Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24470 del 17/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 17/10/2017, (ud. 22/02/2017, dep.17/10/2017),  n. 24470

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23333/2012 proposto da:

BURGO GROUP SPA, (OMISSIS), IN PERSONA DEL SUO LEGALE RAPP.TE,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 32, presso lo

studio dell’avvocato SALVATORE BERNARDI, rappresentata e difesa

dagli avvocati FRANCESCO SAVERIO CATALDI, STEFANO CATALDI;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO COOP MARSICA SVILUPPO AGRICOLO ABRUZZO COOP SRL IN

LIQUIDAZIONE COATTA P.I. (OMISSIS) IN PERSONA DEI COMMISSARI

LIQUIDATORI P.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 235, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO ESPOSITO,

rappresentato e difeso dall’avvocato RENATO SIMONE;

RIVALUTAZIONE TRARA SRL P.I. (OMISSIS) IN PERSONA DEL LEGALE RAPP.TE

P.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRATTINA 89, presso lo

studio dell’avv. LEONELLO BROCCHI che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

PRESIDER SAS POI S.R.L. IN PERSONA DEL LEGALE RAPP.TE P.T., ECC

INTERNATIONAL SPA IN PERSONA DEL LEGALE RAPP.TE P.T.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 477/2012 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 21/04/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/02/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO;

udito l’Avvocato Cataldi Francesco Saverio difensore della ricorrente

che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’avv. Emilio Persichetti con delega depositata in udienza

degli avv.ti Simone Renato e Brocchi Leonello difensori dei

controricorrenti che chiede l’inammissibilità e comunque il rigetto

del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con atto di citazione notificato in data 12 ottobre 1994 la s.p.a. Cartiere Burgo, la Presider s.a.s. e la ECC International s.p.a. hanno convenuto innanzi al Tribunale di Avezzano la soc. coop. a r.l. Corisorzio Cooperative della Marsica per lo sviluppo agricolo in Abruzzo, in l.c.a., onde ottenere servitù coattiva di passaggio su una striscia di terreno lunga km. 4,5 e larga m. 10, sulla tratta di via ferrata ivi realizzata, per l’esercizio di un raccordo – sempre di natura ferroviaria – dagli stabilimenti delle attrici alla stazione ferroviaria in (OMISSIS). Hanno esposto di avere esercitato dal 1987 in esclusiva il tratto ferroviario, avendolo anche manutenuto, sulla base di convenzione con il Consorzio del 31 luglio 1987, indi non rinnovata dai commissari liquidatori dello stesso al fine di smobilizzarne la proprietà; in tal senso hanno invocato la servitù coattiva ai sensi degli artt. 5 e 55 del T.U. sulle ferrovie concesse all’industria privata di cui al R.D. 9 maggio 1912, n. 1447, che equipara gli allacciamenti a una ferrovia privata di seconda categoria cori possibilità di acquisto coattivo del passaggio su proprietà intersecanti secondo le regole degli artt. 1037 e 1038 c.c., in tema di acquedotto coattivo.

2. – Sulla resistenza del Consorzio e con l’intervento volontario della s.r.l. Rivalutazione Trara nel frattempo divenuta proprietaria della tratta, il g.o.a. ella sezione stralcio del Tribunale con sentenza del 20 dicembre 2008 ha rigettato la domanda.

3. – La corte d’appello dell’Aquila, adita su impugnazione della Burgo Group s.p.a. e della Presider s.a.s., poi s.r.l., nella contumacia della ECC International s.p.a., con sentenza depositata il 21 aprile 2012 ha rigettato il gravame con il favore delle spese per gli appellati Consorzio e Rivalutazione Trara s.r.l..

