Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24470 del 04/11/2020

Cassazione civile sez. III, 04/11/2020, (ud. 03/07/2020, dep. 04/11/2020), n.24470

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26915/2017 proposto da:

C.O., elettivamente domiciliato in STRONGOLI, VIA SANTA

CROCE 6, presso lo studio dell’avvocato EUGENIA PERRI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

e contro

PREFETTURA CAMPOBASSO, MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), AGENZIA

DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 156/2017 del GIUDICE DI PACE di CIRO’,

depositata il 28/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/07/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Giudice di Pace di Cirò, con sentenza in data 28.4.2017 n. 156, riconosciuta la propria competenza e qualificata la domanda proposta da C.O., nei confronti di Equitalia Sud s.p.a. e di Prefettura di Campobasso, come “opposizione alla esecuzione” ai sensi dell’art. 615 c.p.c., comma 1 – avendo l’opponente impugnato la cartella di pagamento notificatagli e recante la iscrizione a ruolo di somme dallo stesso dovute a titolo di sanzioni pecuniarie irrogate per violazioni delle norme del C.d.S., deducendo la illegittima iscrizione a ruolo per omessa notifica del verbale di contestazione infrazione e dunque la inesistenza del credito -, ha rigettato la opposizione in quanto, nel corso del processo, la Prefettura di Campobasso aveva prodotto documentazione comprovante la regolare notifica dei verbali di contestazione infrazione.

La sentenza di prime cure, non notificata, è stata impugnata con ricorso per cassazione da C.O. che ha dedotto un unico motivo.

Non hanno svolto difese gli intimati Prefettura di Campobasso ed Agenzia Entrate Riscossione (subentrata “ex lege” al soppresso agente di riscossione del D.L. n. 193 del 2016, ex art. 1), ai quali il ricorso è stato notificato telematicamente sia presso la sede legale, sia presso l’Avvocatura Generale dello Stato in data 30.10.2017.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Giudice di prime cure ha qualificato espressamente la domanda proposta dal C. come “opposizione alla esecuzione” ai sensi dell’art. 615 c.p.c., comma 1.

La norma dell’art. 616 c.p.c., che – in seguito all’intervento riformatore della L. 24 febbraio 2006, n. 52, art. 14, comma 1 – prevedeva la impugnazione della sentenza esclusivamente con ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7 (norma ritenuta speciale e dunque derogatoria della disciplina ordinaria ex art. 339 c.p.c., comma 3, come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 1, relativa alla appellabilità limitata delle sentenze emesse dal Giudice di Pace secondo equità necessaria ai sensi dell’art. 113 c.p.c., comma 2: Corte Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 14179 del 29/05/2008) è stata abrogata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 49, comma 2, che ha ripristinato la ordinaria disciplina dell’appello, nella specie consentito limitatamente ai motivi tassativamente indicati nell’art. 339 c.p.c., comma 3 (violazione delle norme del procedimento; violazione delle norme costituzionali o comunitarie; violazione dei principi di diritto regolatori della materia), avendo la stesso C. evidenziato, nel ricorso, che la domanda era di valore inferiore ad Euro 2.500,00 e dunque la decisione del Giudice di Pace doveva ritenersi “ex lege” assunta secondo equità (art. 113 c.p.c., comma 3).

Orbene il C. ha impugnato per cassazione la sentenza del Giudice di Pace (verosimilmente, nel silenzio della parte, con ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., comma 7), deducendo quale unico motivo la violazione e o falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 28, nonchè degli artt. 2934 c.c. e segg. e dell’art. 112 c.p.c..

Dalla esposizione del motivo risulta che il ricorrente censura la sentenza impugnata in quanto il Giudice ha omesso di esaminare l’eccezione di merito formulata nella opposizione ex art. 615 c.p.c. – con la quale era stata contestata la estinzione per prescrizione del credito della Amministrazione pubblica.

