Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24469 del 01/10/2019

Cassazione civile sez. II, 01/10/2019, (ud. 27/02/2019, dep. 01/10/2019), n.24469

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6143/2015 proposto da:

D.L., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Giovanni

Randaccio 1, presso lo studio dell’avvocato Aldo Buongiorno,

rappresentato e difeso dagli avvocati Franco Capuzzo e Katia

Bortolato;

– ricorrente –

contro

D.R., ex lege domiciliato in Roma, P.zza Cavour presso la

cancelleria della Corte di cassazione e rappresentato e difeso

dall’avvocato Riccardo Rocca;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 24/2015 della Corte d’appello di Venezia,

depositata il 07/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/02/2019 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

Fatto

RILEVATO

che:

– il presente giudizio di legittimità trae origine dal ricorso notificato il 4/3/2015 avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia con cui, in totale riforma della sentenza di primo grado, è stato dichiarato legittimo il recesso dal contratto preliminare esercitato dal promissario acquirente D.R. nei confronti di D.L. (promittente venditore) con condanna del convenuto al pagamento della somma di Euro 309.000,00 a favore dell’attore, pari al doppio della caparra confirmatoria, oltre interessi dal recesso al saldo;

– la conclusione della corte territorialesi fondava sul riconoscimento che il giorno 29/9/2003, diversamente da quanto ritenuto dal giudice di primo grado, corrispondeva al 240 giorno dalla stipula del preliminare e cioè all’ultimo giorno utile, sulla base di quanto convenuto dalle parti con il preliminare stipulato il 1/2/2003, per la stipula del definitivo;

– pertanto, il rifiuto di D.L. alla stipula in detta occasione configurava inadempimento dell’obbligazione contrattuale che, peraltro, ad avviso della corte veneziana aveva ad oggetto la cessione di tutte le quote dell’Azienda Agricola Girasole di P. e L.D. s.n.c., della quale il terreno costituiva l’unico bene di proprietà, ed infatti P., proprio a tal fine, aveva rilasciato procura a L.;

– la corte aveva inoltre condiviso il giudizio del primo giudice sull’attendibilità dell’avv. Biscuola rispetto a quella del figlio di D.L. in relazione alle ragioni della mancata stipula del definitivo alla data del 29/9/2003;

– ancora, la corte d’appello aveva ritenuto che la disponibilità del danaro in capo al promissario acquirente all’incontro del 29/9/2003 era fornita in modo indiretto dal notaio che in data 30/10/2003 aveva attestato la disponibilità del danaro da parte di D.R., in relazione cioè al nuovo appuntamento fissato per la stipula del definitivo, cui però quest’ultimo non si presentava;

-in considerazione della diversa ricostruzione in fatto operata, la corte distrettuale perveniva alla conclusione dell’illegittimità del recesso di L. ed a quella della legittimità del recesso comunicato da R. con raccomandata del 3/11/2003;

– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta dal ricorrente D.L. sulla base di sei motivi cui resiste con controricorso D.R..

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1385 c.c. e art. 115 c.p.c., per avere la sentenza impugnata escluso la legittimità del recesso dal preliminare comunicato dal ricorrente con la raccomandata del 30/10/2003;

– con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1385 c.c. e art. 115 c.p.c., per avere la corte territoriale escluso il diritto del ricorrente a trattenere la caparra nonostante la legittimità del recesso comunicato il 30/10/2003;

– con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697,2727,2729 c.c., nonchè dell’art. 115 c.p.c., per avere la corte d’appello escluso che la mancata stipula del definitivo il 29/9/2003 sia dipesa dall’inadempimento di D.R., ritenendo raggiunta in via indiretta provata la disponibilità in capo allo stesso del danaro necessario a saldare il prezzo;

– con il quarto motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1385,2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., per avere ritenuto legittimo il recesso comunicato da D.R. con la comunicazione del 3/11/2003;

– con il quinto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame dell’eccezione di tardività ed inammissibilità della documentazione prodotta dall’appellante D.R. in appello, e fra questa la raccomandata del 2/10/2003 con cui R. notiziava L. dell’incontro dal notaio, al quale quest’ultimo non era presente, circostanza ritenuta decisiva ai fini della legittimità del recesso di R.;

– con il sesto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697,1385 e 1460 c.c., per avere la pronuncia gravata ritenuto provato l’inadempimento di D.L. e conseguentemente legittimo il recesso di R. pur in assenza di prove sul punto;

– i motivi primo, secondo, terzo, quarto e sesto possono essere esaminati congiuntamente perchè attengono tutti alla ricostruzione in fatto operata dalla corte territoriale al fine di identificare la parte inadempiente, individuata sulla scorta delle risultanze probatorie acquisite al processo in D.L.;

– si tratta di censure tutte inammissibili perchè, al di là della formale intestazione come violazione o falsa applicazione di legge, in realtà attengono alla valutazione delle risultanze probatorie, rimesse al discrezionale apprezzamento del giudice di merito e non censurabile nei termini formulata dal giudice di legittimità (cff. Cass. 25332/2014; id. 6519/2019; id. 20322/2005);

– il quinto motivo è anche inammissibile, seppure per considerazioni di altro tenore;

– in primo luogo, la sentenza impugnata non menziona la raccomandata del 2/10/2003 e ciò dimostra, diversamente da quanto ritenuto dal ricorrente, che non si tratta di un documento rappresentativo di un fatto decisivo ai fini della ratio decidendi individuata dalla corte territoriale;

– in secondo luogo, la doglianza è inammissibile rispetto alla censura di omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., atteso che l’omesso esame di una questione puramente processuale non integra il vizio di omessa pronuncia, configurabile soltanto con riferimento alle domande ed eccezioni di merito, dovendosi escludere che l’omesso esame di un’eccezione processuale possa dare luogo a pronuncia implicita, idonea al giudicato (cfr. Cass. 6174/2018; id. 321/2016);

– in terzo luogo, la circostanza di fatto dell’avvenuto invio della diffida in data 2/10/2003 con convocazione del promittente venditore davanti al notaio per il 30/10/2003 era già stata acquisita al giudizio perchè allegata nell’atto di citazione di primo grado (cfr. pagg. 17, 18 e 19 del controricorso) e non contestata dall’odierno ricorrente ed originario convenuto che nel giudizio di primo grado produceva la comunicazione inviata dal suo legale il 7/10/2003 (proprio) in risposta a quella del 2/10/2003;

– in conclusione ed avuto riguardo all’esito di tutti i motivi, deve dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;

– in applicazione del principio di soccombenza, il ricorrente va condannato alla rifusione delle spese di lite e favore del controricorrente nella misura liquidata in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese a favore del controricorrente e liquidate in Euro 8200,00 oltre Euro 200,00 per spese, oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 27 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2019

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