3.1. – Nell’esaminare le doglianze delle appellanti, la corte d’appello ha considerato:

– che del T.U. di cui al R.D. n. 1447 del 1912, art. 55, relativo alle “disposizioni di legge per le ferrovie concesse all’industria privata, le tramvie, a trazione meccanica e gli automobili”, che equipara i “binari di raccordo e gli allacciamenti destinati a servire stabilimenti commerciali e industriali, qualora debbano attraversare terreni di proprietà di terzi (…) alle ferrovie private di seconda categoria”, ai fini dell’acquisto di servitù coattiva di passaggio, si applicherebbe solo ai concessionari di una ferrovia;

– che l’art. 5 dello stesso R.D., avrebbe come destinatario chi realizzi una “strada ferrata” che abbia necessità di passare attraverso un fondo altrui, e non consentirebbe di usufruire di un impianto ferroviario altrui già realizzato; tanto si evincerebbe dal rinvio operato dalla norma a quelle codicistiche in tema di acquedotto coattivo, ove l’art. 1034 c.c., prevede che si debba costruire un proprio acquedotto e non si possa “far defluire le acque negli acquedotti già esistenti”.

4. – Avverso tale sentenza la s.p.a. Burgo Group ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi. Il Consorzio e la s.r.l. Rivalutazione Trara hanno resistito con controricorsi. La s.r.l. Presider e la s.p.a. ECC International non hanno svolto difese. Il Consorzio ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con un primo motivo di ricorso (violazione e falsa applicazione del T.U. di cui al R.D. 9 maggio 1912, n. 1447, artt. 5 e 55), la ricorrente censura la sentenza impugnata per aver omesso di considerare – nell’affermare che le norme in questione sarebbero applicabili solo in sede di realizzazione di una ferrovia e solo in presenza di una concessione di esercizio ferroviario – che la ricorrente stessa è concessionaria dal 1987 e che deve essere equiparatala condizione di chi abbia già realizzato precedentemente un impianto su base convenzionale con il titolare del fondo successivamente da asservirsi, venendo poi meno il titolo contrattuale, a quella di chi debba realizzarlo ex novo.

2. – Con il secondo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 1033,1034,1035,1037 e 1038 c.c., nonchè contraddittoria motivazione) la ricorrente si duole che la corte d’appello abbia ritenuto che, attraverso il rinvio ai menzionati articoli del codice in tema di servitù di acquedotto coattivo operato dalla disciplina anzidetta in tema di servitù ferroviaria, il diritto alla costituzione di servitù coattiva per raccordo ferroviario sia subordinato al requisito che la tratta sia realizzata ex novo, non essendo invece tale requisito previsto.

3. – I due motivi vanno esaminati congiuntamente, stante la stretta connessione. Essi sono fondati nei profili di cui in appresso, ciò che determina l’assorbimento di altri profili di seguito a menzionarsi.

3.1. – Il presupposto fattuale della lite, pacifico in relazione alla sentenza impugnata e alle posizioni delle parti, si identifica nella circostanza che il fondo oggetto della domanda di costituzione di servitù coattiva veda già ivi giacente un’opera – un tratto di strada ferrata – alla cui realizzazione, di solito, tendono le istanze in sede giudiziaria di cui del T.U. di cui al R.D. n. 1447 del 1912, artt. 5 e 55; ciò in quanto l’opera era stata detenuta sul fondo altrui su base concessoria e convenzionale dalla ricorrente (oltre che da altri) la quale, non essendo stata la convenzione rinnovata, si è indotta a richiederne la costituzione in via coattiva giudiziaria.

