cost., 110 c.p.a. e 362 c.p.c.
2. Di analoga violazione ci si duole nel secondo motivo di ricorso, che si
appunta sull’affermazione dell’impugnata sentenza – del pari accusata di
invasione nella sfera delle valutazioni discrezionali della pubblica
amministrazione – secondo cui la limitazione del numero delle
autorizzazioni ad operare nel settore del trasporto turistico urbano
deriverebbe da esigenze rese imperative dalla situazione del traffico e
sarebbe stato inevitabile il conseguente ricorso al sistema della gara ad
evidenza pubblica per selezionare gli operatori ammessi.

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Stato, nell’affermare che la decadenza dalle autorizzazioni in precedenza

3. Da ultimo, le ricorrenti lamentano che il Consiglio di Stato, in
presenza di motivi d’impugnazione che mettevano in dubbio la conformità
dei provvedimenti adottati dall’amministrazione ai principi di libertà di
stabilimento e di libera concorrenza stabiliti dagli artt. 49 e 101 del
Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, abbia escluso che vi sia

sollecitato a farlo e come sarebbe stato comunque necessario, un
pregiudiziale quesito interpretativo alla Corte di Giustizia dell’Unione
Europea.
4. Il ricorso è inammissibile.
La sentenza del Consiglio di Stato contro cui esso è rivolto, come già s’è
detto, ha rigettato i due distinti appelli che il sindaco di Roma,
rispettivamente in veste di commissario delegato all’emergenza traffico
per la città e di legale rappresentante di Roma capitale, aveva proposto
nei confronti della sentenza con cui erano stati annullati dal Tar gli atti
amministrativi impugnati dalle odierne ricorrenti. Il rigetto dell’appello
implica che l’annullamento integrale di quegli atti ne è risultato
confermato, quantunque il giudice di secondo grado abbia in parte corretto
la motivazione della prima sentenza. Ne discende che le odierne ricorrenti
non possono qualificarsi soccombenti, all’esito del giudizio conclusosi con
la sentenza da esse impugnata in questa sede: il che esclude in radice
l’ammissibilità del ricorso per cassazione, giacché la soccombenza integra
un elemento essenziale dell’interesse dal quale qualsiasi impugnazione
dev’esser sorretta.
E’ vero che, come molte volte già questa corte ha avuto modo di
affermare, il suaccennato requisito della soccombenza ed il conseguente

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stata violazione di tali principi senza rivolgere, pur essendo stato

l’interesse ad impugnare devono essere valutati non solo alla stregua del
dispositivo della sentenza impugnata, ma anche tenendo conto delle
enunciazioni contenute nella motivazione, se queste siano suscettibili di
passare in giudicato quali presupposti logici necessari della decisione o
perché presentino carattere di statuizione autonoma (cfr., tra le altre, Sez.

Un. n. 8692/05, Sez. Un. n. 206/01, Cass. n. 10498/01 e Cass. n.
10896/99). Ma quando, come nel presente caso, in presenza di domande
di annullamento di atti amministrativi per una molteplicità di vizi di
legittimità ad essi imputati, il giudice abbia accolto tali domande ed
annullato quegli atti, spiegando in motivazione di aver riscontrato solo
alcuni dei vizi denunciati, peraltro sufficienti a provocare la pronuncia di
annullamento, non è dato ravvisare una soccombenza parziale di chi
proprio l’annullamento aveva richiesto. Le argomentazioni della sentenza
in cui viene spiegato perché, secondo il giudicante, non sono riscontrabili
taluni dei pretesi vizi di legittimità degli atti impugnati non si pongono,
infatti, come presupposto logico necessario della decisione di
annullamento, basata su vizi diversi, né assumono la valenza di statuizioni
autonome, come tali suscettibili di passare in giudicato, perché non sono
di per sé idonee a fondare una decisione destinata a riflettersi su un bene
della vita dedotto in controversia.
Si capisce che, l’avere il giudice escluso l’esistenza di quei vizi,
avendone ravvisato altri per i quali gli atti impugnati sono stati annullati,
lascia aperta la teorica possibilità che l’amministrazione adotti nuovi atti
esenti solo dai vizi riscontrati ma, per il resto, conformi a quelli contro i
quali gli odierni ricorrenti erano insorti, onde costoro avrebbero preferit ,
\
veder riconosciuta l’intera gamma dei vizi di legittimità denunciati. Ma ciò

\

non è sufficiente ad integrare gli estremi della soccombenza, che, come s’è
già rilevato, è concetto strettamente legato all’interesse ad agire (ad agire
in impugnazione); e tale interesse non può essere meramente astratto ed
eventuale – come sarebbe ove lo si volesse ancorare alla futura
emanazione di altri e diversi atti amministrativi sul medesimo oggetto, il

dall’amministrazione in molti possibili modi -, volta che gli atti contro i
quali le odierne ricorrenti erano a suo tempo insorti sono stati comunque
definitivamente eliminati e non sono più in grado di produrre effetto
alcuno.
Né si dica che le espressioni adoperate dal Consiglio di Stato
nell’impugnata sentenza, laddove si afferma che l’adozione degli atti
impugnati era necessaria a fronteggiare determinate esigenze, o che
queste rendevano imperative certe conseguenze, implicherebbero una
statuizione vincolante (e come tale esorbitante dai poteri del giudice) nei
confronti dell’agire futuro della pubblica amministrazione, essendo al
contrario evidente che dette espressioni costituiscono null’altro che
passaggi motivazionali volti a chiarire la ragioni logiche per le quali il
giudice amministrativo ha ritenuto sussistenti solo alcuni tra i profili
d’illegittimità denunciati a suo tempo dagli odierni ricorrenti, ma non certo
delle statuizioni dotate di autonoma valenza decisionale intorno alle quali
si possa consolidare un giudicato destinato a riflettersi su eventuali atti
futuri.
4. Le suindicate ragioni d’inammissibilità del ricorso esimono da ogni
altra considerazione e giustificano la condanna in solido delle soci

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cui effettivo contenuto potrebbe però essere determinato

ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate
come in dispositivo.

P.Q.M.
La corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna le ricorrenti in
solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che, quanto al

euro 3.000,00, oltre a quelle prenotate a debito, e, quanto alle altre parti
controricorrenti, in euro 3.200,00 (di cui 200,00 per esborsi), oltre agli
accessori di legge, per ciascuna.
Così deciso, in Roma, 22 ottobre 2013.

commissario delegato all’emergenza traffico per la città di Roma, liquida in

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