Orbene, indipendentemente dal preliminare rilievo di inammissibilità della censura, per inosservanza del requisito prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, non avendo il ricorrente specificato il “fatto processuale” volto ad evidenziare l’errore omissivo commesso dal Giudice di Pace, non avendo fornito alcuna dimostrazione della effettiva rituale deduzione, con l’atto di opposizione alla esecuzione, anche della eccezione di prescrizione del credito (cfr. Corte cass. Sez. U., Sentenza n. 8077 del 22/05/2012), osserva il Collegio che, comunque venga ad essere qualificata la originaria domanda proposta dal C., sia come “opposizione recuperatoria” al verbale di accertamento infrazione mai notificato, ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 7 (conformemente ai precedenti di legittimità che hanno ricondotto a tale ipotesi le impugnazioni della cartella di pagamento volte a far valere la omessa notificazione dell’atto presupposto: Corte Cass. Sez. U. -, Sentenza n. 22080 del 22/09/2017; id. Sez. 2 -, Ordinanza n. 26843 del 23/10/2018; id. Sez. 6-2, Ordinanza n. 31139 del 03/12/2018. Vedi Corte cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 20489 del 03/08/2018 che richiede la specifica deduzione di contestazioni relative ai “fatti costituivi del credito” azionato esecutivamente; Corte cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 11789 del 06/05/2019 che limita la specifica deduzione di contestazioni nel merito alla sola ipotesi di “opposizione ad ordinanza-ingiunzione”), o invece, secondo la scelta compiuta dal Giudice di Pace, come “opposizione alla esecuzione” ex art. 615 c.p.c., comma 1 (ipotesi certamente ammissibile qualora siano fatti valere “fatti estintivi del titolo sopravvenuti” alla sua formazione: cfr. Corte Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 22094 del 04/09/2019), ebbene in ogni caso la sentenza del Giudice di Pace avrebbe dovuto essere impugnata esclusivamente con il mezzo dell’appello: senza alcun limite ai motivi di gravame D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 7, comma 10, nella prima ipotesi (opposizione recuperatoria); o nelle forme della impugnazione a motivi limitati, ex art. 113 c.p.c., comma 3 e art. 339 c.p.c., comma 2, nella seconda ipotesi (opposizione alla esecuzione).

Vale peraltro osservare che, per consolidata giurisprudenza di legittimità, la scelta del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale è regolata dal “principio dell’apparenza”, ossia dalla qualificazione dell’azione espressamente operata dal Giudice di merito “a quo”, sia essa corretta o meno, ed a prescindere dalla qualificazione che ne abbiano dato le parti. Tuttavia, ai fini della applicazione del principi indicato, occorre altresì verificare se il Giudice “a quo” abbia inteso effettivamente qualificare l’azione proposta, o se abbia invece compiuto, con riferimento ad essa, un’affermazione meramente generica: in tal caso, ove si ritenga che il potere di qualificazione non sia stato esercitato dal Giudice “a quo”, esso può essere legittimamente esercitato dal Giudice “ad quem”, e ciò non solo ai fini del merito, ma anche dell’ammissibilità stessa dell’impugnazione (cfr. Corte cass. Sez. 2, Sentenza n. 26919 del 21/12/2009; id. Sez. U., Sentenza n. 4617 del 25/02/2011; id. Sez. 3, Sentenza n. 12872 del 22/06/2016; id. Sez. L -, Sentenza n. 13381 del 26/05/2017, entrambe in materia di opposizione alla esecuzione o agli atti esecutivi).

Il Giudice di Pace, ha svolto un’ampia disamina delle ragioni per le quali ha ritenuto di qualificare come “opposizione alla esecuzione” ex art. 615 c.p.c., comma 1, la domanda proposta dal C., sicchè indipendentemente dalla correttezza della soluzione adottata, la parte soccombente avrebbe, comunque, dovuto impugnare la sentenza con appello limitato ai motivi indicati dall’art. 339 c.p.c., comma 2, atteso il limite di valore della controversia inferiore ad Euro 2.500,00.

Il ricorso (straordinario) per cassazione va dichiarato, pertanto inammissibile.

Non occorre disporre sulle spese del giudizio in assenza di difese svolte dagli intimati.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il versamento, se e nella misura dovuto, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 3 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2020

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