3.2. – In tale contesto, quanto all’esegesi delle norme applicabili, la corte locale – dopo avere anzitutto escluso che potesse operare il rinvio che del T.U. di cui al R.D. n. 1447 del 1912, art. 55, effettua alla precedente disposizione dell’art. 5 ai fini dell’invocazione di un acquisto coattivo, in quanto ad avviso dei giudici abruzzesi l’equiparazione a tal fine di chi intenda realizzare “binari di raccordo e… allacciamenti destinati a servire stabilimenti commerciali e industriali, qualora debbano attraversare terreni di proprietà di terzi… alle ferrovie private di seconda categoria” (disciplinati dall’art. 55) a chi voglia invece costruire un tratto ferroviario vero e proprio (art. 5, in tema di servitù coattiva) si riferirebbe solo ai “concessionari di una ferrovia pubblica”, “come chiarito dar contesto ed anche dalla collocazione della disposizione” dell’art. 55 – ha, con ulteriore ratio decidendi, affermato che comunque l’art. 5 dello stesso T.U. avrebbe come destinatario solo chi realizzi una strada ferrata ex novo, ciò che si evincerebbe dal rinvio operato dalla norma del T.U. a quelle codicistiche in tema di acquedotto coattivo, ove l’art. 1034 c.c., prevede che si debba costruire un proprio acquedotto e non si possano “far defluire le acque negli acquedotti già esistenti”.

4. – Entrambe le affermazioni della corte aquilana, oggetto di critica con i motivi di ricorso, non sono condivisibili.

4.1. – In primo luogo, se è vero, come ritenuto nella sentenza impugnata, che l’art. 55 del T.U. citato si colloca nel titolo 3 della parte prima, titolo dedicato ai “Diritti e obblighi del concessionario”, al capo 1 “Linee concorrenti e raccordi”, che detta la disciplina rivolta ai concessionari di linee ferroviarie concorrenti, anche nei rapporti con:la pubblica amministrazione, è anche vero che agli artt. 52, 53, 54 e 55 vengono regolate, da più punti di vista, e per evidenti analogie di disciplina, le figure degli “allacciamenti”, “diramazioni” e “raccordi”, i quali ultimi sono destinati a porre in collegamento la strada ferrata con tramvie e con “stabilimenti commerciali ed industriali” (art. 54). Quanto a quest’ultimo caso, l’art. 55, sotto la rubrica “Norme per raccordi ed allacciamenti”, prescrive che “i binari di: raccordo e gli allacciamenti destinati a servire stabilimenti commerciali e industriali, qualora debbano attraversare terreni di proprietà di terzi; sono equiparati alle ferrovie private di seconda categoria”.

4.2. – Risulta, dunque, dalla lettura di quanto innanzi che la collocazione sistematica delle disposizioni degli – artt. 54 e 55 – che si giustifica per il fatto che le altre prescrizioni di dettaglio in essa contenute regolano i rapporti, per quanto interessa, tra i titolari di “stabilimenti commerciali ed industriali” e gli esercenti delle ferrovia cui si chieda il collegamento con raccordo o allacciamento, questi ultimi con posizione di “concessionario” e in quanto tale assoggettati agli obblighi ivi contemplati – non impedisce che la specifica norma di rinvio prima considerata (“i binari di raccordo è gli allacciamenti destinati a servire stabilimenti commerciali e industriali, qualora debbano attraversare terreni di proprietà di terzi, sono equiparati alle ferrovie private di seconda categoria”) non concerna i rapporti tra il beneficiario del raccordo o allacciamento e il concessionario, ma tra il beneficiario e i titolari di diritti su “terreni” da “attraversare” allo scopo di realizzare il raccordo o allacciamento medesimo.

4.3. – Ne discende che, confondendo quanto alla, specifica ipotesi del collegamento tra stabilimento commerciale o industriale e ferrovia mediante attraversamento di terreni di terzi la posizione dei tre soggetti coinvolti, e in particolare postulando erroneamente che in tale ipotesi dovesse essere necessariamente l’esercente la ferrovia (luogo di arrivo del raccordo o allacciamento) e non già anche il titolare dello stabilimento (luogo di partenza) a poter richiedere la servitù coattiva di attraversamento di terreni interposti, la corte locale ha altresì operato una operazione interpretativa non consentita, laddove ha in sostanza fatto prevalere ai fini della ricostruzione del precetto considerazioni secondarie quali quelle basate sulla collocazione sistematica (peraltro fraintesa, come detto) rispetto a quelle, invece primarie, da operarsi sul tenore testuale della norma, a niente dell’art. 12 preleggi, comma 1, che prevede che “Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore”. Così operando, la sentenza impugnata ha realizzato una falsa applicazione dell’art. 55 cit., come lamentata nell’ambito del primo motivo, per il tramite della violazione dell’art. 12 preleggi, posto che – utilizzando, peraltro in maniera malaccorta, l’argomento della collocazione della norma (sedes materiae) – ha proceduto a un’interpretazione sistematica di una norma, consentita quando essa non avvenga contro il dato letterale e quello logico, fuori da tale caso.

5. – Acclarato, dunque, che non sussiste l’ostacolo ipotizzato dalla corte territoriale all’operatività della equiparazione, effettuata. dall’art. 55 cit., tra i binari destinati a collegare stabilimenti commerciali o industriali a strade ferrate e ferrovie private di seconda categoria, va esaminato l’altro argomento mediante il quale i giudici abruzzesi hanno negato l’applicabilità alla fattispecie dell’art. 5 del medesimo t.u., dettato appunto a favore delle ferrovie private della seconda categoria, e costituito dalla presunta volontà del legislatore di considerare come destinatario dello stesso art. 5, abilitativo alla costituzione di servitù coattiva, solo chi realizzi ex novo un tratto di strada ferrata che abbia necessità di passare attraverso un fondo altrui, e non chi voglia usufruire di un impianto ferroviario giù realizzato sul fondo altrui.

5.1. – Al riguardo, può premettersi che – alla luce di quanto si dirà in via generale in prosieguo – questa corte può esimersi dal considerare le peculiarità fattuali della vicenda di specie, pacifiche in causa, per le quali il tratto di strada ferrata esistente non è destinato, nè lo è stato in passato, all’uso proprio del proprietario del fondo su cui esso giace, essendo stato invece funzionale alla fruizione da parte dello stabilimento della ricorrente e di altri soggetti esercenti (almeno all’epoca di avvio della lite) l’industria o il commercio, alcuni dei quali parti in causa. Invero; la questione generale sottoposta all’attenzione di questa corte, mediante in particolare il secondo motivo (oltre che attraverso alcuni profili del primo), può prescindere dal legame logico-giuridico con tale presupposto fattuale (oggetto di specifica considerazione nel primo motivo, con questioni che dunque si debbono considerare assorbite), potendo esaminarsi il portato dell’art. 5 t.u. cit., come del resto operato dalla corte d’appello, restando irrilevata considerare se il tratto di strada ferrata sia stato realizzato per un precedente utilizzo dell’attuale richiedente l’attraversamento coattivo. Parimenti non costituisce oggetto di disamina da parte del giudice di legittimità il connesso profilo fattuale, indicato nella sentenza impugnata, per cui l’attuale proprietaria intenderebbe dismettere il fondo, e non esercitare la ferrovia esistente, e quindi relitta.

5.2. – Ciò posto, solo per completezza e incidentalmente può richiamarsi – per evidente somiglianza di situazioni giuridiche – che la giurisprudenza di questa corte ha tradizionalmente scisso, a determinati fini applicativi, la considerazione della natura della serviti dalla considerazione della natura dell’atto che la servitù ha costituito, ben potendo individuarsi una natura coattiva in servitù costituite mediante atto negoziale (cfr., in particolare, ai fini della rilevanza della cessazione dell’utilitas, per la presunzione di una natura coattiva del passaggio consentito in via negoziale in presenza di interclusione di fondo, ad es. Cass. n. 18770 del 23/09/2015, n. 2922 del 10/02/2014 e n. 5053 del 28/02/2013).

5.3. – Venendo dunque al profilo da affrontarsi ex professo, ai fini della ricostruzione del campo di applicazione della disposizione dell’art. 5 T.U. cit. va considerato che il precedente art. 4 detta disposizioni relative alle due categorie di ferrovie private, ricomprendendo nella prima categoria le ferrovie che corrono esclusivamente su terreni di chi le costruisce, mentre ricadono nella seconda “quelle che toccano in qualsivoglia modo le proprietà altrui, le pubbliche vie di comunicazione, i corsi d’acqua pubblici, gli abitati ed ogni altro sito od opera pubblica”; per queste ultime soltanto – cui come detto ex art. 55 T.U. è equiparata la posizione di esercente uno stabilimento che necessiti di un raccordo o di un allacciamento a ferrovia – la disciplina legale pone requisiti, anche di costruzione, più stringenti, stante la rilevanza per “la sicurezza delle perSone e delle cose e la pubblica igiene”. In tale contesto si Inserisce la successiva disposizione dell’art. 5 che, sotto la rubrica “Servitù coattive di passaggio”, inserisce disposizioni tratte dalla L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F), secondo le quali tra l’altro “Le proprietà private, che debbono intersecarsi cori le ferrovie private della seconda categoria, sono soggette alla servitù del passaggio coattivo, e coloro che costruiscono le dette strade ferrate debbono adempiere agli obblighi tutti dalla legge imposti per l’acquisto della servitù coattiva dr, acquedotto”.

5.4. – Proprio sul riferimento, operato dalla disposizione dell’art. 5, agli “obblighi (…) dalla legge imposti per l’acquisto della servitù coattiva di acquedotto ” la sentenza impugnata (p. 4) ha costruito una presunta applicabilità della disciplina “soltanto ove venga soddisfatta la condizione” della “realizzazione di una nuova strada ferrata”, atteso che “la proprietaria (…) non intende consentire il passaggio dei convogli altrui”. Tale “condizione” la corte abruzzese ha ricavato intendendo il rinvio operato dalla norma a quelle codicistiche in tema di acquedotto cattivo comprensivo del richiamo dell’art. 1034 c.c., che prevede che il richiedente servitù coattiva debba costruire un proprio acquedotto e non possa “far defluire le acque negli acquedotti già esistenti”.

5.5. – In proposito, può ritenersi esentata anzitutto questa corte dallo svolgere considerazioni, altrimenti necessarie, circa la natura fissa o mobile del rinvio effettuato dall’art. 5 agli “obblighi (…) dalla legge imposti per l’acquisto della servitù coattiva di acquedotto”; tale problema, non esaminato dalla corte aquilana pur essendo, all’epoca di entrata in vigore del t.u. cit., il riferimento evidentemente operato – tra l’altro – al cod. civ. del 1865, può essere trascurato ai fini che interessano in quanto le disposizioni dei primi due commi dell’art. 1034 c.c. del 1942. Sono sostanzialmente una riscrittura, seppur non testuale (in particolare, cori la sostituzione della dizione “canale” con quella più ampia di “acquedotto”), di quelle previgenti dell’art. 599 c.c. del 1865.

5.6. – In secondo luogo, se è vero che la lettura dei due commi anzidetti conferma che il proprietario del fondo, soggetto alla servitù di acquedotto ha una mera facoltà di consentire il passaggio nei propri acquedotti già esistenti, ove voglia impedire la costruzione di una nuova adduzione, che resta il diritto che in via primaria il richiedente la servitù di acquedotto deve indirizzarsi a ottenere (cfr., per l’inapplicabilità del divieto di deflusso di acque in opere altrui alla diversa servitù di scarico coattivo di bonifica ai sensi dell’art. 1045 c.c., Cass. n. 1258 del 10/04/1976), non corrisponde affatto a una corretta esegesi della norma postulare, alla luce della sua ratio, il divieto assoluto per il richiedente la servitù di rivolgere il suo petitum all’utilizzo di opere preesistenti, senza considerare in alcun modo lo stato e l’utilizzo di dette opere. Se, infatti, come attestato dalla tradizione, la ratio delta norma è quella di evitare aggravi all’uso del proprio acquedotto da parte del proprietario del fondo servente, è del tutto conforme a detta ratio interpretare la norma – come operato dalla giurisprudenza di questa corte, senza che ne abbia tenuto conto la corte di merito – nel senso che, ai fini dell’operatività del divieto di deflusso di acque in opere preesistenti, debba essere allegata, con onere a carico del proprietario del fondo servente, la necessità o la possibilità di un proprio utilizzo ai fini del deflusso di acque. In tal senso, Cass. n. 82 del 1/01/1951 ha chiarito che non viola l’art. 1034 c.c., prima parte, la sentenza che riconosca una servitù coattiva di acquedotto attraverso una condotta già esistente sul fondo, e già destinata alla stessa funzione, senza che il proprietario del fondo servente avesse mai prospettato necessità o possibilità di adibirla per il corso di altre acque. Analogamente, la letteratura giuridica offre richiami di precedenti che affermano essere consentito che il titolare della servitù di acquedotto chieda l’uso di opere idriche in abbandono (canali abbandonati, fossi morti, pozzi vuoti), eseguendo a sue spese quanto occorra per detto utilizzo.

5.7. – In conclusione, i due motivi di ricorso sono fondati anche quanto ai profili ora trattati, posto che la sentenza della corte d’appello è incorsa in violazione di legge nella parte in cui ha erroneamente affermato che l’art. 5 del T.U. citato consenta – in virtù del richiamo all’art. 1034 c.c., che prevede che il richiedente servitù coattiva di acquedotto debba costruire proprie opere e non si possano “far defluire le acque negli acquedotti già esistenti” – l’acquisto di servitù coattiva di attraversamento a fini ferroviari solo a chi intenda realizzate una “strada ferrata” e non a chi voglia usufruire di un impianto ferroviario altrui già realizzato.

6. – Restano assorbite le altre censure, in particolare per vizi di motivazione, contenute nei motivi di ricorso.

7. – La sentenza impugnata va dunque cassata, con rinvio alla corte d’appello dell’Aquila in diversa composizione, la quale, sulla base delle già operate allegazioni delle parti e del materiale probatorio acquisito, procederà a riesame attenendosi ai seguenti principi di diritto:

“del T.U. di cui al R.D. 9 maggio 1912, n. 1447, art. 55, disciplinando l’ipotesi del collegamento tra stabilimento commerciale o industriale e ferrovia mediante attraversamento di terreni di terzi, legittima in base al suo tenore testuale – e a prescindere da ogni considerazione circa la collocazione della norma, rilevante. a fini interpretativi ex art. 12 preleggi, comma 1, solo quando non sussista contrasto con il dato letterale e quello logico – il titolare dello stabilimento necessitante di un binario di raccordo o di un allacciamento, mediante parificazione di questo a una ferrovia privata di seconda categoria, a richiedere la costituzione di servitù coattiva ex art. 5 del medesimo T.U., ove sia necessario attraversamento di terreni di terzi interposti rispetto alla strada ferrata”;

“l’art. 1034 c.c. del 1942 – che, anche in quanto sostanzialmente riproduttivo delle disposizioni dell’art. 599 c.c. del 1865, trova applicazione ai fini della disciplina della costituzione della servitù coattiva di attraversamento di fondi da parte di ferrovie private di seconda categoria giusta il rinvio operato dal T.U. di cui al R.D. n. 1447 del 1912, art. 5 – consente, tenuto conto della ratio della norma di evitare usi in aggravio o in conflitto di opere preesistenti – la costituzione di servitù coattiva di acquedotto mediante opere già esistenti sul fondo servente, oltre che quando lo offra il titolare del fondo servente, anche quando lo domandi l’avente diritto sul fondo dominante e non sussistano l’aggravio o il conflitto di uso che la norma tende ad evitare, in particolare ove il proprietario del fondo servente non prospetti necessità o possibilità di adibire dette opere per il corso di altre acque, necessità o possibilità da apprezzarsi da parte del giudice del merito con congrua motivazione”.

8. – Il giudice di rinvio regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

PQM

 

La corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata è rinvia alla corte d’appello dell’Aquila, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 22 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2017

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